I miei viandanti

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martedì 9 marzo 2010

Pane nero di Segale


Stamattina ho timidamente messo il naso fuori casa, spinta dalla necessità, imbacuccata nel solito piumone lungo fino ai piedi, neanche fossimo a gennaio.

Il tempo di girare l'angolo, rendermi conto del freddo polare che in pochi secondi mi ha congelato il naso, le mani e tutto il resto, sbrigare in fretta la commissione, e tornare di nuovo al calduccio dentro la mia tana.

Mi pare veramente incredibile che tra pochi giorni entri la primavera...gli alberi di magnolia qui di fronte, con i boccioli bianchi e rosa appena spuntati, sono malinconicamente mezzi spogli; i miei ciclamini, di tutti i colori e ancora belli pimpanti, oggi sono quasi stramazzati sotto il vento e la pioggia gelida, degli straccetti bagnati ed intirizziti da stringere il cuore; gli alberi lungo la Via Gregorio VII, che di questi tempi sono un tripudio di fiorellini rosa, delle nuvole profumate che in pochi giorni si trasformano in delicate foglioline purpuree(dovrebbero essere dei Prunus Cerasifera, ormai abbastanza comuni nelle nostre città), sono stati sbatacchiati senza pietà.

Ce ne sono svariati esemplari a Villa Pamphili, al massimo del loro fulgore sono un vero spettacolo, ma se continua così penso che dei delicati boccioli non ci rimarrà nulla, peccato...

Che dire? Sono sopravvissuta abbastanza decentemente a questi giorni di lavoro, ho la settimana libera, e nessuna voglia di uscire...è vero che ci sono tante cose da fare anche a casa, però...



Quando fa troppo freddo e umido anche fare il pane è un rischio, perchè l'impasto è comunque delicato, bisogna tenerlo riparato e ho sempre paura che si ammosci o non cresca bene.

In questo caso ho fatto una pagnottina usando solo farina di segale, con una piccola aggiunta di semola e manitoba: non ho seguito una ricetta di un libro, sono andata un po' ad ispirazione, cercando di emulare gli inarrivabili pani neri del Trentino...continuo le mie sperimentazioni panificatorie, sempre più entusiasta dei sapori particolari di queste farine speciali, ormai la mia macchina del pane lavora a tutto spiano, tra impasti dolci e salati!

Ho fatto anche un bel pane di farina integrale di grano, veramente ottima e morbidissima, prossimamente vi darò le dosi, mi è piaciuta moltissimo, come mi è piaciuta questa: sapore deciso, un po' amarognolo, consistenza morbida ma compatta, alveolatura molto piccola. Decisamente un buon pane, soprattutto per fare colazione con la marmellata, ma anche con del buon formaggio! Tra l'altro, si è conservato benissimo per parecchi giorni, ben avvoltolato in un panno.

Sto cominciando ad avere una vera passione per la segale: prossimamente farò un'altra puntata al negozio di alimenti biologici per provare altri tipi di farine, come quella di avena, di riso e di miglio, sono sempre più curiosa.

Stasera invece proverò ad usare quella di mais a grana fine, appena comprata, vediamo che pane esce fuori...

Insomma, eccola qua:


Pane di Segale con la mdp

400 grammi farina di segale
50 grammi manitoba
50 grammi semola rimacinata di grano duro
320 dl di acqua
7 grammi lievito secco Mastrofornaio
2 cucchiaini zucchero
1 cucchiaino abbondante sale

Mettere l'acqua tiepida nel fondo del cestello, sopra le farine mescolate.

Al centro mettere il lievito, in un angolo lo zucchero e lontano il sale.

Programma Impasto 1 ora e 30 minuti.

Togliere l'impasto dopo una mezz'ora, sgonfiare l'impasto e manipolarlo di nuovo sulla pianatoia.
Io ho fatto un po' di giri di pieghe, poi gli ho dato la forma di una pagnottina.

Disporre l'impasto in una teglia da 24 centimetri foderata di carta forno e spolverata di semola.
Praticare delle incisioni profonde a reticolo, per favorire la lievitazione.

Far lievitare al caldo per circa tre ore, coperta da un panno, con un pentolino d'acqua accanto.

Far riscaldare il forno per una ventina di minuti, a 200 gradi, avendo cura di tenere coperto e al calduccio l'impasto (io lo metto sopra i fornelli mentre il forno si scalda).

Infornare sul secondo ripiano dal basso 200 gadi per circa 30 minuti, quindi rovesciare la pagnottella per farla colorire sull'altro lato per altri 10 minuti.

martedì 23 febbraio 2010

Amore e odio per l'inverno



Io non odio l’inverno in sé: in fondo, magari meno che  altre stagioni più piacevoli, anche l’inverno ha degli aspetti affascinanti: ad esempio non mi dispiacciono quelle giornate cristalline, in cui i venti di tramontana puliscono il cielo da qualsiasi velo e lo rendono sfavillante, di un turchese intenso, luminoso, come raramente si può vedere in estate.

Non mi dispiacciono quei bruni pomeriggi casalinghi, passati sul divano con una bella tazza di the forte e caldo, i gatti vicini vicini (loro sì che adorano l’inverno, visto che stanno sempre al calduccio), a leggere un bel libro sotto la lampada, col rassicurante ronzio dei termosifoni in sottofondo e il profumo vanigliato di un dolce che si cuoce nel forno.

Quello che detesto dell’inverno non è  il freddo, anche se a Roma di vero freddo non si può proprio parlare, né l’oscurità che cala così in fretta, che invoglia a tornare a casa a metà pomeriggio mentre l’estate puoi andare in giro fino all’ora di cena.
Quello che detesto è la pioggia incessante che ingrigisce i giorni, che rende l’aria umidiccia e densa, che allaga strade e marciapiedi in pozzanghere enormi e fangose, che ti costringe a girare perennemente con l’ombrello nella borsa, perché ti sorprende all’improvviso, neanche fossimo a Londra. Niente mi deprime di più che alzarmi e vedere il cielo grigio e basso, le nuvolaglie plumbee che si addensano minacciose, i panni stesi fuori gocciolanti e le previsioni meteo che non danno scampo.
Sono diventata metereopatica, oppure lo sono sempre stata?

E’ un po’ di tempo che seguo quotidianamente le previsioni meteo, e sono arrivata alla conclusione che, per la maggior parte, sono abbastanza deprimenti, quando ci prendono, figuriamoci quando toppano clamorosamente.

C’è un sito meteo piuttosto conosciuto, lo frequento giornalmente perché sembrerebbe quello più preciso, che ogni tanto rifila delle sòle clamorose: siccome preferisco fare le mie passeggiate fotografiche non dico sotto un sole sfavillante ma neanche sotto il diluvio, di solito guardo le previsioni per fare i miei programmi nei giorni di riposo.
Una sera vado a vedere le previsioni per la mattina successiva, avevo progettato di andare a Palazzo Altemps, e vedo che il sole avrebbe illuminato tutta la giornata, senza neanche l’indicazione di una nuvoletta maligna ad oscurarlo. La mattina mi alzo, tutta pimpante, e dalla finestra vedo un panorama desolante di nuvole dense di pioggia, i marciapiedi bagnati come avesse piovuto tutta la notte. E il mio sole sfavillante, dov’era finito?

Sono andata a vedere sullo stesso sito, per avere la rassicurazione che quel fronte minaccioso di temporale in arrivo fosse solo un’illusione, pronta ad evaporare al calore del mattino, e invece le previsioni della giornata davano pioggia battente e temporali fino alla settimana dopo. Capisco che le previsioni meteo indichino solo delle probabilità, e che azzeccarci da qui ad una settimana non sia possibile, ma toppare clamorosamente le previsioni per le 12 ore seguenti mi pare davvero troppo! Mi è venuto il dubbio che siano completamente fasulle, e che ci sia un omino che ogni tanto guarda fuori dalla finestra e aggiorna il sito, sull’estro della creatività e di quello che vede sopra la sua testa.



Un’altra cosa che odio dell’inverno sono le cataste di panni da lavare che si accumulano nel cesto, e quei pochi che riesco a lavare, tra un temporale e l’altro, cominciano a fare il gioco dell’oca dai fili fuori al termosifone, dal termosifone ai fili, nella speranza che prima o poi perdano quell’umidiccio residuo, oppure se ne stanno malinconicamente stesi fuori per giorni, aspettando che prima o poi la smetta di piovere, e quando li tiri dentro hanno preso quell’odore di muffa che non se ne vuole più andare, a meno di non rilavare tutto e ricominciare daccapo.

Oppure i mucchi di maglioni da lavare a mano, che si accumulano minacciosi (non i miei, che vengono buttati in lavatrice senza alcun riguardo e vengono fuori benissimo): mi chiedo chi siano i creatori malevoli di questi maglioni delicati, da trattare con tutti i riguardi; non li puoi mettere in lavatrice perché li tiri fuori a brandelli, e quando li lavi a mano devi farli gocciolare in piano, e dopo due giorni sembrano bagnati come prima. Poi li stendi con tutte le cure possibili sui termosifoni, poi li devi stirare, e comunque, dispettosamente, si infeltriscono, si allargano, si restringono a dimensioni lillipuziane, perdono la forma oppure diventano degli straccetti inguardabili, tanto che sembra tu li abbia presi a a martellate in un impeto distruttivo ( e qualche volta ne avrei pure voglia).

Oppure dover uscire a fare la spesa sotto la pioggia battente, buste, pacchi e carrelli colmi di cibo, e tu che ti districhi tra l’ombrello gocciolante, il vento che dispettosamente ti tira giù il cappuccio, le chiavi strette tra i denti, e automobilisti educati così e così che ti passano vicino a velocità supersonica, per il puro piacere di centrare la pozzanghera e inondarti fino alla punta dei capelli.

Mi sento piuttosto pessimista, se non finisce questo inverno antipatico e umido giuro che mi metto ad urlare!


E dopo questa serie di lamentazioni, veniamo a qualcosa di più piacevole.
Una delle cose che l’inverno permette di fare,  l’estate molto meno, è accendere il forno e magari cuocere una bella pagnotta, anche se la lievitazione, in giornate umide e fredde, deve essere al riparo da correnti d’aria, altrimenti puufff, si ammoscia tutto e buonanotte.

Questa bella pagnotta è stata presa dal Volume Pane, pizze e torte salate dell’Enciclopedia della Cucina di La Repubblica, sotto il nome di Pane Cafone, o Contadino. Non so perché si chiami così, sicuramente non è per la sua educazione o per i suoi modi, perché si tratta di un pane buonissimo, con la crosta dura ma la mollica morbidissima.

Io l'ho fatto lievitare dentro una teglia da 26 centimetri ed è cresciuto moltissimo, la prossima volta magari faccio due pagnottelle, in maniera da farlo venire meno mollicoso. Un'altra accortezza è che, siccome l'impasto cresce moltissimo, è meglio non lasciarlo nel cestello per un'altra mezz'ora, come ho fatto io. E' lievitato talmente tanto da invadere tutta la mdp, incollandosi ai bordi e al coperchio, per cui fate l'impasto e poi toglietelo subito.




Pane cafone, con la macchina del pane

700 Manitoba
150 semola rimacinata di grano duro
500 ml acqua
2 cucchiai olio
1 cucchiaio aceto
1 cucchiaino e mezzo sale
1 cucchiaio zucchero
1 bustina lievito secco da 7 grammi Mastrofornaio

Mettete nel fondo del cestello tutti i liquidi, sopra le farine mescolate.

Al centro lo zucchero e il lievito secco.

Al lato fate uno spazio per il sale, in maniera che non tocchi il lievito.

Fate partire il programma Impasto, circa un'ora e trenta.

Finito il tempo, togliete l'impasto dal cestello, stendetelo sulla spianatoia infarinata con semola, quindi fate le pieghe (io le faccio a busta di lettere, poi ripiego di nuovo nello stesso modo e capovolgo il tutto, in maniera che le pieghe siano sotto), oppure fate due pagnottelle, se le volete meno mollicose e più croccanti.

Mettete l'impasto sulla carta forno spolverata di semola, quindi in una teglia di 28/30 centimetri di diametro, fate dei tagli in maniera da favorire la lievitazione e spolverate ancora con semola.
Coprite con un panno, e mettete nel forno appena tiepido con una ciotola d'acqua per circa un'ora (il mio era lievitato talmente tanto che non l'ho tenuto le solite tre ore, temendo che avrebbe invaso tutto il forno, tipo blob inarrestabile).

Trascorso questo tempo, tirate fuori il pane sempre coperto, accendete in forno e fatelo riscaldare per circa 20 minuti, con il pane al calduccio sopra ai fornelli.

Infornate a 200 gradi, sul secondo ripiano dal basso, per 40 minuti.
Trascorso questo tempo, toglietelo dalla teglia e reinfornatelo capovolto altri 10 minuti, per farlo colorire anche sopra. Si conserva benissimo per giorni, ed è perfetto per farci i panini.

lunedì 1 febbraio 2010

Fantasticherie di viaggi alla scoperta di luoghi inesplorati




Sarà per sfuggire al clima uggioso di queste settimane, al freddo pungente e alla prospettiva di altri due mesi di inverno, che in questi giorni la mia mente sta vagando lontano, verso mete lontane e stagioni più calde...non so, magari è la prospettiva della primavera ormai prossima, che fa venire voglia di aprire i libri di viaggio e cominciare a progettare, una smania di muoversi e di rinnovarsi, come un risveglio soporoso da un lungo letargo invernale.

Quest'anno, è deciso, basta montagna ( di cui, peraltro, ancora ho molte fotografie da mostrarvi): bellissima, d'accordo, panorami indimenticabili, bei ricordi, mangiate favolose, però ogni tanto si sente davvero la voglia di cambiare, di lasciare le strade conosciute per un mondo diverso, altre vie da percorrere, altri orizzonti da esplorare. E' tanto tempo che non andiamo all'estero, ma ci sono tante cose da vedere, oltre i confini nazionali!

Quest'estate stiamo progettando di andare a Berlino (vista nei primi anni Novanta, ed ora, mi dicono, irriconoscibile), oppure a Lisbona, che invece non abbiamo visto.
Certo, sono due mete assolutamente diverse tra di loro, ma affascinanti ambedue, seppur in maniera differente.
Berlino l'ho vista nel corso di un mese di Interrail, vi arrivammo il 15 di agosto, e trovammo una città calda, desolata, deserta...le ferite del muro erano ancora ben visibili, e Berlino Est ci apparve come un mondo a parte, con un'atmosfera che ritrovamo in Russia pochi anni dopo, una Russia in cui il regime sovietico pervadeva ancora strade e palazzi, macchine e negozi, come una cappa grigia e pesante che solo allora cominciava ad evaporare...

Anche Berlino aveva un'aria decadente, ma chi ci è stato di recente mi ha raccontato di una città in pieno fermento, con progetti urbanistici all'avanguardia, nuovi musei, un laboratorio di innovazioni e cultura che mi piacerebbe davvero vedere.

D'altra parte, Lisbona è una città bella, solare, antica, distesa di fronte all'immenso Oceano...davvero, non saprei quale scegliere, vedremo più in là!
Nel frattempo sto progettando anche un viaggetto primaverile, come faccio ogni anno: Parigi per il momento basta, tre volte in tre anni mi hanno permesso di conoscerne ogni angolino, anche se devo ammettere che fotografarla con la nuova Nikon mi piacerebbe assai, chissà, un giorno, si vedrà...
Avevo una mezza idea di andare a Genova, che Luca mi ha raccontato essere bellissima, col suo porto, i vicoli antichi ed ombrosi, e l'immenso Acquario. C'è tanto da vedere in Italia, spesso mi sento incredibilmente ignorante in materia: conosco meglio le grandi capitali del Nord (Copenhagen, Oslo, Stoccolma, Amsterdam) che il nostro norditalia, ad esempio mi viene in mente Mantova, Treviso, Parma, Ravenna, Bologna, tutte città che non ho mai visto, che vergogna.
:-(

Però credo che mi spingerò più lontano, fino in Andalusia, se mi viene il coraggio di prendere l'aereo da sola: mi piacerebbe passeggiare per le calli piene di fiori di Siviglia, e magari bere sangria in un tablao, al suono di una chitarra flamenca, osservando estasiata le mosse sinuose di una ballerina (ho studiato flamenco per nove anni, e non sono mai stata in Andalusia, ma si può?).

Devo dire che l'idea di Parigi sarebbe più rassicurante, prendere un semplice treno e lasciarsi cullare dall'idea di arrivare in strade molto amate e ormai così familiari, però anche l'emozione di scoprire una città misteriosa, a lungo immaginata, e perdersi per sentieri inesplorati, dentro colori e sapori sconosciuti...che dite, ce la farò?

E, visto che siamo in tema di viaggi, ecco un pane che a Berlino ci starebbe benissimo, visto che l'impasto è a base di segale e birra!



Rispetto all'altro Pane di segale, questo ha una percentuale maggiore di farina di segale (più della metà, contro un quarto dell'altro) e due dl di birra.
La ricetta è presa dal volume Pane, Pizze e Torte Salate, dell'Enciclopedia della Cucina Italiana di La Repubblica, adattato alla macchina del pane, di cui ormai non potrei fare più a meno.

Io l'ho fatto cuocere dentro una teglia tonda da 26 centimetri di diametro, ma potete cuocerlo anche dentro una più piccola (per averlo più alto) oppure dare al pane la forma che volete: la segale è una farina pesante, che non lievita come quella di frumento, quindi otterrete comunque un pane con mollica compatta, non troppo alto nè con grossa alveolatura, ma comunque morbido, profumato, e con un lieve sapore amarognolo che gli conferisce la birra.

A me è piaciuto molto, sia mangiato con della crescenza che per colazione, con la marmellata di fragole e limone che ho fatto questa estate.
Prossimamente voglio provare a fare un pane di sola segale, vediamo come viene...




Pane di segale e birra (con la macchina del pane):

250 grammi di farina di segale
200 di farina 0 Manitoba
2 dl abbondanti di birra chiara
1 dl di acqua tiepida
2 cucchiaini zucchero
1 cucchiaino sale
5 grammi lievito secco MastroFornaio
semola di grano duro per spolverare.

Mettere la birra a temperatura ambiente e l'acqua tiepida sul fondo del cestello.

Mescolare le due farine e metterle nel cestello.

Al centro mettere il lievito secco, due cucchiaini di zucchero, in un angolino il sale.

Lanciare il programma impasto, un'ora e mezzo.
Controllare che l'impasto non sia troppo secco (la farina di segale assorbe più acqua), caso mai aggiungere un goccio di acqua tiepida se non dovesse staccarsi dalle pareti del cestello, dopo 15 minuti dall'inizio.

Lasciare una mezz'ora nella macchina spenta, quindi trasferire il pane sulla spianatoia infarinata di semola.

Stendere la pasta e formare le 4 pieghe (come per il pane senza impasto, a busta da lettera), rivoltare la pagnottina, metterla nella teglia tonda (da 24 o 26 centimetri) su carta forno spolverata di semola.

Praticare con un coltello affilato le incisioni a reticolo, coprire e mettere al calduccio tre ore, nel forno tiepido e spento.

Togliere la teglia, coperta, evitando di farle prendere correnti d'aria, altrimenti...puff!!!

Accendere il forno a 200 gradi, farlo riscaldare 15 minuti, quindi infilare il pane sul secondo ripiano dal basso, e cuocere per circa 30 minuti, quindi voltare la pagnotta e farla cuocere altri 10 minuti.


lunedì 18 gennaio 2010

Pan di segala, il sapore casereccio della montagna




Dopo il primo esperimento col Pane al Latte, ho subito rimesso in opera la mia nuova macchina del pane: avevo una ricetta di un pandolce, una brioche con uvetta, e l'ho provata. Il risultato non è stato malvagio ma ha confermato quello che già pensavo: che la mdp va benissimo per impasto e lievitazione, ma per cuocere al meglio è preferibile il forno tradizionale.

Il sapore non era male, a metà tra un panettone e un pandolce, però la consistenza era un po' troppa, a parte il fatto che i lievitati, in genere, tendono a seccarsi subito. La prossima volta proverò col metodo tradizionale, e vi dirò...
Questa estate avevo fatto una bella scorta di farine particolari, che nei supermercati del Trentino si trovano tranquillamente, senza doverle cercare troppo: avevo comprato un chilo di farina di segale, perchè quel tipo di pane c'era piaciuto proprio tanto.

Nell'albergo in cui abbiamo alloggiato per colazione, oltre a due tipi di dolci fatti in casa, c'erano svariati tipi di pane, bianchi o integrali, di segale, con le noci, con i semi di cumino, insomma, una bella varietà, tutti freschi e croccanti.
I dolci li abbiamo assaggiati quasi tutti, però non abbiamo mai disdegnato una bella fetta di pane integrale con le marmellate spettacolari che fanno da quelle parti (ribes nero, mirtilli, frutti di bosco, fragola), non troppo dolci, dal gusto un po' asprigno, che sta benissimo su quei tipi di pani un po' rustici.







Ho usato la farina di grano saraceno per fare qualche dolce, mentre quella di segale è rimasta lì, a vegetare...mi ero comprata anche, sempre in Trentino, un bel libretto di ricettine.
Veramente ne avevo visionati parecchi, nelle librerie, ma niente che mi convincesse del tutto. Non so perchè, ma i libri che ricordano i vecchi quaderni della nonna, con belle fotografie ma anche una grafica accattivante, magari in caratteri che sembrano scritti a mano, a me fanno impazzire, molto più che quelle impaginazioni modernissime, stile food-design. Forse è perchè richiamano un tipo di cucina rustica, casereccia, chissà...

Invece questo, smilzo ma tutto illustrato ad acquarello, (Quaderno delle Ricetta, Valli del Trentino,di Nilla Turri, Mulino Don Chisciotte), mi è piaciuto subito: in realtà, molte delle ricette sono a base di ingredienti un po' difficili da reperire, oppure che non avrei mai il coraggio di cucinare (tipo il capriolo...ma come si fa a mangiarsi Bambi??): ovviamente sono ricette con ingredienti locali, a base di burro, polenta e selvaggina, però alcune le voglio proprio provare.




Ovviamente, c'era il pan di segale...è da lì che ho preso la ricetta, ridotta a dosi caalinghe (quella originale prevede in tutto tre chili di farina, evidentemente per famiglie più numerose della mia).

Io ho fatto le dosi per una bella pagnottella, però la mdp ha faticato un po' ad impastare, perchè è tarata per una quantità maggiore di farina: la prossima volta raddoppio le dosi e ne faccio due, visto quanto mi è piaciuta.

Ho usato la mdp per l'impasto e la lievitazione, ho lasciato poi tutto fermo per un'altra mezz'ora, ho fatto la pagnottella e rimessa a lievitare, nel forno tiepido per altre tre ore...ed il risultato è stato perfetto (mi devo solo regolare col sale, ne ho messo un po' poco).
Sembra proprio una pagnotta locale, con poca mollica, come piace a me, morbida e profumata...la segale, anche se costituisce solo un terzo della farina (va sempre mescolata con altro tipo, altrimenti non riesce a crescere), conferisce un colore e un sapore decisamente caratteristico, a questo pane particolare. Con una marmellata fatta in casa, non molto dolce, o con un formaggio, è davvero la morte sua...
Nella ricetta ci andrebbero pure i semi di cumino, ma è buona anche senza.




Pane di segale (1 pagnottella)

200 grammi farina Manitoba
100 grammi farina di segala
190 mldi acqua
mezzo cucchiaio di olio
mezzo cucchiaio di zucchero
un cucchiaino di sale
5 grammi lievito di birra secco

Con la Mdp:
Mettere l'acqua tiepida e l'olio il fondo al cestello, aggiungere le due farina mescolate bene.

Al centro mettere il lievito secco mescolato allo zucchero, di lato il sale.

Programma Solo impasto, circa 1 ora e 30.
Lasciare lievitare a macchina spenta altri trenta minuti.

Prendere l'impasto, infarinarlo se necessario, fare la pagnottella allungata (a me non piace il pane troppo mollicoso), mettere su un foglio di carta forno, su una teglia, nel forno chiuso e tiepido, per altre tre ore.

Tirare fuori la pagnotta,che a questo punto sarà bella lievitata, accendere il forno a circa 190 gradi e lasciarlo scaldare circa 15 minuti.

Infornare la pagnotta sul ripiano centrale.

Dopo circa 15 minuti girarla per colorirla dall'altra parte.

Si cuoce in circa 25-30 minuti (in tutto).

mercoledì 13 gennaio 2010

Sperimentazioni e pasticci con la Macchina del pane



Eh sì, alla fine, dopo lunga meditazione e accurate ricerche di mercato, ho capitolato anch'io: sono uscita con intenzioni bellicose, e sono tornata trascinandomi uno scatolone enorme e pesantissimo: la macchina del pane!!!
E' una Kenwood 250, ero indecisa tra questa e la Severin, ma tanto la seconda al negozio non ce l'avevano, e allora non avevo molta altra scelta. Mi piace anche il cestello rettangolare, più largo che lungo, mi sembra che il pane si cuocia meglio in orizzontale che in verticale come le altre, ma insomma, ma è una mia considerazione personale, assolutamente non suffragata da esperienze concrete.

Ovviamente, i primi tentativi sono stati un disastro, oltre ogni previsione, che meritano davvero di essere raccontati: innanzi tutto, mi ero fornita di lievito Mastro Fornaio, ricettario e tutti i consigli utili, ma quando ho tirato fuori tutti i barattoli delle farine che sono nella credenza, ho visto che le avevo tutte, anche le più strambe (la 00, semola di grano duro, semolino, di mais, di grano saraceno, di segale, di cocco) tranne quella che mi serviva, cioè la Manitoba!!

Tra l'altro, tutte in barattoli privi di etichetta, sempre perchè uno si fida della memoria, e allora per riconoscerle sono dovuta andare a naso, e speriamo di averci azzeccato.

Insomma, la Manitoba non c'era, per cui mi sono precipitata al supermercato a comprarla, troppo entusiasta per aspettare a mettere in moto questa meraviglia della tecnica.

Ho messo gli ingredienti, dopo aver letto le istruzioni e aver pescato la ricetta base dal Ricettario Kenwood. Non specificava quale tipo di farina si dovesse usare, solo bianca non sbiancata, e per non sbagliare ho fatto 250 grammi Manitoba e 200 grammi 00, come faccio di solito.

Ho spinto il tasto di Avvio, e mi sono messa ad aspettare, trepidante. Ho fatto la stupidaggine di non guardare l'ora, troppo presa della preparazione, il tutto con due gatti curiosi e diffidenti che volevano saltare sul tavolo mentre stavo mescolando gli ingredienti per annusare la voluminosa scatola di latta che non avevano mai visto prima.

Dopo un tempo che mi è sembrato, a occhio, un po' breve per essere 3 ore e 18, è squillato il campanello, e sono andata a vedere. Quello che ho visto sul fondo del cestello, con mio sommo raccapriccio, è stata una specie forma trapezoidale mezza cotta e mezza no, dura come il marmo.

Non vinta, sono andata alla ricerca di un'altra ricetta, visto che in molti Forum il consiglio era di non seguire i ricettari acclusi alla macchina perchè le farine degli altri paesi richiederebbero diverse quantità di acqua, la pasta risulterebbe troppo collosa e non lieviterebbe bene.

Ho trovato una ricetta del pane al latte su una raccolta in pdf di Gielleffe, e ho provato con quella, anche se le dosi non mi sembravano tanto diverse da quelle che avevo usato, comunque ho spinto il tasto avvio, controllato l'ora e ho aspettato.

A questo punto (erano ormai le 4 di pomeriggio) dopo solo un'ora il campanello è squillato, e sono andata a vedere cosa desiderasse da me la mdp, visto che mancavano ancora 2 ore e passa per la cottura...il pane era già cotto, lievitato ma non abbastanza, un mattoncino rettangolare un po' meno disastroso del precedente ma sempre della consistenza del marmo.

A questo punto ho deciso che non erano le ricette ad essere balenghe, ero proprio io che sbagliavo qualcosa di fondamentale. Mi sono riletta attentamente le istruzioni, e ho scoperto che il tasto più grande, quello in bella evidenza, che io avevo preso per il tasto di Avvio, in realtà era quello della Cottura Rapida, che in 58 minuti ti fa una bella pagnotta, ma con dosi di lievito decisamente diverse dalle mie...ma insomma, ma come si fa a mettere il tasto di Avvio confuso con gli altri, e quello di Cottura Rapida in prima fila e più grande degli altri, ma siete deficienti?!

A quel punto, la questione si era trasformata in una  sfida personale, tra me e la macchina.

Ho aperto il frigo per ripetere daccapo la ricetta, e ovviamente avevo finito il latte.
Sono uscita di corsa per comprare il latte, e ho ricominciato daccapo, facendo attenzione a premere il tasto giusto.

Dopo qualche secondo, ha cominciato ad emettere rumori di ferraglia, di catene trascinate, ho spento di corsa pensando di aver rotto subito la mia bella mdp nuova nuova, e invece il cestello s'era staccato dalla base per cui girava a vuoto (mai visto un cestello più antipatico, sia a infilarlo che a sfilarlo).

Rimesso a posto il cestello, è ripartito tutto bene, tranne che ogni tanto non riuscivo a non aprire lo sportello per vedere se tutto procedeva bene e, come avevo visto su varie fotografie, la pasta mi è sembrata troppo secca, c'era della farina attaccata sulle pareti del cestello che non ne voleva sapere di impastarsi col resto. Per non mettere un liquido freddo, come il latte che stava in frigo, ho pensato bene di aggiungerci un cucchiaio di olio, e allora la palla ha cominciato a sbatacchiarsi sulle pareti del cestello, reso scivoloso dall'olio. Ho fermato tutto, impastato con la punta delle dita, e fatta ripartire.

Insomma, è stata veramente un'impresa...tre ore di panico, mentre vedevo l'impasto che cresceva, cresceva sempre più, prima tutto stortignaccolo e poi sempre più simile ad impasto normale.

Insomma, quando il tempo era trascorso, ecco il mio primo Pane al Latte!



Devo dire che è stato un parto più faticoso di quanto pensassi, nonostante non abbia fatto niente altro che guardare, non so se sono io un po' pasticciona oppure anche altri hanno trovato carenti le istruzioni allegate.

Commento: ho fatto un pane al latte, tipo pane per Sandwich, con crosta delicata, mollica compatta, morbido. Non è il mio preferito, lo ammetto, però mi pareva quello più facile, come primo esperimento, e per colazione, con una buona marmellata fatta in casa, non è male. Anche per un tramezzino o un toast, va benissimo, un po' meno mangiato a pasto, a meno che non siate dei fans dei bauletti tipo Mulino Bianco.

Insomma, anch'io ne ho un pacchetto sempre di scorta, però, volete mettere una bella pagnottella di semola, con la crosta scrocchiarella e la mollica alveolata? Oppure un bel pane di segale ai semini, o delle baguettes molto francesi, o un casareccio rustico?

La macchina del pane ha molte funzioni, tutte da scoprire, come quella per fare l'impasto (non adoro impastare sulla spianatoia) e la lievitazione, e poi conviene fare le forme desiderate e mettere tutto nel forno tradizionale, mi impraticherò un po' con qualche ricetta con cottura nella macchina, e poi voglio sperimentare le varie alternative...

Ho anche intenzione di impastare pandolci e le brioche, che di solito evito sempre per lo stesso motivo, spianatoia appiccicaticcia, farina sparsa ovunque, insomma, la cucina ridotta ad un campo di battaglia, invece si butta tutto dentro la macchina e a sporcarsi le mani ci pensa lei!



Pane al Latte

(ricetta presa da questa raccolta pdf di Gielleffe, Raccolta di suggerimenti e ricette per la Macchina del Pane, utilissima, pescatela nella pagina di Francesca, ma un pochino variata)

250 grammi farina Manitoba
200 grammi farina 00
50 grammi semola di grano duro (questa l'ho aggiunta io, in origine erano 250 grammi 00)
290 ml di latte
2 cucchiai olio di oliva (li ho aggiunti io)
1 cucchiaio zucchero
1 cucchiaino e mezzo di sale
1 bustina di lievito secco Mastro Fornaio (7 grammi) oppure un cubetto di lievito fresco


Mettere i liquidi sul fondo del cestello, quindi la farina, il sale in un angolino, lo zucchero vicino al lievito.
Impostare il programma 1 (Pane bianco), peso 750 grammi, crosta Media, in tutto 3 ore e 18 minuti.

venerdì 21 novembre 2008

Dalle fredde terre del nord, la crema di verdure per l'inverno


Questa è una ricetta di una signora polacca: nel loro paese si fa a fine estate, o in autunno, quando ancora le verdure si trovano abbondanti, melanzane, peperoni, cipolle e carote: viene fatta a chili, per tutto l'inverno, e imbarattolata per far sì che si conservi, per i mesi in cui le verdure saranno poche, per dare un tocco di colore e di sapore ai grigi e lunghi mesi invernali.

Noi non abbiamo problemi di questo genere, non avendo il clima rigido della Polonia, ormai le verdure si trovano tutto l'anno, tranne alcune proprio stagionali come i carciofi.
Però vi assicuro che è una crema buonissima, con una nota dominante di peperone, e averla nella dispensa può risultare davvero utile.

Si può fare più o meno densa, e si può utilizzare in vari modi.

Quello più ovvio per noi è per condirci la pasta, diluita con un po' di acqua di cottura e un filo di olio a crudo, oppure si può aggiungere ad un sugo di pomodoro per dare un po' di sapore in più.


L'altra alternativa, gustosissima, è quella di farci dei crostini, su croccante baguette o su pane tostato, sempre con un filo di olio a crudo e qualche fogliolina di basilico come decorazione.

Le dosi originali della signora polacca erano

4 chili di peperoni
4 chili di melanzane
4 chili di cipolle
4 chili di carote
acqua, passata di pomodoro, olio evo

La prima volta che ho fatto la crema ho dimezzato le dosi, ottenendo due pentoloni enormi che hanno sobbollitto per otto ore. E' venuta piuttosto densa e anche corposa, stavolta ho preferito farla più leggera, con meno olio e meno cottura, si può sempre condire a parte, ed ho aggiunto anche il basilico.

La volta seguente ho fatto delle dosi più adatte ad una famiglia media italiana, per cui

Ingredienti per circa 2 chili di crema (le verdure sono al netto)

600 grammi di peperoni
500 grammi di melanzane
500 grammi di carote
500 grammi di cipolle (rosse e bionde)
750 cl di acqua
250 cl di passata di pomodoro
olio evo, circa 2 dl (sono andata ad occhio)
sale
basilico fresco o secco

Tagliare a striscioline i peperoni puliti e poi ancora a metà, e metterli in una capace pentola alta (tipo quella della pasta).

Tagliare a tocchetti le melanzane con la buccia.
Tagliare a rondelle le carote.

Affettare sottilmente le cipolle cercando di non piangere tutte le vostre lacrime.

Tagliare il basilico fresco (o anche secco) a pezzeti ed unirlo al resto.

Mescolare le verdure, aggiungere l'acqua e il pomodoro, salare e aggiungere l'olio.
Incoperchiare col coperchio semichiuso e cuocere per circa un'oretta a fuoco dolce.

Scoperchiare, togliere dal fuoco e frullare le verdure cotte col frullatore ad immersione (sembra una specie di denso minestrone).

Rimettere sul fuoco e far stringere per almeno un'altra ora e mezza: dipende da quanto volete densa la crema, in questo caso sembra una specie di sugo denso, se la volete tipo pesto fatela andare ancora per trenta minuti circa. Per controllare il sapore, mentre sta bollendo mettete un cucchiaio di crema su un pezzo di pane o su un piattino, fatela freddare, e poi regolate di sale ed eventualmente aggiungete dell'olio, se la volete più robusta.

Si può proseguire in due modi:

il metodo della signora polacca era quello di far freddare la crema, quindi invasarla e poi sterilizzare i vasetti coi soliti venti minuti di bollitura.

Io questa volta ho provato a trattarla come una marmellata, cioè invasandola bollente nei vasi sterili, rovesciarla su un piano di legno per una mezz'ora, quindi rimetterli nella posizione normale fino a completo raffreddamento, controllando il sottovuoto dei coperchi.

lunedì 19 maggio 2008

Pane di Altamura

Qualche tempo fa, siccome mi piace molto il grano duro, ho fatto il pane senza impasto solo con questo tipo di farina, ma il risultato non mi ha entusiasmato, perchè è rimasto un po' duretto.Allora sono andata a curiosare nell'interessante sito di Gennarino sul Pane fatto in casa, e ho provato a fare queste due pagnottelle che lui chiama Altamura (anche se pare che siano una libera interpretazione del vero Pane di Altamura).
I n ogni caso sono riuscite meravigliose, uno dei pani migliori che abbia fatto finora.
La pagina con le spiegazioni precise la trovate qui.
La ricetta, comunque, è questa (per due pagnottelle)

600 grammi di farina di semola rimacinata di grano duro
mezzo cubetto di lievito di birra fresco
400 grammi di acqua
1 cucchiaio di malto (io ci ho messo del miele)
15 grammi di sale

Tempi di cottura nel mio forno: 30 minuti sulla teglia da pizza con carta forno, i primi dieci minuti al massimo della Temperatura, poi a 220 gradi, voltandole dopo venti minuti, in tutto 30 minuti.

lunedì 12 maggio 2008

Ancora Pane: Baguette

Ormai sforno pani e pagnotte a tutto spiano, questa casa una volta alla settimana si riempie di un profumo di farina e pane che lo sente tutto il condominio, che bellezza. Mangiarlo caldo e croccante poi, poco dopo uscito dal forno, è una di quelle libidini che avevo dimenticato.
Queste vorrebbero essere Baguette, almeno così c'era scritto nella ricetta dell'Enciclopedia della Cucina Italiana, Volume Pane Pizze e Torte Salate.
Della baguette non ha tantissimo, in verità, anche perchè ho calcolato male le dimensioni e ho fatto due baguette invece di tre, perchè dovrebbero essere molto lunghe ma nel mio forno così lunghe non ci vengono. Insomma, sono venute un po' cicciottelle e irregolari per essere delle vere Baguette, ma buone lo stesso!
Crosta croccante e consistente, mollica morbida, ottime anche per fare crostini, panini o per colazione a fette con la marmellata, con la Nutella spalmata sopra è la morte sua, ve lo assicuro.
Ingredienti per 3 baguette:
  • 500 grammi di farina 0 (io ho usato la Manitoba)
  • semola di gramo duro per spolverare
  • 300 ml di acqua tiepida
  • 15 grammi di lievito di birra fresco

1 albume (facoltativo)

Sciogliere il lievito in o,5 dl di acqua tiepidi tolti all'acqua totale, e lasciatelo riposare 15 minuti.

Mescolare in una ciotola la farina e un cucchiaino abbondante di sale, quindi aggiungere l'acqua col lievito ed il resto dell'acqua tiepida. Rovesciare la pasta sulla spianatoia e lavorarla per una decina di minuti, energicamente, aggiungendo altra farina se il composto rimane troppo appiccicoso.
Mettere in una ciotola infarinata e coperta da un telo a lievitare per tre ore, in un luogo tiepido (per esempio il forno spento)
Lavorare solo un poco di nuovo sulla spianatoia, poi dividere in tre parti, formando tre bastoncini, e incidere la superficie con tagli obliqui, abbastanza aperti.
Mettere le tre baguette sulla placca del forno infarinata, coprite col solito telo e fate lievitare di nuovo nel forno tiepido per almeno un'altra ora.
Infornare nel forno caldo a 200 gradi (ripiano centrale) per 20 minuti circa, voltandole a 2/3 della cottura.
Facoltativo: spennellarle ancora calde con albume d'uovo mischiato a due cucchiai di acqua (io la differenza tra prima e dopo la spennellatura non l'ho vista, però).

lunedì 28 aprile 2008

Pagnotta casereccia all'olio


Prosegue la mia sperimentazione di pane: visto il successo ottenuto tra parenti e amici, sto provando altre ricette, prese dall'Enciclopedia della Cucina di Repubblica, Volume Pane, pizza e torte Salate, sotto il nome di Pane Casereccio.
Questo pane risulta morbidissimo e leggermente oleoso, a me è piaciuto molto, e non è difficile da fare: l'unico impiccio è la doppia lievitazione, perchè la manifattura non presenta problemi.
Si conserva benissimo, dentro un telo di cotone, per parecchi giorni.
E' ottimo anche per fare delle bruschette delicate, avendo una grana più fine del pane casereccio (per esempio quello senza impasto, da cui è decisamente diverso, come consistenza e come sapore).

Ingredienti per la pagnotta di cui sopra:

  • 500 grammi di farina 0 (io ho usato metà Manitoba e metà 0 normale)
  • 3 cucchiai di olio extra vergine più quello per ciotola e teglia
  • mezzo cubetto di lievito di birra fresco
  • 1 cucchiaino di zucchero
  • 2,5 dl abbondanti di acqua tiepida
  • 1 cucchiaino abbondante di sale

Sbriciolare il panetto con 0,5 di acqua tiepida, aggiungere il cucchiaino di zucchero e lasciar riposare 15 minuti.

In un ciotola capiente versare tutta la farina e mescolare con un cucchiaino abbondante di sale (lievito e sale non devono mai stare a contatto diretto).

Cominciare a versare il lievito ben sciolto, poi aggiungere 2 dl abbondanti di acqua tiepida poca per volta (mi raccomando, nè troppo fredda nè troppo calda).

A questo punto versare l'impasto sulla spianatoia infarinata, e cominciare ad impastare energicamente e a lungo, in maniera da ottenere una pasta soda e lucida.

Fare una palla, metterla in una ciotola unta di olio, spolverarla leggermente di farina (io uso la semola di grano duro rimacinata perchè è piu rustica, ma va bene anche la farina normale), spennellarla con un cucchiaio di olio.

Prima lievitazione: coprire con un telo e metterla al calduccio dentro al forno spento, leggermente riscaldato in precedenza (io accendo il grill elettrico 5 minuti).

Dopo un'ora (anche di più), riprendere l'impasto, lavorarlo ancora qualche minuto.

Seconda lievitazione: metterlo di nuovo a lievitare in una ciotola, spolverarlo di farina e rimetterlo nel fornotiepido coperto da un telo, almeno per un'altra ora: io l'ho lasciato lievitare in tutto tre ore.

Riscaldare il forno per circa 15 minuti a 200 gradi.

Riprendere l'impasto, dargli una forma di pagnotta (io l'ho fatto rettangolare, tipo ciabatta), spennellarlo con due cucchiai di olio, e metterlo su una teglia da pizza unta di olio.

Cuocere, nel ripiano centrale del forno, per circa 10 minuti a 200 gradi, poi abbassare a 180 gradi e cuocere per altri 30 minuti circa, magari voltandolo gli ultimi dieci minuti per colorirlo anche sopra.

lunedì 7 aprile 2008

Pane alle patate e formaggio


Da un po' di tempo, dopo aver fatto svariate volte il pane senza impasto, anche con vari tipi di farina (anche se la riuscita migliore è stata quella usuale: metà Farina Manitoba e metà OO), ho cominciato a provare altri tipi di pane, anche con tipi di lavorazioni diverse.
Questo pane, la cui ricetta ho preso dall'Enciclopedia della Cucina Italiana di Repubblica (volume Pane, pizze e torte salate) sarebbe dovuto essere una treccia, ma lievitando è diventando una ciabatta: l'importante è che il sapore sia buono, anche se il sapore forte del groviera prende un po' il sopravvento sul sapore di pane, per cui sembra più una focaccia, però non è affatto male, almeno per chi apprezza il sapore del formaggio!

Ingredienti:

  • 340 grammi di farina di grano duro
  • 90 grammi di patate pasta bianca (io ho messo quelle che avevo, erano gialline ma spero che sia lo stesso)
  • 60 grammi di groviera grattugiato
  • 7-8 grammi di lievito di birra secco (io ho usato quello fresco, un panetto da 25 grammi)
  • 2,25 dl di brodo vegetale
  • rosmarino
  • 1 cucchiaio olio di semi
(ho eliminato l'aglio perchè mi sembrava un po' troppo saporito, comunque ci andrebbe uno spicchio di aglio pestato)

Lessare le patate, sbucciarle e passarle, poi farle freddare.

Fate il brodo vegetale con un pezzetto di dado (oppure brodo granulare), tranne qualche cucchiaio di acqua tiepida per sciogliervi il lievito.

Mettete in una terrina le patate passate, aggiungete il lievito sciolto nell'acqua, un cucchiaino di sale, la farina e il rosmarino tritato.
Grattugiate il groviera e aggiungetene metà al composto. Fate un buco al centro della pasta, quindi aggiungete l'olio.


Lavorate energicamente e a lungo, poi mettetelo a lievitare in un luogo tiepido dentro ad un canovaccio infarinato, per almeno un'ora e mezza.

Dividete l'impasto in tre salsicciotti, intrecciateli, ponete la treccia su una placca del forno oliata oppure rivestita con carta forno, rimette al calduccio sempre coperta e lasciatela lievitare: nelle istruzioni c'è scritto 30 minuti, io l'ho lasciata crescere per almeno un paio di ore, forse è per questo che è diventata enorme.



Spolverizzate la treccia o quello che è venuto fuori con il resto del groviera (le bollicine gialle che vedete nella foto sono pezzetti di groviera più grandi), infornate nel forno già caldo, nel ripiano centrale, a 180 gradi per circa 35-40 minuti, quindi servite.

Questo tipo di pane così saporito è ottimo sia caldo che a temperatura ambiente.

giovedì 21 febbraio 2008

Via all'autoproduzione

Avviso a tutti i naviganti: mi stanno comparendo nei commenti dei loschi figuri dai nomi stranieri, che scrivono solo Sorry, Click Here.
Non fatelo!! Io, in uno sprazzo di stupidità, l'ho fatto, e per fortuna ho un buon antivirus...

Ed ora passiamo a cose più allegre:



Ce l'ho fatta anch'io, alè!

Lo so che sono arrivata per ultima e l'avete già fatto tutti, ma la soddisfazione di aver fatto il pane e lo yogurt è troppa, perdonate l'entusiasmo!
Ed ora ve la faccio rimirare anche da vicino, questa meraviglia...

Per il pane rimando al bel post di Dandoliva e alla galleria fotografica di Miciapallina de La Gatteria (grazie miciapallina, letue foto mi sono state preziosissime! Sono contenta che il tuo bel micetto stia meglio, tutti qui hanno fatto il tifo per lui)
A questo punto, col cavolo che mi rivedono, in panetteria :-)
Come fare lo yogurt:

Dopo aver usato dei metodi abbastanza empirici, mi sono convinta a passare a metodi più sperimentati, anche perchè ci ho preso gusto a farelo yogurt, ormai ne produco in quantità industriali anche per amici e parenti, e quindi mi sono dotata di una yogurtiera a cestello, capacità un litro (costo 13 euro), consuma 9 watt all'ora, ci si può stare!

Metodo ormai sperimentatissimo: un litro di latte a lunga conservazione, non ha bisogno di sterilizzazione (costo o,95 centesimi).
Riscaldare in un pentolino fino a 40 gradi (misurate col mignolo, quando è caldo ma non troppo va bene). Assolutamente vietato rimestare nel pentolino! Rischiate di mandare in circolo il latte che si attacca al fondo della pentola, e non viene lo yogurt (vi assicuro che è così).
Nel frattempo mettete tre cucchiaiate di yogurt (compatto, oppure preso dallo yogurt fatto in precedenza) sul fondo del cestello della yogurtiera, per farlo stiepidire.

Quando il latte e caldo, cominciate a diluire lo yogurt, mescolandolo bene poco alla volta al latte, non devono rimanere grumi. Versato tutto il latte, inserire il cestello nella yogurtiera e accenderla per almeno 6 ore. Nelle istruzioni c'è scritto dalle 6 alle 10 ore, ma a me con 6 ore e mezza va benissimo, non mi piace troppo acido.

Trascorso il tempo, togliere il cestello dalla yogurtiera, rimestare con un cucchiaio di metallo, mai usare il legno, in maniera da sciogliere il deposito che sale in superficie, e versare in un vaso da 1 litro (io uso quelli della Bormioli, ma vanno bene tutti, basta che si chiudano).
Chiudere bene il tappo e mettere in frigorifero almeno due ore. Si conserva una settimana e si può utilizzare fino a dieci volte per fare altro yogurt.

Importante usare solo attrezzi e cucchiai di metallo, e vietatissimo contaminare lo yogurt assaggiando il cucchiaio e rimettendolo nello yogurt, non si fa!

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