I miei viandanti

mercoledì 30 marzo 2011

Stili e tendenze



Sto trascurando questo poverello di blog in maniera veramente vergognosa, diciamocelo. Un po' vivo di rendita, un po' mi vengono i sensi di colpa per questa pigrizia che mi avvolge tutta, sono come imbozzolata in una sorta di letargo ovattato.

lunedì 21 marzo 2011

Aspettando la primavera



Lo so, lo so, queste giornate grigie e ancora fredde non fanno aria di primavera, ma il calendario non mente, oggi chiude ufficialmente l'inverno, per fortuna!

Come augurio propiziatorio, ho fatto un header coloratissimo, al posto di quello nebbioso e tetro dei mesi scorsi: voglio essere ottimista e cominciare a riporre maglioni a collo alto, piumini pesanti, sciarpe e guanti,  a pensare a vestiti più allegri, pieni di fiori, e così avevo voglia di un po' di colore (in questo caso i colori sgargianti di Siviglia) anche per il blog. Tra l'altro, sto iniziando anche a documentarmi su Barcellona, con guide, cartine e giornali di viaggio, per cui sono proprio in sintonia con l'argomento, già proiettata verso itinerari, progetti e cartoline spagnole.

domenica 13 marzo 2011

La difficile arte delle virgole

                          Trastevere, 1972

Oggi niente ricetta, e neanche piacevole passeggiata romana, solo questo articolo leggermente saccente, ma siccome queste idee mi frullano per la testa già da un po’, oggi è il momento di tenere una lezioncina, assolutamente senza pretese, sulla tanto bistrattata arte dello scrivere, solo una semplice disquisizione su un argomento che mi sta molto a cuore.

Non è vero che si scrive poco, che la scrittura negli ultimi anni sia un’arte in progressivo disfacimento.
E’ vero che gli adolescenti moderni oscillano in un lessico farcito di espressioni orribili come tvb, c6, cmq, un trionfo di xké e così via, una specie di linguaggio criptico e comprensibile solo ai minori di anni 20 (facciamo 25, visto che l’età adolescenziale si è innalzato un bel po’, negli ultimi anni, addirittura sconfinando ampiamente nella trentina e oltre).

mercoledì 9 marzo 2011

Bilanciamenti


Bisogna bilanciare le cose negative con quelle positive, o quanto meno provarci.

Ovviamente non sempre è possibile, ci sono cose che è difficile neutralizzare, e poi a volte sembra che il destino continui ad accanirsi: vi è mai capitato di pensare: ormai cosa mi può succedere, di peggio? Meglio non dirlo, perchè al peggio non c'è mai fine.
Però, siccome voglio essere ottimista, e questi giorni di sole e di alberi fioriti e di tiepidi palpiti di primavera mi rendono assolutamente positiva, ho prenotato il mio consueto viaggio primaverile: quest'anno non in solitaria, come faccio di solito, ma con la mamma. Per lei sarà la prima esperienza di viaggio vero, tanto lontano da casa, il primo aereo. Non è mai troppo tardi per cominciare, sono sicura che dopo questo non si fermerà più!

In amletico dubbio tra Barcellona e Berlino, alla fine ci siamo decise per Barcellona: fine maggio, sole, colori, lo stile fantasioso di Gaudì, Paella e mare, che volere di più?

Devo ammettere che tra le città europee che ho visitato, Barcellona è una vistosissima mancanza.
Conosco benissimo il nord Europa, fino alle terre gelide dei fiordi norvegesi, mentre sono davvero carente sul sud del nostro continente...l'esperienza dell'anno scorso a Siviglia è stata davvero positiva (beh, Siviglia era il mio sogno da quando ho iniziato a studiare flamenco, alla fine degli anni Novanta, partivo già piena di sogni e aspettative), sicuramente anche Madrid mi attirava.

Invece Barcellona non so, non mi aveva mai intrigato...fino a quando ho letto il bellissimo libro di Carlos Ruiz Zafòn, che l'ha descritta in un modo talmente affascinante che mi ero ripromessa, prima o poi, di farci un pensierino.
Devo assolutamente rileggermi il libro, prima di partire, per essere totalmente immersa nel suo fascino catalano (da dimenticare invece le pubblicazioni successive dello stesso autore, davvero deludenti, praticamente uno sbiadito plagio di sè stesso). No, devo ammettere che anche il grazioso film L'appartamento spagnolo (di Cedric Klapisch) me l'aveva fatta apprezzarequalche anno prima, una città così moderna ma colorata, mediterranea, ma L'Ombra del Vento è stato determinante!

Più leggo le guide e i reportage, e più mi entusiasmo. Spero che cinque giorni bastino, per immergerci totalmente nei colori e nei sapori della Catalogna...




Un'altra delle cose che ho sperimentato, ultimamente, è la griglia per crostate: l'avevo vista sul blog di Anna, dove trovate anche la spiegazione precisa di come usarla, con le fotografie.
L'ho comprata in un negozio specializzato, ovviamente, e ne sono rimasta soddisfattissima. Non ho trovato particolarmente difficile usarla, una volta imparata la tecnica:  la crostata viene davvero graziosa (ho sempre odiato fare le strisce a mano). In questo caso ho aggiunto anche 100 grammi di farina di farro, per ottenere una consistenza leggermente più rustica.

Dosi Per una teglia da 24 centimetri di diametro

300 grammi di farina  (io 200 grammi 00 e 100 di farro)
125 grammi di burro
130 grammi zucchero
1 uovo intero e 1 tuorlo
1 cucchiaio di Strega


Consiglio per la divisione della frolla:

Ritagliate un cerchio di carta forno delle dimensioni esatte della copertura della vostra teglia, quindi stendetevi una parte della  frolla. Rovesciatela  sulla griglia con la carta forno in alto, e stendetela bene col mattarello senza togliere la carta, in maniera da farla aderire bene alla griglia.

Togliete delicatamente la carta, e fate cadere i rombi di frolla, che userete poi per fare la striscia di chiusura della crostata.

Stendete il resto della frolla sulla carta forno ( io ci disegno la forma precisa delle dimensioni a cui deve arrivare, così non mi sbaglio), quindi mettetela con tutta la carta nella teglia.
Stendete la marmellata, quindi con la frolla avanzata della copertura (rombini e qualche ritaglio) fate la striscia di chiusura.

domenica 6 marzo 2011

Lontananze

                                   Gianicolo, Carnevale 1975

Mi sono resa conto di non scrivere nulla da due settimane.
Forse perchè non avevo nulla da dire, o forse perchè le cose che avevo da dire erano troppo tristi, come un pozzo nero in cui continui a buttare dentro le cose brutte e ci chiudi sopra, a forza, il coperchio, sperando che se ne rimangono buone a ribollire in silenzio.
In realtà, non scompaiono, sono semplicemente lì, sotto la superficie, ad agitarsi nelle acque più profonde e oscure dell'anima, ma prima o poi cominciano a risalire, a farsi sentire, ed ignorarle comincia ad essere impossibile.

Sono stati giorni bui, faticosi, molto simili a quelli di questa estate, dolorosamente troppo simili. Non sto neanche a raccontare tutti gli avvenimenti, dico solo che è stato un buco nero, un vortice di eventi in cui siamo rimasti avviluppati, imprevisto, terribile e inaspettato.

Oltre questo, o forse proprio a causa di questo, la settimana scorsa una brutta influenza che mi ha completamente atterrato, come una reazione fisica ad un dolore mentale,  una protesta di tutto il corpo che esprime, attraverso la malattia, tutto quello che ha di brutto dentro.

Ma si deve reagire, andare avanti, rituffarsi di nuovo nel mondo, nella noia della quotidianità. Si riprende il lavoro, magari di malavoglia, con la testa da un'altra parte, si riprendono le piccole incombenze quotidiane.
Non ho fatto molto, ho trascurato la casa, i miei hobbies, forse anche un po' me stessa.

Ma da domani, di nuovo in pista, sperando di lasciarmi i giorni di pioggia definitivamente alle spalle.

                                               Istituto Santa Rufina, Trastevere, Carnevale 1972

                                               Santa Maria In Trastevere, Carnevale 1971

Ieri pomeriggio, in un impeto inaspettato di energia, mi sono messa a fare frappe e castagnole, un carnevale recuperato in extremis (neanche mi ricordavo che siamo a Carnevale): ho un pessimo rapporto con i dolci fritti, lo ammetto, non li faccio mai. Le frappe mi son venute un po' troppo spesse, d'altra parte senza macchina per stendere la sfoglia non è proprio facilissimo, ma ce le siamo mangiate lo stesso.
Le castagnole, al contrario dell'unica volta che le ho fatte (avevano la consistenza e anche il sapore delle palline da ping pong) non sono venute male: dopo quello sforzo creativo, non ho avuto neanche un guizzo di energia per fotografarle, mi spiace ( e questo vi fa capire quanto sto giù in questi giorni).

Accontentavi della ricetta, senza foto, per stavolta! Grazie a Maria Rosa per la ricetta, l'aggiunta della ricotta all'impasto le ha rese soffici, sicuramente da replicare.

                                       Istituto Santa Rufina, Trastevere, Carnevale 1978

Castagnole di Maria Rosa

200 grammi di farina
100 grammi di zucchero
100 grammi di ricotta
2 uova intere
1 tazzina di liquore (io Strega)
buccia di limone grattugiata
mezza bustina di lievito

Olio di semi

Fare l'impasto dentro una ciotola, con la forchetta, mescolando zucchero, uova e ricotta, il liquore e la buccia di limone.

Aggiungere farina, lievito, fino a formare un impasto molle.

Mettere sul fornello una padella capace, far raggiungere all'olio il bollore.
Aiutandosi con due cucchiaini, far cadere nell'olio bollente l'equivalente di mezzo cucchiaino di impasto, non di più sennò vengono troppo grandi.
Farle dorare da ambedue le parti, senza farle troppo colorire troppo ( io ho tenuto il fuoco abbastanza dolce)

Appena scolate, spolverare di zucchero a velo (oppure semolato).

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