I miei viandanti

lunedì 30 giugno 2008

Farfalline, etichette e barattoli

Avete presente la pubblicità della ragazza che appiccica gli adesivi insetticidi nella credenza, scettica sulla presenza delle farfalline?
Beh, bisogna essere veramente ciecati (o del tutto stupidi) per non accorgersi della loro presenza nella propria cucina, perché è assolutamente impossibile non accorgersi dei danni che provocano: eh sì, sto parlando delle maledette farfalle della farina, una vera piaga, una volta che si insediano in casa, e di cui è difficilissimo sbarazzarsi.
Siccome l’anno scorso ho buttato per ben due volte tutto il contenuto della credenza, prima di adottare una strategia vincente (purtroppo non del tutto definitiva, ma quasi), voglio condividere con voi la mia terribile esperienza. In dieci anni che vivo qui, mai avuto problemi di questo tipo: l’anno scorso invece, al ritorno da una settimana di vacanza, ho trovato tutti i pacchi di pasta, farina, riso etc...pieni di farfalline e larve, un disastro. Ovviamente ho buttato tutto, ma proprio tutto: si erano infilate nei sacchetti delle nocciole, nel sale, zucchero, fagioli secchi, nel the, ovunque.
Credo di aver buttato nel secchio qualche chilo di roba, purtroppo. Mi documento su Internet, leggendo vari consigli.

Ho svuotato la credenza, pulita bene, cambiata la carta, controllato tutti i pensili, incollato le famose carte insetticide dentro gli sportelli.
Risultato: qualche farfallina spiaccicata sugli adesivi, una lunga agonia che ho provveduto a terminare per pietà (le farfalline si dibattono per giorni, attaccate all’adesivo).
Ricomprato tutto, chiuso accuratamente con scotch e mollette qualsiasi pacco di pasta, farina, o qualsiasi cosa di commestibile.

Comincio a vedere farfalline che volano dappertutto e cercano di avventarsi su qualsiasi briciola rimasta all’aria aperta, addirittura hanno infestato una scatola di croccantini dei gatti rendendola immangiabile in una notte.

Tempo quindici giorni, e trovo tutti i pacchi (anche quelli sigillati, nuovi) un’altra volta pieni di larve. Disperazione. A questo punto decido di ingaggiare una lotta furibonda e selvaggia: sono costretta e buttare tutto di nuovo, poi rivuoto la credenza, ripulisco tutto, e mi procuro barattoli di tutti i tipi e dimensioni: grandi per la pasta, medi per zucchero, sale etc, piccoli per il tè e spezie, tutti col tappo a vite o chiusura ermetica, e chiudo accuratamente qualsiasi genere commestibile, compresi i croccantini dei gatti. Le farfalline infatti sono in grado di infilarsi ovunque, e le larve addirittura riescono a bucare la plastica e il cartone degli involucri. Tempo due ore, e comincio a vedere larvette bianche che strisciano sulle mattonelle della cucina, verso l’alto, un incubo degno del peggior film di Dario Argento, a me Phenomena e le sue mosche mi fanno un baffo. Ne avrò uccise una trentina, ovunque mi giro le vedo strisciare, sbucando dappertutto.


Altro rapido giro su Internet, e capisco il busillis: le farfalline fanno delle piccolissime tane sul soffitto, al caldo, meglio ancora all’angolo tra il muro e il soffitto: avendo io i soffitti altissimi, l’avevo prese per ciccioli di polvere, avete presente quei filetti che penzolano e che ogni tanto si tolgono con la scopa? Col cavolo: prendo la scala alta e mi accorgo che sono decine di minuscoli bozzoli, dove crescono le larve, al calduccio, e dove tutte le superstiti disturbate e affamate stanno tentando di tornare.
Ovviamente ho fatto piazza pulita, prima con l’insetticida e poi con la scopa, risultato: soffitto bianco e pulito.Questo l’anno scorso.

Quest’anno, da aprile, ogni tanto vedo una farfallina svolazzare solitaria: entrano dalla finestra e cercano un posto buono dove infilarsi, ma non ne trovano, e vengono prontamente spiaccicate a mano. Hanno provato a fare qualche bozzolo, ma sono stati spazzati tutti, faccio il monitoraggio del soffitto tutte le settimane e le ho beccate anche quando hanno provato a fare la tana nella stanza accanto, ormai conosco tutti i trucchi.
Ecco, spero che la mia lunghissima spiegazione serva a qualcosa, perché è stato veramente devastante per la mia psiche e anche per il portafoglio!
In compenso ora ho ogni specie di barattolo e di etichetta: alcune le ho rielaborate prendendo le immagini dal bellissimo sito di grafica A sbafo, altre da Adelirose, Chez Cannelle, quelle più semplici le ho create io con Photoshop.
Sono utilissime soprattutto per il tempo di cottura e la scadenza, avendo imbarattolato tutto qualche volta mi dimentico da quanto tempo stanno lì le cose e rischio di mangiare cose scadute da mesi.
Spero di essere stata utile a qualcuno, vi assicuro che questa storia mi ha segnato profondamente, da allora non sono stata più la stessa…

sabato 28 giugno 2008

Plumcake cocco, banane e miele

Fine di un'altra settimana di grande stanchezza, quando arrivo al venerdì sera sono cotta e farei la danza di ringraziamento al cielo per essere sopravvissuta ad un'altra, faticossima settimana di lavoro...

Avrei voglia di fare un sacco di cose, nei giorni che sono a casa ma alla fine, tra una cosa e l'altra, li passo a ciondolare qua e là, crogiolandomi nella pigrizia (a parte la solita routine pulizie-spesa-cucina etc..., quello non manca mai).

Questi giorni poi, con questo gran caldo, non ho neanche voglia di accendere il forno o mettermi ad impastare, per fortuna ho un sacco di ricettine che fremono per essere pubblicate, per cui sto a posto per un bel po'.

A grande richiesta, ecco un cake dall'abbinamento estivo e tropicale: in realtà cercavo una ricetta per utilizzare in fretta due banane quasi marcescenti, ed alla fine ho trovato questa, leggermente rielaborata da me come al solito.

Ingredienti:

  • 2 grosse uova
  • 2 cucchiai abbondanti di miele
  • 2 banane medie
    140 grammi zucchero di canna
  • 230 grammi di farina
  • 125 grammi di burro
  • 1 bustina lievito in polvere
  • qualche cucchiaio di farina di cocco

Far sciogliere il burro senza farlo friggere e tenerlo al caldo (penso si possa sostituire con la stessa quantità di yogurt o ricotta) . Schiacciare le banane.

Battere con le fruste elettriche le uova intere con lo zucchero di canna, quindi aggiungere il burro e il miele.

Aggiungere all'impasto le banane, sempre continuando a montare, quindi unire la farina mescolata al lievito e due cucchiai di farina di cocco.

Imburrare ed infarinare uno stampo da plumcake di 30 per 12 centimetri (anche più piccolo, verrà più alto), versare l'impasto, quindi cospargere con due o tre cucchiai di farina di cocco, ed infornare a 180 gradi per circa 40 minuti.

lunedì 23 giugno 2008

Gli sceneggiati dei ricordi

Io non amo la televisione, anzi, non la vedo mai, per quanto mi riguarda potrebbero anche abolirla, soprattutto in questi ultimi anni: siamo arrivati a livelli di rincretinimento catastrofici, non voglio fare l’intellettuale snob, per carità, ma i programmi interessanti sono sempre più rari.
Non sto parlando solo di informazione e cultura, ormai questi programmi sono ridotti al lumicino, e relegati quasi tutti su Rai Tre, come se arte, archeologia e scienza fossero un optional, un tappabuchi.

Mi riferisco anche a sana e ben fatta televisione, che sia fiction, telefilm o varietà. Ho anch'io le mie serie preferite, ovviamente (adoro le Sorelle McLeod, ad esempio), ma in generale trovare qualcosa di veramente indimenticabile non è affatto semplice.

Non vorrei sembrare nostalgica, ma quando ero piccola, o anche giovane (più giovane, non sono ancora una mummia) anche il varietà del sabato sera e la domenica era ben fatto, con seri professionisti, mai scemo.

Ultimamente c’è stata un’invasione di fiction di grande presunzione e poca sostanza, mi viene in mente subito il colossal Guerra e Pace, che se Tolstoi l’avesse visto si sarebbe rivoltato nella tomba: possibile che con l’abbondanza di mezzi e location a disposizione siano riusciti a confezionare un prodotto patinato, freddo e melenso da morire, con dei banali dialoghi stile Beautiful?
Eppure gli ingredienti per fare un ottimo lavoro c’erano tutti, dall’ottima sceneggiatura di base (insomma, stiamo parlando di Tolstoi, mica di Liala), costumi spettacolari, un cast di attori di tutto rispetto…

E che dire del pessimo remake La Baronessa di Carini? L’ho visto proprio perché l’originale è uno dei miei sceneggiati preferiti in assoluto, e volevo vedere lo scempio che ne avrebbero fatto.


E infatti, della magia dello sceneggiato di D’Anza non c’è rimasto proprio nulla: è vero che il cast spettacolare dell’originale era difficilmente emulabile: insomma, stiamo parlando di Adolfo Celi, Paolo Stoppa, Vittorio Mezzogiorno e Ugo Pagliai, vogliamo paragonarli a Luca Argentero e Vittoria Puccini? Non dico che fosse del tutto orrendo, era sono nella media delle fiction moderne, cioè medio-bassa, nonostante le presenza dei pur bravi Lando Buzzanca e Enrico Lo Verso.
E poi quel lieto fine ridicolo, ma andiamo… la bellezza della storia era proprio nel destino tragico dei due amanti che si ripete a distanza di trecento anni, che mi rappresenta il lieto fine? Gli sceneggiatori forse erano convinti di avere spettatori più deficienti di quelli di trent'anni prima...

E allora, tuffiamoci nei magici anni Settanta, che hanno sfornato dei capolavori difficilmente superabili, pur con la pochezza dei mezzi dell’epoca.
Lo sceneggiato principe sicuramente (almeno per me) fu Sandokan, anno 1977 (ero ai primi anni delle elementari, per chi se lo chiedesse).

Lo sceneggiato di Sollima non ha bisogno di riassunti, ovviamente, è storia della televisione, ormai. Voglio solo ricordare che fece scoppiare la Sandokan mania, noi bambini impazzimmo (mia madre era velatamente contraria a farmelo vedere, la costrinsi solo quando tutta la mia classe lo seguiva, ma ormai mi ero persa le prime puntate: allora la ricattai e mi portò a vedere il film, che uscì poco dopo al cinema).
Io lessi subito tutti i libri di Salgari e l’album di figurine della Panini diventò un must per tutti.

A Carnevale dei due anni successivi le maschere di Sandokan e di Marianna furono gettonatissime, ancora mi ricordo l’invidia che provai per una ragazzina che era vestita da Perla di Labuan, col famoso vestito indiano della festa, quello con la pancia scoperta (veramente non era proprio uguale e non aveva neanche la pancia scoperta, vista l’età e il freddo, ma io la invidiai lo stesso. Probabilmente, oggi anche una bambina di quell'età non avrebbe problemi ad andare in giro con la pancia scoperta, ma erano altri tempi).



Indimenticabile anche la canzone dello sceneggiato, credo che qualunque bambino dell'epoca abbia consumato il 45 giri a forza di ascoltarlo, sognando isole lontane e meravigliose avventure piratesche, e sospirando sul tragico amore dei due eroi.

Glisso elegantemente sui vari seguiti prodotti recentemente, credo abbiate capito cosa ne penso. Credo che alcune cose debbano rimanere intatte nella memoria, con la loro magia e il loro fascino, senza doverci sorbire penosi sequel con attori bolsi ed invecchiati che recitano sceneggiature ridicole.

L’anno dopo, l’exploit dell’attore indiano si ripetè col bellissimo Il Corsaro nero, al cinema però. Anche qui c'era la splendida coppia che era rimasta nel cuore a tutti, con Carole Andrè ancora più bionda in vestiti secenteschi e l'esotico attore che vestiva i panni del tenebroso Emilio di Roccabruna.
Se non l’avete ancora capito, pur così piccola rimasi folgorata da Kabir Bedi, che per me rimane, tuttora, l’uomo più bello mai nato sulla terra (parlo del Kabir Bedi trentenne, non di quello di adesso, ovviamente).



Altro sceneggiato storico, imperdibile, Il Segno del Comando: nel 1971 ero troppo piccola per vederlo, ma una replica di qualche anno più tardi mi è rimasta impressa in maniera indelebile e, quando ho comprato le videocassette, mi sono stupita di quanto l’atmosfera magica e misteriosa della storia mi fosse familiare.



Anche qui, cast stellare, scene indimenticabili, come il Cimitero degli Inglesi o la corsa della bella strega Lucia per i vicoli di Trastevere (nel video della sigla iniziale).

Come non ricordare la famosa canzone Cento campane, e la poesia di Byron, che si scopre poi essere il Salmo XVII , o della Doppia Morte, del negromante Baldassarre Vitali:

Voltai le spalle al Signore e camminai sui sentieri del peccato
Voltai le spalle al Signore
Ma quando il tempo finì
Seppi che ero giunto dove non dovevo
Dritta è la strada del male
Ma quando lo compresi
La strada era finita
E anche l’anima mia
Perché avevo voltato le spalle al Signore.


Il mix tra poesia, giallo, mistero ed occultismo, complice una Roma dal fascino oscuro e tenebroso, lo rendono sicuramente uno dei migliori prodotti televisivi di tutti i tempi, nonostante il bianco e nero un po' datato e la recitazione molto teatrale degli attori, oggi forse un po' pesante.

Per chi lo trovasse, anche il libro tratto dallo sceneggiato è molto suggestivo (autore Giuseppe d'Agata, editore Newton Compton), ed il finale è anche più plausibile (nello sceneggiato ne scelsero un altro, più soprannaturale e molto meno verosimile).

Del 1975 l’altro sceneggiato capolavoro del regista Daniele D’Anza, L’Amaro caso della Baronessa di Carini di cui sopra.
Quello ebbi il permesso di vederlo (anche se avevo solo sette anni, non avrebbe dovuto avere il bollino rosso?), e la scena dell’uccisione della baronessa, l’impronta insanguinata e i cadaveri portati dai soldati e buttati sul letto a baldacchino è un’altra delle scene che mi hanno segnato per sempre (sono sempre stata attratta dal macabro).



La bellissima sigla iniziale rimase impressa a molti, complice anche la splendida canzone: la voce è di Gigi Proietti.

Ed un classico per chi è stato piccolo in quegli anni (ragazzi giovani, che vi siete persi): Il tesoro del Castello senza nome, sceneggiato belga del 1969 che da noi arrivò qualche anno più tardi, in otto puntate (l’edizione DVD credo sia ridoppiata più tardi, perché i doppiatori sono quelli di Candy Candy).
Visto adesso, aveva dei tempi lunghissimi (ora lo liquidebbero in tre puntate), però era per noi bambini degli Settanta è stato un mito.




La scena del bacio (sulla guancia) tra Jean Loup e Marion des Neiges (Delle Nevi) ci parve il massimo del romanticismo…ho scoperto in rete che i nostalgici di quello sceneggiato sono moltissimi, hanno anche organizzato una rentrèe con gli attori (oggi ultracinquatenni). Recentemente è uscita l'edizione in DVD, un vero tuffo nel passato...

Telefilm inglese di culto di quegli anni, Un uomo in casa: sicuramente avete visto il remake americano degli anni Ottanta con John Ritter, si chiamava Appartamento in affito , ma era tutta un’altra cosa.
La serie originale è stata di recente trasmessa da un canale satellitare, e conta tuttora un folto pubblico di affezionati, evidente che quarantenni nostalgici come me ce ne stanno parecchi in circolazione.

A parte i costumi e gli ambienti in puro stile anni Settanta, lo humour inglese della serie originale si perde completamente nel rifacimento, e anche gli attori erano proprio altro, per non parlare dei vestiti e delle pettinature.




Il protagonista era veramente esilarante come il suo abbigliamento a volte un po' stravagante, ed aveva delle lunghe basette intonate ai capelli lunghi.

La coppia di affittuari del piano di sotto era fantastica, lui burbero, noioso e cinico, la moglie spiritosa e sempre con la battuta pronta sulle mancanze del marito, che a letto doveva essere un vero disastro: con questa coppia fu tratto uno spin-off anche molto divertente, George e Mildred.

E i vostri sceneggiati dei ricordi?

sabato 21 giugno 2008

L'estate è arrivata

L'estate è arrivata improvvisa e attesa, dal tempo grigio e freddo siamo passati al sole cocente, forse troppo, però era anche ora...

In questi giorni di tutto si ha voglia tranne che di piatti caldi e di accendere il forno: evvai con le insalate estive e con piatti coloratissimi, come questo!

Le insalate di riso e di pasta sono un imperativo, perchè sono fresche, saporite e ci si può sbizzarrire con verdure, legumi e alimenti sani, secondo il proprio gusto e la propria fantasia.
Questa insalata è composta da gnocchetti sardi (si prestano benissimo a questo genere di piatti) , pomodori pachino, la feta che da un tocco saporito, olive (io le ho messe verdi, ma anche nere sono un ottimo abbinamento) olio di quello buono e basilico fresco. Volento ci si potrebbe aggiungere il mais, oppure il tonno, wurstel e così via.

Ingredienti per due persone:

  • circa 80 grammi di gnocchetti a testa
  • Pomodorini pachino
  • 100 grammi di feta
  • 100 grammi di olive
  • basilico
  • olio evo

mercoledì 18 giugno 2008

Plumcake al Cocco con glassa al limone

Quando torno dal lavoro di solito ho veramente la forza solo per strisciare in cucina, assemblare qualcosa di commestibile per la cena e poi morire a letto (fortuna che lavoro solo tre giorni): non prima però di aver dato una sbirciata agli altri blog ed aver controllato la posta! Mi strizzerò le meningi per fare i vostri Meme, ma dovrete aspettare che il mio cervello riprenda a funzionare in maniera coerente, stasera proprio no...

Stasera, nonostante la stanchezza, posto uno dei dolcetti che ho pasticciato ultimamente, sempre un plumcake perchè mi sta prendendo la fissa, da quando ho comprato lo stampo.

Ho provato ad assemblare questa ricetta con l’abbinamento, che mi sembrava interessante, cocco e limone, anche molto estivo: risultato ottimo, perché il gusto dolce di yogurt e cocco si sposa benissimo con il lieve sapore asprignolo della glassa al limone.
Vi consiglio di farlo con la glassa, anche senza è buono, ma direi che con la glassa lo è moooolto di più!
Per uno stampo 30 per 12 centimetri (credo vada bene anche più corto, il cake non è venuto altissimo)

  • 150 grammi zucchero
    1 yogurt compatto
    220 grammi farina
    100 grammi farina di cocco
    2 uova grosse
    O,5 dl di latte
    Mezzo limone spremuto
    Scorza di limone grattugiata
    1 bustina di lievito

Glassa:

  • 125 grammi zucchero a velo
  • due cucchiai di limone

Montare con le fruste elettriche le uova con lo zucchero, quindi aggiungere lo yogurt.
Continuare a montare il composto aggiungendo il succo di limone e la scorza, il latte, quindi la farina ed il lievito mescolati insieme.


Col cucchiaio di legno incorporare il cocco.
Imburrare ed infarinare lo stampo, versarvi il composto ed infornare a 180 gradi, secondo ripiano dal basso, per circa 50 minuti.


Una volta sformato il cake, preparare la glassa: sciogliere 125 grammi di zucchero a velo con due cucchiai di succo di limone, in pentolino o ciotola di metallo, posto su una pentola con acqua, sul fornello (non a bagnomaria, ma sopra, lo zucchero si scioglie in pochi minuti col vapore).
Far riposare la glassa per un paio di minuti, in maniera da farla rapprendere un po’, poi colarla sul dolce, e farla solidificare.

domenica 15 giugno 2008

Sotto il sole abbagliante di Roma

Questo post è tutto dedicato alla gentilissima Elisabetta, del blog Pane e Miele, che è stata così carina da spedirmi i biglietti per la Mostra "Capolavori che ritornano", che finiva proprio oggi e che lei non avrebbe potuto utilizzare.
I biglietti sono diligentementi arrivati alla destinataria che, in questa splendida domenica di sole, si è goduta la bellezza del centro di Roma e i novanta dipinti ospitati a Palazzo Ruspoli, a Via del Corso.Un excursus di pittura e scultura dal Quattrocento al Novecento, tra cui una piccola scultura di Canova e la splendida Incoronazione di Spine, nientemeno che di Caravaggio!
Le foto purtroppo erano assolutamente proibite, per cui non posso farvi vedere nulla...
Al ritorno dalla mostra, passeggiando con naso all'aria come una vera turista, sono passata per il Pantheon, con uno splendido gelato...

Verdure alla Serba

Non so bene come si chiami in lingua originale questo piatto, a base di ingredienti poveri (carote, patate, cannellini e cipolle) ma veramente buono: io lo chiamo così perchè è una ricetta che ho assaggiato a casa di una ragazza serba, la quale mi disse che era un piatto tipico della sua zona.

Nella stessa giornata ascoltai, a casa sua, la colonna sonora dello splendido film Prima della Pioggia, di Milcho Manchevski, 1994, uno dei miei film preferiti in assoluto, un'opera di grande suggestione visiva e musicale, se non l'avete visto ve lo consiglio assolutamente.

Questo cd, di un gruppo di nome Anastasia (niente a che vedere con la cantante americana), è una poderosa musica balcanica, molto suggestiva, di cui vi faccio sentire il tema principale.



Per quanto riguarda la ricetta, la sua versione di questo semplice piatto era leggermente più brodosa e più pepata.
Io di solito faccio restringere le verdure un po' di più, e taglio le patate non a tocchetti minuscoli ma leggermente più grandi. E' ottima cotta nella pentola di coccio (quando ho fatto le foto ancora non l'avevo), bisogna in ogni caso fare attenzione alla fine della cottura che non si attacchi al fondo, quando il sugo comincia a stringersi!

E' comunque una ricetta semplice e versatile, che può essere mangiata tiepida o anche a temperatura ambiente, il giorno dopo.
Ingredienti per 3-4 persone:
50 grammi di cipolla
400 grammi di patate (3 patate)
300 grammi di carote (2 grosse)
1 scatola di fagioli cannellini lessi (400 grammi)
un pezzetto di dado vegetale
olio evo
sale e pepe
Preparazione:
Scolare bene i cannellini, tagliare a fettine sottili la cipolla.
Tagliare a rondelle le carote e le patate a tocchetti.

Mettere nella pentola tutti gli ingredienti e il dado, aggiungere un paio di cucchiai di olio, sale e pepare secondo il proprio gusto.
Aggiungere tanta acqua da coprire le verdure (circa mezzo litro).
Far sobbollire a fuoco dolce e coperchio semichiuso per circa 15 minuti, quindi scoperchiare e far sobbollire dolcemente per altri trenta minuti, controllando il livello dell'acqua e girando ogni tanto.
Verso la fine della cottura mescolare delicatamente, in maniera che le verdure non si attacchino al fondo della pentola, frantumando qualche patata per far addensare il sugo. Il composto deve essere sodo ma con ancora un poco di liquido, sennò diventa una bella mappazza, quando si fredda.
Lasciare riposare almeno un quarto d'ora, in modo che il composto assorba il liquido residuo, e quindi servire tiepido, con un filo di olio a crudo.
A me piace piuttosto denso ma, come ho detto prima, la versione originale era leggermente brodosa e le verdure a tocchetti più piccoli. In ogni caso, ognuno può scegliere di cuocere più o meno le verdure e di far assorbire più o meno liquido!

martedì 10 giugno 2008

La Ciambella di Lo

Ho visto questa meravigliosa ciambella lievitata sul sito delle Galline Second Life, e non ho resistito: i dolci sono divertenti da preparare, ma quelli a lunga lievitazione sono una vera sfida, perchè non si è mai certi del risultato. L'esperimento è andato alla grande, la ciambella è risultata buonissima (anche se non sono riuscita chiuderla come Lo).

Per quanto riguarda la farcia, l'originale prevedeva crema di cioccolato e mandorle, che io ho dovuto sostituire con della semplice marmellata perchè a casa mia il cioccolato non piace, purtroppo.

La pagina con le spiegazioni è questa.

Lo usa la pasta madre(quanto la invidio), io ho usato mezzo cubetto di lievito fresco.

Per quanto riguarda le dimensioni della sfoglia, le mie erano 30 per 42 centimetri, ma vi consiglio di farla più grande, sennò non si chiude la ciambella e viene poco arrotolata. La prossima volta metterò un poco meno di marmellata e la arrotolerò più strettamente, tanto cresce benissimo anche se la sfoglia è più sottile.
Per lo stampo, l'ho messo in uno piuttosto alto, come si può vedere dalla foto
  • 500g di farina tra manitoba e 00
    mezzo cubetto lievito di birra
    70g di burro
    2 uova
    90g di zucchero
    un bicchierino di liquore
    110g di latte

Farcia

  • marmellata, 350 grammi circa
  • mandorle a scaglie (facoltative)

Sciogliere il cubetto di lievito nella metà del latte tiepido.
Far ammorbidire il burro a temperatura ambiente, quindi fare la fontana sulla spianatoia.

Mettere le uova al centro delle farine ben mescolate, cominciare ad impastare aggiungendo il burro, il latte, il liquore, il lievito, e lavorare la pasta fino ad ottenere un composto liscio.

Mettere a lievitare nel forno tiepido per tre ore, in una pentola coperta da un telo.

Riprendere la pasta e spianarla in una sfoglia di almeno 35 per 45 centimetri: cospargervi sopra la marmellata, facendo attenzione a lasciare un bel bordo libero tutto intorno, altrimenti quando arrotolate la sfoglia vi esce da tutte le parti.

Foderate uno stampo da ciambella piuttosto grosso e alto con della carta forno (usate una foglio tagliato a metà nel senso della lunghezza).

Arrotolate la sfoglia fino ad ottenere un rotolo, quindi ponetelo dentro lo stampo, cercando di chiuderlo a ciambella, e spennellate con del latte.

Mettete a lievitare la ciambella per altre tre ore nel forno tiepido.

Accendete il forno a 170 gradi e mettete un pentolino di acqua sul fondo (io me ne sono scordata).

Spennellate di nuovo col latte la ciambella, quindi infornate per trenta minuti, spennellando di nuovo col latte a metà cottura.

lunedì 9 giugno 2008

La rivale italiana di Tarja

Buon inizio settimana a tutti, sperando di non andare in gondola anche in questi giorni!

Oggi voglio condividere con voi qualche nuova scoperta musicale: in rete si trovano talmente tante cose interessanti, soprattutto per quanto riguarda voci particolare che hanno poca diffusione commerciale, ed è un vero peccato.

Saltellando in rete ho scoperto che anche in Italia, paese del bel canto, abbiamo una degna rivale del soprano finlandese Tarja Turunen, ex singer dei Nightwish: Giorgia Fumanti,toscana, bella e giovane, questa soprano (non metal come Tarja, però) ha una bella voce limpida ed argentina, spazia attraverso vari generi, ed ha al suo attivo un cd dal titolo "From My heart".

Vi riporto tre video live, in cui potete apprezzare la sua splendida voce:






domenica 8 giugno 2008

Un rivoluzionario sull'Aventino

Eccomi con un po' di tempo per ricominciare a scrivere qualche post di argomento che non sia la cucina, finalmente una domenica a casa!
Vi ho postato un po' di foto del roseto, in realtà ne ho molte di più e vorrei cominciare da questo gruppo scultoreo dedicato a Giuseppe Mazzini, che c'entra col Roseto nel senso che è posto accanto ad esso, sull'Aventino, affacciato sul Circo Massimo. E' un posto in cui solitamente ci si passa con la macchina, a piedi ci si deve andare apposta, visto che è una zona residenziale: ogni volta che sono passata davanti a questa enorme macchina scenografica ho pensato: ammazza quant'è brutta!
In realtà ci ho sempre gettato un'occhiata un po' distratta, ma stavolta le ho girato intorno e l'ho osservata meglio, e mi sono dovuta ricredere. A parte i toni un po' enfatici, le statue sono veramente poderose ed espressive.
Il gruppo scultoreo, di Ercole Ferrari, è del 1929, ma fu inaugurato solo nel 1949, per il Centenario della Repubblica Romana (secondo la Guida Touring Club di Roma, 2004).
E' formato da una base quadrangolare a gradini sormontata da statua in bronzo, assisa su scranno, con braciere in bronzo sotto che fa un po' cimitero.
Questo tipo di monumenti commemorativi un po' cimiteriali è abbastanza tipico dell'epoca, basta ricordare Roma o Morte, sul Gianicolo, sempre dedicato alla Repubblica Romana (un giorno vi racconterò del mio trisnonno, che combattè come capitano dell'Esercito nel 1849, ricevendo la Medaglia al Valore per aver difeso la città).
La base è ornata, su tre lati, da gruppi ad altorilievo molto drammatici.
A fronte di un'impressione generale un po' fredda (forse per il tipo di materiale utilizzato, quel travertino bianco che fa un po' freddo neoclassico), i gruppi sculturei sono di una rara plasticità espressiva, ai limiti del virtuosismo, e risentono senza dubbio delle influenze del primo Novecento.
Notate le figure morte sotto il sudario, cosparse di fiori.
Oppure l'uomo sdraiato, quasi scarnificato che ricorda gli studi anatomici di Leonardo.
E la donna in posa mollemente abbandonata su un letto di fiori...
A guardare bene le singole figure, nonchè lo stile in genere, potrei addirittura dire che c'è una singolare mescolanza tra elementi Art Nouveau (notevoli le somiglianze con la statuaria funebre dei cimiteri di Parigi), reminescenze michelangiolesche,
e qualche elemento che ricorda la contemporanea statuaria sovietica (alcune cose che ho visto a Mosca me lo ricordano proprio).
Falce e Martello vi paiono casuali?Non trovate che questo signore con pelata e pizzetto assomigli un po' a Lenin?
:-))
Questo gruppo ebbe, secondo alcune fonti, una vita travagliata fin dalla gestazione.
Sembra infatti che il Vaticano non fosse affatto d'accordo sul bozzetto del Ferrari, che conteneva allegorie anticlericali. Quella messa in opera sarebbe la versione edulcorata, per così dire.
Certo che il Vaticano ancora negli anni Trenta avesse tutto questo potere non mi stupisce certo, ovvio che Mazzini non l'amassero molto, mi pare che non si siano ancora rassegnati all'entrata dei Bersaglieri a Porta Pia, figuriamoci un monumento simil sovietico proprio vicino alle Basiliche dell'Aventino!

(cfr. Claudio Rendina, Articolo su Repubblica "Amarcord Mazzini, Così Nacque il Monumento della Discordia, 5 aprile 2008).
Questo solo per dire che, alcune volte, diamo per scontate molte cose che ci stanno quotidianamente sotto il naso: gli gettiamo niente più che un'occhiata distratta, senza cercare di capirne lo spirito e la storia.
Buona domenica a tutti!

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