I miei viandanti

Visualizzazione post con etichetta Macchina del pane. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Macchina del pane. Mostra tutti i post

giovedì 17 febbraio 2011

Sempre a spasso per la città


L'altra mattina ho caricato la macchina fotografica nell'apposito zaino, ho preso il solito autobus che mi porta dritta dritta al centro della città, con l'intenzione di entrare alla Galleria Nazione d'Arte Antica, a Palazzo Barberini. In quel bellissimo palazzo secentesco ci sono andata varie volte, sia per il museo sia per alcuni matrimoni (fino a poco tempo fa una vasta ala del palazzo era occupata dal Circolo Ufficiali dell'esercito, che affittava alcuni spazi al pubblico), però della nuova organizzazione degli spazi museali lasciati liberi dal Circolo non ho ancora visto nulla.

lunedì 15 marzo 2010

Pandolce lievitato alla semola di grano duro ed elucubrazioni varie



Mi rendo conto, ogni tanto, di non aver niente da dire, da scrivere, da raccontare.

Sarà perchè, nella vita quotidiana, non succede molto che sia fuori dall'ordinario, soprattutto in periodo freddo e piovoso come questo. Tra la stanchezza del lavoro, la ruotine delle cose da fare, e qualche rara uscita, alla fine le cose che vengono da raccontare sono sempre le stesse: un film visto, uno sceneggiato nuovo che si comincia a seguire, un libro letto (devo dire che ultimamente sono pigra pure in questo), una passeggiata fatta...insomma, nulla di molto avventuroso.

Va beh, meglio nessuna nuova che qualche tragedia o disavventura, verranno tempi migliori. Già il fatto di poter fare una passeggiata senza annegare nelle pozzanghere, in questi giorni, mi è sembrato già un miglioramento.

L'inverno, col fatto che si sta molto di più a casa, alla fine si salta dalla tv al computer, molto più che in altre stagioni. Mi rendo conto, ogni tanto, di sprofondare in un abisso di rimbambimento virtuale: il pc mi attira come una calamita, una specie di richiamo di sirena irresistibile.
Vuoi perchè ormai film e telefilm li vedo principalmente via computer, e così la musica (lo stereo, chi lo accende più? Ormai ho tutto in mp3).
E poi, il blog, i siti preferiti, Facebook...non posso fare a meno, di prima mattina, subito dopo la colazione (quella no, ha la priorità su tutto, anche perchè se non faccio colazione non mi ricordo neanche come mi chiamo), la prima cosa che faccio è accendere il pc, scaricare la posta e dare un'occhiata a Fb.

Devo ammettere che fino a un po' di tempo fa, prima di Fb mi collegavo al mio blog, controllavo le entrate del giorno precedente e i commenti...adesso un po' di meno, come se campassi un po' di rendita...ci sono dei periodo in cui, non impegnandomi che il minimo indispensabile, ho tantissimi visitatori e tanti commenti, per quali reconditi motivi non saprei.
Altre volte, quando sono convinta di aver scritto qualcosa di deliziosamente interessante, il riscontro è meno entusiastico, chissà perchè...mah, i misteri dell'audience!

Ormai ho superato la soglia dei 110 amici, su Fb: di cui, lo ammetto, di persona ne conosco venti, trenta al massimo. Prima o poi mi toccherà sfrondare qualcuno, sperando di non offendere nessuno, perchè davvero non ce la faccio a stare dietro a tutti...alla trentesima notizia o commento desisto, tutto quello che viene prima rimane sommerso da un mare di chiacchiere, aggiornamenti, link e fotografie, di cui alla fine fruisco in minima parte.
D'altronde, leggere tutto e guardare tutto sarebbe un lavoro a tempo pieno, davvero non capisco dove trovino il tempo tutti gli altri!
Insomma, alla fine mi rendo conto di filtrare quello che scrivo, quello che condivido, quello che seguo.



Tante volte non riesco neanche a negare l'amicizia a qualcuno sconosciuto: mi chiede l'amicizia un sacco di gente mai vista e mai coperta. Gli uomini, per principio, li elimino quasi tutti, soprattutto quelli che allegano qualche frase allusiva (ma quanto si deve essere disperati per rimorchiare alla cieca su Fb?).
Tante persone mi scrivono motivando questa richiesta col fatto che seguono la mia Foresta, e quelli li accetto tutti per riconoscenza, anche perchè se comincio a fare la sofistica poi il mio pubblico si disamora e arrivederci, per chi scrivo io?

Altre volte mi arrivano delle richieste senza messaggio, allora vado a vedere chi è la persona in questione: spesso trovo amici in comune, oppure evidenti somiglianze nei gusti, e accetto pure questi.

Tra l'altro, con l'ampliamento del mio parco-amici (devo ammettere che io avrò chiesto l'amicizia a qualcuno al massimo cinque volte, il resto si sono tutti auto-proposti), ogni tanto mi rendo conto di stare attenta a quello che scrivo.
Va beh, che alcuni mi conoscono di persona e più o meno sanno con chi hanno a che fare, ma sproloquiare di cose personali che finiscono sulle bacheche altrui implica comunque una certa responsabilità...

A parte che, rileggendo i miei commenti, spesso sono riferiti ad eventi contingenti, tipo : sono stanca, che giornata di m...a, non mi va di andare a lavorare, ma quanto piove, insomma, di questo genere qui. Francamente, uno sfogo personale di cui agli altri non credo che importi assolutamente nulla.
Forse Fb, e anche Twitter, sono solo un modo per esserci, per non risultare invisibili al resto del mondo. Meglio scrivere cose banali che non scrivere nulla, sparire nel nulla.
So che non vi potrebbe fregare di meno che sono stanca e scoglionata, ma tanto ve lo dico lo stesso e siete quantomeno obbligati ad ospitarmi nella vostra bacheca.

Poi ogni tanto pubblico qualche link di musica, e lì mi rendo conto che i miei gusti possano davvero risultare stravaganti ai più, soprattutto a chi mi conosce bene...è che si vorrebbero condividere le proprie scoperte musicali ma alle volte, anche lì, si opera una scelta, questo no perchè dopo pensano che sia completamente sciroccata, oppure quest'altro non lo metto perchè mi ricoverano alla neuro direttamente...

Insomma, do spesso uno sguardo a Facebook, poi però torno ad occupazioni più produttive...ma quante sono le persone che ci stanno incollate per ore?
Capisco che tutto quello che c'è dentro è coinvolgente, i gruppi, i test, i giochi, le fotografie...

D'accordo, ho partecipato anch'io a Biotronic, World Challenge, Brain Buddies, ma il prossimo che mi invita a Farmville, giuro che lo uccido!



Pandolce lievitato integrale alla semola di grano duro, con miele, noci e uvetta (con la mdp)

Si tratta di un pane morbidissimo e molto lievitato, quasi un pan brioche con appena una punta di dolce, a cui ho aggiunto le noci e l’uvetta, che secondo me legano benissimo con questo tipo di impasto.
A noi è piaciuto moltissimo, davvero una bella riuscita per questo impasto a base di semola rimacinata e farina integrale, insolito ma riuscito davvero!
Ho preso la ricetta dal volume Pane, Pizza e Torte Salate di La Repubblica, però poi ho rielaborato il tutto aggiungendo e togliendo gli ingredienti, quindi alla fine...

Come tutti i lievitati, tende ad indurirsi, conservatelo nella plastica oppure congelatelo a fette. Io l'ho tagliato a fette e conservato in bustine ben chiuse, ha retto benissimo parecchi giorni, senza congelarlo.


270 grammi semola di grano duro rimacinata
100 grammi farina integrale
2 dl acqua calda
4 cucchiai miele liquido
4 cucchiai olio
2 cucchiaini zucchero
1 cucchiaino lievito secco Mastrofornaio
Mezzo cucchiaino sale
100 grammi noci a pezzi
Un pugno di uvetta

Programma impasto 1 ora e mezzo

Sgonfiare sulla spianatoia, mescolare all’uvetta già ammollata e strizzata e le noci spezzettate.

Mettere sulla carta forno nello stampo da plumcake da 30 centimetri, spolverare di zucchero semolato e altra uvetta, mettere a lievitare nel forno per 2 ore, coperto da un panno, fino a che non avrà superato le pareti dello stampo.

Accendere il forno a 200 gradi e farlo riscaldare, tenendo lo stampo coperto sopra, al calduccio, poi scoprire delicatamente il pane (che sarà bello rigonfio, attenzione a non sgonfiarlo).

Cuocere a 180 gradi per 40 minuti sul secondo ripiano dal basso.

martedì 9 marzo 2010

Pane nero di Segale


Stamattina ho timidamente messo il naso fuori casa, spinta dalla necessità, imbacuccata nel solito piumone lungo fino ai piedi, neanche fossimo a gennaio.

Il tempo di girare l'angolo, rendermi conto del freddo polare che in pochi secondi mi ha congelato il naso, le mani e tutto il resto, sbrigare in fretta la commissione, e tornare di nuovo al calduccio dentro la mia tana.

Mi pare veramente incredibile che tra pochi giorni entri la primavera...gli alberi di magnolia qui di fronte, con i boccioli bianchi e rosa appena spuntati, sono malinconicamente mezzi spogli; i miei ciclamini, di tutti i colori e ancora belli pimpanti, oggi sono quasi stramazzati sotto il vento e la pioggia gelida, degli straccetti bagnati ed intirizziti da stringere il cuore; gli alberi lungo la Via Gregorio VII, che di questi tempi sono un tripudio di fiorellini rosa, delle nuvole profumate che in pochi giorni si trasformano in delicate foglioline purpuree(dovrebbero essere dei Prunus Cerasifera, ormai abbastanza comuni nelle nostre città), sono stati sbatacchiati senza pietà.

Ce ne sono svariati esemplari a Villa Pamphili, al massimo del loro fulgore sono un vero spettacolo, ma se continua così penso che dei delicati boccioli non ci rimarrà nulla, peccato...

Che dire? Sono sopravvissuta abbastanza decentemente a questi giorni di lavoro, ho la settimana libera, e nessuna voglia di uscire...è vero che ci sono tante cose da fare anche a casa, però...



Quando fa troppo freddo e umido anche fare il pane è un rischio, perchè l'impasto è comunque delicato, bisogna tenerlo riparato e ho sempre paura che si ammosci o non cresca bene.

In questo caso ho fatto una pagnottina usando solo farina di segale, con una piccola aggiunta di semola e manitoba: non ho seguito una ricetta di un libro, sono andata un po' ad ispirazione, cercando di emulare gli inarrivabili pani neri del Trentino...continuo le mie sperimentazioni panificatorie, sempre più entusiasta dei sapori particolari di queste farine speciali, ormai la mia macchina del pane lavora a tutto spiano, tra impasti dolci e salati!

Ho fatto anche un bel pane di farina integrale di grano, veramente ottima e morbidissima, prossimamente vi darò le dosi, mi è piaciuta moltissimo, come mi è piaciuta questa: sapore deciso, un po' amarognolo, consistenza morbida ma compatta, alveolatura molto piccola. Decisamente un buon pane, soprattutto per fare colazione con la marmellata, ma anche con del buon formaggio! Tra l'altro, si è conservato benissimo per parecchi giorni, ben avvoltolato in un panno.

Sto cominciando ad avere una vera passione per la segale: prossimamente farò un'altra puntata al negozio di alimenti biologici per provare altri tipi di farine, come quella di avena, di riso e di miglio, sono sempre più curiosa.

Stasera invece proverò ad usare quella di mais a grana fine, appena comprata, vediamo che pane esce fuori...

Insomma, eccola qua:


Pane di Segale con la mdp

400 grammi farina di segale
50 grammi manitoba
50 grammi semola rimacinata di grano duro
320 dl di acqua
7 grammi lievito secco Mastrofornaio
2 cucchiaini zucchero
1 cucchiaino abbondante sale

Mettere l'acqua tiepida nel fondo del cestello, sopra le farine mescolate.

Al centro mettere il lievito, in un angolo lo zucchero e lontano il sale.

Programma Impasto 1 ora e 30 minuti.

Togliere l'impasto dopo una mezz'ora, sgonfiare l'impasto e manipolarlo di nuovo sulla pianatoia.
Io ho fatto un po' di giri di pieghe, poi gli ho dato la forma di una pagnottina.

Disporre l'impasto in una teglia da 24 centimetri foderata di carta forno e spolverata di semola.
Praticare delle incisioni profonde a reticolo, per favorire la lievitazione.

Far lievitare al caldo per circa tre ore, coperta da un panno, con un pentolino d'acqua accanto.

Far riscaldare il forno per una ventina di minuti, a 200 gradi, avendo cura di tenere coperto e al calduccio l'impasto (io lo metto sopra i fornelli mentre il forno si scalda).

Infornare sul secondo ripiano dal basso 200 gadi per circa 30 minuti, quindi rovesciare la pagnottella per farla colorire sull'altro lato per altri 10 minuti.

martedì 23 febbraio 2010

Amore e odio per l'inverno



Io non odio l’inverno in sé: in fondo, magari meno che  altre stagioni più piacevoli, anche l’inverno ha degli aspetti affascinanti: ad esempio non mi dispiacciono quelle giornate cristalline, in cui i venti di tramontana puliscono il cielo da qualsiasi velo e lo rendono sfavillante, di un turchese intenso, luminoso, come raramente si può vedere in estate.

Non mi dispiacciono quei bruni pomeriggi casalinghi, passati sul divano con una bella tazza di the forte e caldo, i gatti vicini vicini (loro sì che adorano l’inverno, visto che stanno sempre al calduccio), a leggere un bel libro sotto la lampada, col rassicurante ronzio dei termosifoni in sottofondo e il profumo vanigliato di un dolce che si cuoce nel forno.

Quello che detesto dell’inverno non è  il freddo, anche se a Roma di vero freddo non si può proprio parlare, né l’oscurità che cala così in fretta, che invoglia a tornare a casa a metà pomeriggio mentre l’estate puoi andare in giro fino all’ora di cena.
Quello che detesto è la pioggia incessante che ingrigisce i giorni, che rende l’aria umidiccia e densa, che allaga strade e marciapiedi in pozzanghere enormi e fangose, che ti costringe a girare perennemente con l’ombrello nella borsa, perché ti sorprende all’improvviso, neanche fossimo a Londra. Niente mi deprime di più che alzarmi e vedere il cielo grigio e basso, le nuvolaglie plumbee che si addensano minacciose, i panni stesi fuori gocciolanti e le previsioni meteo che non danno scampo.
Sono diventata metereopatica, oppure lo sono sempre stata?

E’ un po’ di tempo che seguo quotidianamente le previsioni meteo, e sono arrivata alla conclusione che, per la maggior parte, sono abbastanza deprimenti, quando ci prendono, figuriamoci quando toppano clamorosamente.

C’è un sito meteo piuttosto conosciuto, lo frequento giornalmente perché sembrerebbe quello più preciso, che ogni tanto rifila delle sòle clamorose: siccome preferisco fare le mie passeggiate fotografiche non dico sotto un sole sfavillante ma neanche sotto il diluvio, di solito guardo le previsioni per fare i miei programmi nei giorni di riposo.
Una sera vado a vedere le previsioni per la mattina successiva, avevo progettato di andare a Palazzo Altemps, e vedo che il sole avrebbe illuminato tutta la giornata, senza neanche l’indicazione di una nuvoletta maligna ad oscurarlo. La mattina mi alzo, tutta pimpante, e dalla finestra vedo un panorama desolante di nuvole dense di pioggia, i marciapiedi bagnati come avesse piovuto tutta la notte. E il mio sole sfavillante, dov’era finito?

Sono andata a vedere sullo stesso sito, per avere la rassicurazione che quel fronte minaccioso di temporale in arrivo fosse solo un’illusione, pronta ad evaporare al calore del mattino, e invece le previsioni della giornata davano pioggia battente e temporali fino alla settimana dopo. Capisco che le previsioni meteo indichino solo delle probabilità, e che azzeccarci da qui ad una settimana non sia possibile, ma toppare clamorosamente le previsioni per le 12 ore seguenti mi pare davvero troppo! Mi è venuto il dubbio che siano completamente fasulle, e che ci sia un omino che ogni tanto guarda fuori dalla finestra e aggiorna il sito, sull’estro della creatività e di quello che vede sopra la sua testa.



Un’altra cosa che odio dell’inverno sono le cataste di panni da lavare che si accumulano nel cesto, e quei pochi che riesco a lavare, tra un temporale e l’altro, cominciano a fare il gioco dell’oca dai fili fuori al termosifone, dal termosifone ai fili, nella speranza che prima o poi perdano quell’umidiccio residuo, oppure se ne stanno malinconicamente stesi fuori per giorni, aspettando che prima o poi la smetta di piovere, e quando li tiri dentro hanno preso quell’odore di muffa che non se ne vuole più andare, a meno di non rilavare tutto e ricominciare daccapo.

Oppure i mucchi di maglioni da lavare a mano, che si accumulano minacciosi (non i miei, che vengono buttati in lavatrice senza alcun riguardo e vengono fuori benissimo): mi chiedo chi siano i creatori malevoli di questi maglioni delicati, da trattare con tutti i riguardi; non li puoi mettere in lavatrice perché li tiri fuori a brandelli, e quando li lavi a mano devi farli gocciolare in piano, e dopo due giorni sembrano bagnati come prima. Poi li stendi con tutte le cure possibili sui termosifoni, poi li devi stirare, e comunque, dispettosamente, si infeltriscono, si allargano, si restringono a dimensioni lillipuziane, perdono la forma oppure diventano degli straccetti inguardabili, tanto che sembra tu li abbia presi a a martellate in un impeto distruttivo ( e qualche volta ne avrei pure voglia).

Oppure dover uscire a fare la spesa sotto la pioggia battente, buste, pacchi e carrelli colmi di cibo, e tu che ti districhi tra l’ombrello gocciolante, il vento che dispettosamente ti tira giù il cappuccio, le chiavi strette tra i denti, e automobilisti educati così e così che ti passano vicino a velocità supersonica, per il puro piacere di centrare la pozzanghera e inondarti fino alla punta dei capelli.

Mi sento piuttosto pessimista, se non finisce questo inverno antipatico e umido giuro che mi metto ad urlare!


E dopo questa serie di lamentazioni, veniamo a qualcosa di più piacevole.
Una delle cose che l’inverno permette di fare,  l’estate molto meno, è accendere il forno e magari cuocere una bella pagnotta, anche se la lievitazione, in giornate umide e fredde, deve essere al riparo da correnti d’aria, altrimenti puufff, si ammoscia tutto e buonanotte.

Questa bella pagnotta è stata presa dal Volume Pane, pizze e torte salate dell’Enciclopedia della Cucina di La Repubblica, sotto il nome di Pane Cafone, o Contadino. Non so perché si chiami così, sicuramente non è per la sua educazione o per i suoi modi, perché si tratta di un pane buonissimo, con la crosta dura ma la mollica morbidissima.

Io l'ho fatto lievitare dentro una teglia da 26 centimetri ed è cresciuto moltissimo, la prossima volta magari faccio due pagnottelle, in maniera da farlo venire meno mollicoso. Un'altra accortezza è che, siccome l'impasto cresce moltissimo, è meglio non lasciarlo nel cestello per un'altra mezz'ora, come ho fatto io. E' lievitato talmente tanto da invadere tutta la mdp, incollandosi ai bordi e al coperchio, per cui fate l'impasto e poi toglietelo subito.




Pane cafone, con la macchina del pane

700 Manitoba
150 semola rimacinata di grano duro
500 ml acqua
2 cucchiai olio
1 cucchiaio aceto
1 cucchiaino e mezzo sale
1 cucchiaio zucchero
1 bustina lievito secco da 7 grammi Mastrofornaio

Mettete nel fondo del cestello tutti i liquidi, sopra le farine mescolate.

Al centro lo zucchero e il lievito secco.

Al lato fate uno spazio per il sale, in maniera che non tocchi il lievito.

Fate partire il programma Impasto, circa un'ora e trenta.

Finito il tempo, togliete l'impasto dal cestello, stendetelo sulla spianatoia infarinata con semola, quindi fate le pieghe (io le faccio a busta di lettere, poi ripiego di nuovo nello stesso modo e capovolgo il tutto, in maniera che le pieghe siano sotto), oppure fate due pagnottelle, se le volete meno mollicose e più croccanti.

Mettete l'impasto sulla carta forno spolverata di semola, quindi in una teglia di 28/30 centimetri di diametro, fate dei tagli in maniera da favorire la lievitazione e spolverate ancora con semola.
Coprite con un panno, e mettete nel forno appena tiepido con una ciotola d'acqua per circa un'ora (il mio era lievitato talmente tanto che non l'ho tenuto le solite tre ore, temendo che avrebbe invaso tutto il forno, tipo blob inarrestabile).

Trascorso questo tempo, tirate fuori il pane sempre coperto, accendete in forno e fatelo riscaldare per circa 20 minuti, con il pane al calduccio sopra ai fornelli.

Infornate a 200 gradi, sul secondo ripiano dal basso, per 40 minuti.
Trascorso questo tempo, toglietelo dalla teglia e reinfornatelo capovolto altri 10 minuti, per farlo colorire anche sopra. Si conserva benissimo per giorni, ed è perfetto per farci i panini.

mercoledì 10 febbraio 2010

Pane Integrale di Farro e Segale


Sono in preda ad un raptus panificatore, questo è certo.

Ormai la mdp è messa in uso a tempo pieno,ho il freezer pieno zeppo di pane affettato, prima o poi dovrò fermarmi perché non facciamo in tempo a consumarlo tutto. E’ che i tipi di pane sono così tanti, e tutti particolari, le ricette si accumulano, la curiosità spinge a fare ricerche, a comprare e sperimentare nuovi ingredienti, nuove farine.
Sono andata a spulciare sugli scaffali dei supermercati, ma oltre ad alcune Farine del Mulino Spadoni non ho trovato nient’altro, neanche quella integrale, che invece ero curiosa di usare. Per fortuna la Manitoba ormai si trova quasi dappertutto, anche ai supermercati più pulciosi, ma alla fine, gira che ti rigira, sono sempre quelle, puoi variare le dosi.

Allora sono arrivata fino a Naturasì, mi sta vicino casa ma in realtà non ci vado mai. E qui ho trovato due scaffali pieni di farine, di tutti i tipi: mi sono persa almeno un quarto d’ora per rimirarmele tutte! Non solo hanno quelle di farro, segale, riso, Kamut (anche in versione integrale) ma ci sono addirittura diverse marche di ognuna. Certo, i prezzi sono molto più alti rispetto alle farine normali, ma neanche tanto rispetto alle farine particolari in vendita al supermercato, ed in ogni caso questo tipo di pani sono molto costosi anche in panetteria, vale comunque la pena farseli da soli.

Alla fine, dopo lunga meditazione, mi sono decisa per la farina di grano integrale, di segale integrale (quella che ho comprato in Trentino era normale), di farro integrale, tutte rigorosamente bio.

A me piace quello nero, che vengono in tocchi rettangolari a fette già tagliate, del peso specifico di una tonnellata per centimetro quadrato, scuro, pastoso, mi piacerebbe molto rifarlo e allora  ho provato una ricetta sperimentale.

Il primo esperimento è stato un pane totalmente integrale, di farro e segale, senza alcuna aggiunta di Manitoba: ho fatto l’errore di lasciarlo lievitare liberamente, ed è venuto uno sfilatino lungo e piatto, della consistenza di una pietra. Sapore buono, ma mollica densissima, veramente troppo duro. Mi piace la crosta e non la mollica troppo sofficiosa, ma quando è troppo, è troppo…

Allora ho aggiunto della Manitoba, per favorire un minimo di lievitazione, e l’ho cotto nello stampo da Plumcake, in maniera che crescesse in altezza e non in larghezza. L'odore del farro e della segale è totalmente diverso da quello delle altre farine, devo dire che è piuttosto stuzzicante, mentre si cuoce nel forno.

Quando l’ho tagliato, la crosta era piuttosto consistente, ho pensato ad un altro tentativo fallito, ed invece la mollica, pur compatta, è riuscita morbida: assomiglia in qualche modo al pane nero di segale che si compra al supermercato, quello tedesco, devo dire che non mi è dispiaciuto affatto. Ho provato a congelarlo perchè la crosta tende ad indurirsi col passare delle ore: l'ho tagliato a fette, e quando si scongela non ha neanche bisogno di essere riscaldato, rimane morbido anche così.
La mattina con un velo di golosa marmellata fatta in casa, non è davvero niente male…




Pane Integrale di Segale e Farro
con la macchina del pane

300 segale integrale
150 farro integrale
150 Manitoba
350 ml acqua
1 cucchiaio miele
1 cucchiaio olio
1 cucchiaio zucchero
1 cucchiaino abbondante di sale
Lievito 7 grammi Mastrofornaio
della semola per spolverare

Mettere nel cestello della macchina del pane l'acqua (è abbondante perchè sono delle farine che ne assorbono parecchia), il miele, l'olio.
Mescolare le tre farine e aggiungerle nel cestello.

Al centro aggiungere il lievito, quindi lo zucchero e in un angolino il sale.

Impostare il programma Impasto, un'ora e trenta.

Lasciare ancora una mezz'ora nel cestello, poi togliere l'impasto, che rimane un po' colloso, sgonfiarlo sulla spianatoia. Foderare uno stampo da plumcake della lunghezza di 30 centimetri, mettervi la pasta, spolverarla di semola, e praticare dei tagli obliqui, per favorire la lievitazione.

Coprire con un panno umido, mettere nel forno tiepido per 3 ore.

Infilare nel forno caldo a 200 gradi per 30 minuti circa, sul secondo ripiano dal basso, quindi toglierlo dallo stampo e metterlo sulla griglia altri dieci minuti, rivoltato, per farlo cuocere bene anche sopra.

lunedì 1 febbraio 2010

Fantasticherie di viaggi alla scoperta di luoghi inesplorati




Sarà per sfuggire al clima uggioso di queste settimane, al freddo pungente e alla prospettiva di altri due mesi di inverno, che in questi giorni la mia mente sta vagando lontano, verso mete lontane e stagioni più calde...non so, magari è la prospettiva della primavera ormai prossima, che fa venire voglia di aprire i libri di viaggio e cominciare a progettare, una smania di muoversi e di rinnovarsi, come un risveglio soporoso da un lungo letargo invernale.

Quest'anno, è deciso, basta montagna ( di cui, peraltro, ancora ho molte fotografie da mostrarvi): bellissima, d'accordo, panorami indimenticabili, bei ricordi, mangiate favolose, però ogni tanto si sente davvero la voglia di cambiare, di lasciare le strade conosciute per un mondo diverso, altre vie da percorrere, altri orizzonti da esplorare. E' tanto tempo che non andiamo all'estero, ma ci sono tante cose da vedere, oltre i confini nazionali!

Quest'estate stiamo progettando di andare a Berlino (vista nei primi anni Novanta, ed ora, mi dicono, irriconoscibile), oppure a Lisbona, che invece non abbiamo visto.
Certo, sono due mete assolutamente diverse tra di loro, ma affascinanti ambedue, seppur in maniera differente.
Berlino l'ho vista nel corso di un mese di Interrail, vi arrivammo il 15 di agosto, e trovammo una città calda, desolata, deserta...le ferite del muro erano ancora ben visibili, e Berlino Est ci apparve come un mondo a parte, con un'atmosfera che ritrovamo in Russia pochi anni dopo, una Russia in cui il regime sovietico pervadeva ancora strade e palazzi, macchine e negozi, come una cappa grigia e pesante che solo allora cominciava ad evaporare...

Anche Berlino aveva un'aria decadente, ma chi ci è stato di recente mi ha raccontato di una città in pieno fermento, con progetti urbanistici all'avanguardia, nuovi musei, un laboratorio di innovazioni e cultura che mi piacerebbe davvero vedere.

D'altra parte, Lisbona è una città bella, solare, antica, distesa di fronte all'immenso Oceano...davvero, non saprei quale scegliere, vedremo più in là!
Nel frattempo sto progettando anche un viaggetto primaverile, come faccio ogni anno: Parigi per il momento basta, tre volte in tre anni mi hanno permesso di conoscerne ogni angolino, anche se devo ammettere che fotografarla con la nuova Nikon mi piacerebbe assai, chissà, un giorno, si vedrà...
Avevo una mezza idea di andare a Genova, che Luca mi ha raccontato essere bellissima, col suo porto, i vicoli antichi ed ombrosi, e l'immenso Acquario. C'è tanto da vedere in Italia, spesso mi sento incredibilmente ignorante in materia: conosco meglio le grandi capitali del Nord (Copenhagen, Oslo, Stoccolma, Amsterdam) che il nostro norditalia, ad esempio mi viene in mente Mantova, Treviso, Parma, Ravenna, Bologna, tutte città che non ho mai visto, che vergogna.
:-(

Però credo che mi spingerò più lontano, fino in Andalusia, se mi viene il coraggio di prendere l'aereo da sola: mi piacerebbe passeggiare per le calli piene di fiori di Siviglia, e magari bere sangria in un tablao, al suono di una chitarra flamenca, osservando estasiata le mosse sinuose di una ballerina (ho studiato flamenco per nove anni, e non sono mai stata in Andalusia, ma si può?).

Devo dire che l'idea di Parigi sarebbe più rassicurante, prendere un semplice treno e lasciarsi cullare dall'idea di arrivare in strade molto amate e ormai così familiari, però anche l'emozione di scoprire una città misteriosa, a lungo immaginata, e perdersi per sentieri inesplorati, dentro colori e sapori sconosciuti...che dite, ce la farò?

E, visto che siamo in tema di viaggi, ecco un pane che a Berlino ci starebbe benissimo, visto che l'impasto è a base di segale e birra!



Rispetto all'altro Pane di segale, questo ha una percentuale maggiore di farina di segale (più della metà, contro un quarto dell'altro) e due dl di birra.
La ricetta è presa dal volume Pane, Pizze e Torte Salate, dell'Enciclopedia della Cucina Italiana di La Repubblica, adattato alla macchina del pane, di cui ormai non potrei fare più a meno.

Io l'ho fatto cuocere dentro una teglia tonda da 26 centimetri di diametro, ma potete cuocerlo anche dentro una più piccola (per averlo più alto) oppure dare al pane la forma che volete: la segale è una farina pesante, che non lievita come quella di frumento, quindi otterrete comunque un pane con mollica compatta, non troppo alto nè con grossa alveolatura, ma comunque morbido, profumato, e con un lieve sapore amarognolo che gli conferisce la birra.

A me è piaciuto molto, sia mangiato con della crescenza che per colazione, con la marmellata di fragole e limone che ho fatto questa estate.
Prossimamente voglio provare a fare un pane di sola segale, vediamo come viene...




Pane di segale e birra (con la macchina del pane):

250 grammi di farina di segale
200 di farina 0 Manitoba
2 dl abbondanti di birra chiara
1 dl di acqua tiepida
2 cucchiaini zucchero
1 cucchiaino sale
5 grammi lievito secco MastroFornaio
semola di grano duro per spolverare.

Mettere la birra a temperatura ambiente e l'acqua tiepida sul fondo del cestello.

Mescolare le due farine e metterle nel cestello.

Al centro mettere il lievito secco, due cucchiaini di zucchero, in un angolino il sale.

Lanciare il programma impasto, un'ora e mezzo.
Controllare che l'impasto non sia troppo secco (la farina di segale assorbe più acqua), caso mai aggiungere un goccio di acqua tiepida se non dovesse staccarsi dalle pareti del cestello, dopo 15 minuti dall'inizio.

Lasciare una mezz'ora nella macchina spenta, quindi trasferire il pane sulla spianatoia infarinata di semola.

Stendere la pasta e formare le 4 pieghe (come per il pane senza impasto, a busta da lettera), rivoltare la pagnottina, metterla nella teglia tonda (da 24 o 26 centimetri) su carta forno spolverata di semola.

Praticare con un coltello affilato le incisioni a reticolo, coprire e mettere al calduccio tre ore, nel forno tiepido e spento.

Togliere la teglia, coperta, evitando di farle prendere correnti d'aria, altrimenti...puff!!!

Accendere il forno a 200 gradi, farlo riscaldare 15 minuti, quindi infilare il pane sul secondo ripiano dal basso, e cuocere per circa 30 minuti, quindi voltare la pagnotta e farla cuocere altri 10 minuti.


venerdì 22 gennaio 2010

Sperimentazioni dolci con la mdp: Maritozzi lievitati all'uvetta




Ed ecco di nuovo in funzione la mia nuova macchina del pane. Dopo il pandolce all'uvetta, che ripeterò cuocendolo in forno, ero alla ricerca di un'altra ricetta dolce, ma non troppo burrosa.
Ho preso questa ricetta da Marianna, adattandola alla mdp (ma solo per l'impasto e la lievitazione): mi aveva intrigato per gli ingredienti semplici, senza burro nè uova, e allora mi sono subito messa all'opera.


A Roma si chiama maritozzo una pasta lievitata di forma ovale, piuttosto robusta come dimensioni, la superficie brunita e il sapore solo lievemente dolce, spaccato a metà e farcito con panna montata, era un dolce tipico della città ma che ora si trova sempre di meno, nelle pasticcerie o nei bar, rimpiazzato definitivamente dai croissants di pasta sfoglia (surgelati o meno), ma per fortuna sopravvivono bombe e ciambelle fritte, cosparse di zucchero semolato.


A Trastevere tanti anni fa la famosa Pasticceria Cecere, in via San Francesco a Ripa, faceva dei maritozzi fantastici, ora non saprei proprio dove cercarli, peccato...





Marianna li chiama maritozzi ed io farò altrettanto, specificando comunque che si tratta di paste lievitate all'uvetta, non eccessivamente dolci, bagnate con miele e cosparse di zucchero semolato.

Appena sfornate ne ho addentata una ancora calda, una vera delizia. Il pomeriggio erano ancora morbide, invece il giorno dopo sono diventate un po' più consistenti, confermando l'assunto che i lievitati, purtroppo, si induriscono entro poche ore: li ho chiusi in una scatola di latta ma non è servito a mantenerli soffici, ho ricevuto il saggio consiglio (sempre da Marianna) di chiuderli nella plastica, in maniera di averli sempre freschi e morbidi.

La prossima volta farò così.

Ho provato a fare tre forme, delle chiocciole, delle treccine e dei piccoli panini: direi che le chiocciole sono quelle riuscite meglio! Tra parentesi ho messo le variazioni (minime) alla ricetta originale (grazie Marianna!)





Maritozzi all'Uvetta



- 500 gr. di farina “00”
- 150 gr.di latte
- 75 gr. di zucchero semolato
- 60 gr. di olio extravergine d’oliva
- circa 100 gr. di acqua
- 1 cubetto di lievito di birra (5 grammi lievito secco Mastrofornaio)
- 1 cucchiaino di sale
- buccia grattugiata di un limone biologico (1 bustina di vanillina)
- 50 gr. di uvetta


Ho messo l'acqua e il latte tiepidi in fondo al cestello assieme all'olio, versata la farina.
Al centro ho messo lo zucchero, quindi il lievito secco, in un angolino il sale.

Ho lanciato il programma Impasto (1 ora e 30), poi ho lasciato un'altra mezz'ora nel cestello.

Ho tolto la pasta, piuttosto molliccia, l'ho stesa sulla spianatoia aiutandomi con altra farina, e ho mescolato l'uvetta.
Ho fatto le chiocciole ( 2 teglie), e le ho lasciate a lievitare nel forno tiepido per altre tre ore.
Poi le ho infornate a 170 gradi, nel forno caldo, per 15 minuti sulla leccarda coperta di carta forno, terzo ripiano dal basso, poi le ho voltate per farle colorire anche sopra, tenendole altri cinque minuti.

Appena sfornate, le ho spennellate con del miele sciolto con un goccio di acqua calda e cosparse di zucchero semolato.

lunedì 18 gennaio 2010

Pan di segala, il sapore casereccio della montagna




Dopo il primo esperimento col Pane al Latte, ho subito rimesso in opera la mia nuova macchina del pane: avevo una ricetta di un pandolce, una brioche con uvetta, e l'ho provata. Il risultato non è stato malvagio ma ha confermato quello che già pensavo: che la mdp va benissimo per impasto e lievitazione, ma per cuocere al meglio è preferibile il forno tradizionale.

Il sapore non era male, a metà tra un panettone e un pandolce, però la consistenza era un po' troppa, a parte il fatto che i lievitati, in genere, tendono a seccarsi subito. La prossima volta proverò col metodo tradizionale, e vi dirò...
Questa estate avevo fatto una bella scorta di farine particolari, che nei supermercati del Trentino si trovano tranquillamente, senza doverle cercare troppo: avevo comprato un chilo di farina di segale, perchè quel tipo di pane c'era piaciuto proprio tanto.

Nell'albergo in cui abbiamo alloggiato per colazione, oltre a due tipi di dolci fatti in casa, c'erano svariati tipi di pane, bianchi o integrali, di segale, con le noci, con i semi di cumino, insomma, una bella varietà, tutti freschi e croccanti.
I dolci li abbiamo assaggiati quasi tutti, però non abbiamo mai disdegnato una bella fetta di pane integrale con le marmellate spettacolari che fanno da quelle parti (ribes nero, mirtilli, frutti di bosco, fragola), non troppo dolci, dal gusto un po' asprigno, che sta benissimo su quei tipi di pani un po' rustici.







Ho usato la farina di grano saraceno per fare qualche dolce, mentre quella di segale è rimasta lì, a vegetare...mi ero comprata anche, sempre in Trentino, un bel libretto di ricettine.
Veramente ne avevo visionati parecchi, nelle librerie, ma niente che mi convincesse del tutto. Non so perchè, ma i libri che ricordano i vecchi quaderni della nonna, con belle fotografie ma anche una grafica accattivante, magari in caratteri che sembrano scritti a mano, a me fanno impazzire, molto più che quelle impaginazioni modernissime, stile food-design. Forse è perchè richiamano un tipo di cucina rustica, casereccia, chissà...

Invece questo, smilzo ma tutto illustrato ad acquarello, (Quaderno delle Ricetta, Valli del Trentino,di Nilla Turri, Mulino Don Chisciotte), mi è piaciuto subito: in realtà, molte delle ricette sono a base di ingredienti un po' difficili da reperire, oppure che non avrei mai il coraggio di cucinare (tipo il capriolo...ma come si fa a mangiarsi Bambi??): ovviamente sono ricette con ingredienti locali, a base di burro, polenta e selvaggina, però alcune le voglio proprio provare.




Ovviamente, c'era il pan di segale...è da lì che ho preso la ricetta, ridotta a dosi caalinghe (quella originale prevede in tutto tre chili di farina, evidentemente per famiglie più numerose della mia).

Io ho fatto le dosi per una bella pagnottella, però la mdp ha faticato un po' ad impastare, perchè è tarata per una quantità maggiore di farina: la prossima volta raddoppio le dosi e ne faccio due, visto quanto mi è piaciuta.

Ho usato la mdp per l'impasto e la lievitazione, ho lasciato poi tutto fermo per un'altra mezz'ora, ho fatto la pagnottella e rimessa a lievitare, nel forno tiepido per altre tre ore...ed il risultato è stato perfetto (mi devo solo regolare col sale, ne ho messo un po' poco).
Sembra proprio una pagnotta locale, con poca mollica, come piace a me, morbida e profumata...la segale, anche se costituisce solo un terzo della farina (va sempre mescolata con altro tipo, altrimenti non riesce a crescere), conferisce un colore e un sapore decisamente caratteristico, a questo pane particolare. Con una marmellata fatta in casa, non molto dolce, o con un formaggio, è davvero la morte sua...
Nella ricetta ci andrebbero pure i semi di cumino, ma è buona anche senza.




Pane di segale (1 pagnottella)

200 grammi farina Manitoba
100 grammi farina di segala
190 mldi acqua
mezzo cucchiaio di olio
mezzo cucchiaio di zucchero
un cucchiaino di sale
5 grammi lievito di birra secco

Con la Mdp:
Mettere l'acqua tiepida e l'olio il fondo al cestello, aggiungere le due farina mescolate bene.

Al centro mettere il lievito secco mescolato allo zucchero, di lato il sale.

Programma Solo impasto, circa 1 ora e 30.
Lasciare lievitare a macchina spenta altri trenta minuti.

Prendere l'impasto, infarinarlo se necessario, fare la pagnottella allungata (a me non piace il pane troppo mollicoso), mettere su un foglio di carta forno, su una teglia, nel forno chiuso e tiepido, per altre tre ore.

Tirare fuori la pagnotta,che a questo punto sarà bella lievitata, accendere il forno a circa 190 gradi e lasciarlo scaldare circa 15 minuti.

Infornare la pagnotta sul ripiano centrale.

Dopo circa 15 minuti girarla per colorirla dall'altra parte.

Si cuoce in circa 25-30 minuti (in tutto).

mercoledì 13 gennaio 2010

Sperimentazioni e pasticci con la Macchina del pane



Eh sì, alla fine, dopo lunga meditazione e accurate ricerche di mercato, ho capitolato anch'io: sono uscita con intenzioni bellicose, e sono tornata trascinandomi uno scatolone enorme e pesantissimo: la macchina del pane!!!
E' una Kenwood 250, ero indecisa tra questa e la Severin, ma tanto la seconda al negozio non ce l'avevano, e allora non avevo molta altra scelta. Mi piace anche il cestello rettangolare, più largo che lungo, mi sembra che il pane si cuocia meglio in orizzontale che in verticale come le altre, ma insomma, ma è una mia considerazione personale, assolutamente non suffragata da esperienze concrete.

Ovviamente, i primi tentativi sono stati un disastro, oltre ogni previsione, che meritano davvero di essere raccontati: innanzi tutto, mi ero fornita di lievito Mastro Fornaio, ricettario e tutti i consigli utili, ma quando ho tirato fuori tutti i barattoli delle farine che sono nella credenza, ho visto che le avevo tutte, anche le più strambe (la 00, semola di grano duro, semolino, di mais, di grano saraceno, di segale, di cocco) tranne quella che mi serviva, cioè la Manitoba!!

Tra l'altro, tutte in barattoli privi di etichetta, sempre perchè uno si fida della memoria, e allora per riconoscerle sono dovuta andare a naso, e speriamo di averci azzeccato.

Insomma, la Manitoba non c'era, per cui mi sono precipitata al supermercato a comprarla, troppo entusiasta per aspettare a mettere in moto questa meraviglia della tecnica.

Ho messo gli ingredienti, dopo aver letto le istruzioni e aver pescato la ricetta base dal Ricettario Kenwood. Non specificava quale tipo di farina si dovesse usare, solo bianca non sbiancata, e per non sbagliare ho fatto 250 grammi Manitoba e 200 grammi 00, come faccio di solito.

Ho spinto il tasto di Avvio, e mi sono messa ad aspettare, trepidante. Ho fatto la stupidaggine di non guardare l'ora, troppo presa della preparazione, il tutto con due gatti curiosi e diffidenti che volevano saltare sul tavolo mentre stavo mescolando gli ingredienti per annusare la voluminosa scatola di latta che non avevano mai visto prima.

Dopo un tempo che mi è sembrato, a occhio, un po' breve per essere 3 ore e 18, è squillato il campanello, e sono andata a vedere. Quello che ho visto sul fondo del cestello, con mio sommo raccapriccio, è stata una specie forma trapezoidale mezza cotta e mezza no, dura come il marmo.

Non vinta, sono andata alla ricerca di un'altra ricetta, visto che in molti Forum il consiglio era di non seguire i ricettari acclusi alla macchina perchè le farine degli altri paesi richiederebbero diverse quantità di acqua, la pasta risulterebbe troppo collosa e non lieviterebbe bene.

Ho trovato una ricetta del pane al latte su una raccolta in pdf di Gielleffe, e ho provato con quella, anche se le dosi non mi sembravano tanto diverse da quelle che avevo usato, comunque ho spinto il tasto avvio, controllato l'ora e ho aspettato.

A questo punto (erano ormai le 4 di pomeriggio) dopo solo un'ora il campanello è squillato, e sono andata a vedere cosa desiderasse da me la mdp, visto che mancavano ancora 2 ore e passa per la cottura...il pane era già cotto, lievitato ma non abbastanza, un mattoncino rettangolare un po' meno disastroso del precedente ma sempre della consistenza del marmo.

A questo punto ho deciso che non erano le ricette ad essere balenghe, ero proprio io che sbagliavo qualcosa di fondamentale. Mi sono riletta attentamente le istruzioni, e ho scoperto che il tasto più grande, quello in bella evidenza, che io avevo preso per il tasto di Avvio, in realtà era quello della Cottura Rapida, che in 58 minuti ti fa una bella pagnotta, ma con dosi di lievito decisamente diverse dalle mie...ma insomma, ma come si fa a mettere il tasto di Avvio confuso con gli altri, e quello di Cottura Rapida in prima fila e più grande degli altri, ma siete deficienti?!

A quel punto, la questione si era trasformata in una  sfida personale, tra me e la macchina.

Ho aperto il frigo per ripetere daccapo la ricetta, e ovviamente avevo finito il latte.
Sono uscita di corsa per comprare il latte, e ho ricominciato daccapo, facendo attenzione a premere il tasto giusto.

Dopo qualche secondo, ha cominciato ad emettere rumori di ferraglia, di catene trascinate, ho spento di corsa pensando di aver rotto subito la mia bella mdp nuova nuova, e invece il cestello s'era staccato dalla base per cui girava a vuoto (mai visto un cestello più antipatico, sia a infilarlo che a sfilarlo).

Rimesso a posto il cestello, è ripartito tutto bene, tranne che ogni tanto non riuscivo a non aprire lo sportello per vedere se tutto procedeva bene e, come avevo visto su varie fotografie, la pasta mi è sembrata troppo secca, c'era della farina attaccata sulle pareti del cestello che non ne voleva sapere di impastarsi col resto. Per non mettere un liquido freddo, come il latte che stava in frigo, ho pensato bene di aggiungerci un cucchiaio di olio, e allora la palla ha cominciato a sbatacchiarsi sulle pareti del cestello, reso scivoloso dall'olio. Ho fermato tutto, impastato con la punta delle dita, e fatta ripartire.

Insomma, è stata veramente un'impresa...tre ore di panico, mentre vedevo l'impasto che cresceva, cresceva sempre più, prima tutto stortignaccolo e poi sempre più simile ad impasto normale.

Insomma, quando il tempo era trascorso, ecco il mio primo Pane al Latte!



Devo dire che è stato un parto più faticoso di quanto pensassi, nonostante non abbia fatto niente altro che guardare, non so se sono io un po' pasticciona oppure anche altri hanno trovato carenti le istruzioni allegate.

Commento: ho fatto un pane al latte, tipo pane per Sandwich, con crosta delicata, mollica compatta, morbido. Non è il mio preferito, lo ammetto, però mi pareva quello più facile, come primo esperimento, e per colazione, con una buona marmellata fatta in casa, non è male. Anche per un tramezzino o un toast, va benissimo, un po' meno mangiato a pasto, a meno che non siate dei fans dei bauletti tipo Mulino Bianco.

Insomma, anch'io ne ho un pacchetto sempre di scorta, però, volete mettere una bella pagnottella di semola, con la crosta scrocchiarella e la mollica alveolata? Oppure un bel pane di segale ai semini, o delle baguettes molto francesi, o un casareccio rustico?

La macchina del pane ha molte funzioni, tutte da scoprire, come quella per fare l'impasto (non adoro impastare sulla spianatoia) e la lievitazione, e poi conviene fare le forme desiderate e mettere tutto nel forno tradizionale, mi impraticherò un po' con qualche ricetta con cottura nella macchina, e poi voglio sperimentare le varie alternative...

Ho anche intenzione di impastare pandolci e le brioche, che di solito evito sempre per lo stesso motivo, spianatoia appiccicaticcia, farina sparsa ovunque, insomma, la cucina ridotta ad un campo di battaglia, invece si butta tutto dentro la macchina e a sporcarsi le mani ci pensa lei!



Pane al Latte

(ricetta presa da questa raccolta pdf di Gielleffe, Raccolta di suggerimenti e ricette per la Macchina del Pane, utilissima, pescatela nella pagina di Francesca, ma un pochino variata)

250 grammi farina Manitoba
200 grammi farina 00
50 grammi semola di grano duro (questa l'ho aggiunta io, in origine erano 250 grammi 00)
290 ml di latte
2 cucchiai olio di oliva (li ho aggiunti io)
1 cucchiaio zucchero
1 cucchiaino e mezzo di sale
1 bustina di lievito secco Mastro Fornaio (7 grammi) oppure un cubetto di lievito fresco


Mettere i liquidi sul fondo del cestello, quindi la farina, il sale in un angolino, lo zucchero vicino al lievito.
Impostare il programma 1 (Pane bianco), peso 750 grammi, crosta Media, in tutto 3 ore e 18 minuti.

LinkWithin

Related Posts with Thumbnails