I miei viandanti

domenica 8 febbraio 2009

Storia di una signora di campagna dei primi del Novecento

Questa è la storia di una signora di campagna dei primi del Novecento, una storia vera: la maggior parte di questo racconto è stato ricostruito su fonti certe e racconti che si sono tramandati di madre in figlia, anche se ormai è rimasta un’unica testimone di quel periodo, e su un carteggio di centinaia di vecchie cartoline, amorosamente riposto in un album, che copre un periodo che va dal 1905 al 1909 circa.


Se vi è qualche imprecisione e qualche vaghezza nella narrazione, la responsabilità è nell’incertezza dei racconti, delle defaillances della memoria e, in ultimo, di una certa aura romantica di cui, sono convinta, avvolgo i fatti che qui narrerò.
La protagonista porta il nome dal fascino desueto e un po’ antiquato di Matilde e, come tutte le vecchie storie che si rispettino, ha radici ancora più lontane, più indietro nel tempo e, per questo, avvolte nella nebbia dei ricordi.
Ma iniziamo dal principio, fin dove i ricordi di famiglia possono arrivare, senza cadere nella vaghezza delle leggende.





Matilde nasce a Velletri il 9 luglio del 1879, da una famiglia benestante, piccola nobiltà di provincia, con una storia di passate ricchezze testimoniata da un palazzotto nobiliare, che era stato di proprietà fino a qualche tempo prima, sempre nello stesse ridente paese, arroccato tra i Castelli Romani.

Suo padre, Vito Montelli, l’aveva avuta in tarda età. Doveva essere nato attorno gli anni 20-30 dell'Ottocento, perchè nel 1849 era già adulto.

Vito era stato capitano dell’esercito, prima di ritirarsi a vita civile, e l’impresa più gloriosa della sua vita fu l’aver partecipato, nel 1849, alla difesa di Roma durante la seconda guerra risorgimentale. Questa partecipazione è testimoniata da un attestato, ingiallito e sfilacciato, rivenuto casualmente tra i cimeli di famiglia, datato 20 dicembre 1871: vi si legge che


"La Commissione istituita dalla giunta Provvisoria di Governo in virtù del decreto del 28 Settembre 1870, dichiara che il Signor Montelli Vito, già capitano, per aver preso parte alla Liberazione di questa città nel 1849 ha diritto a fregiarsi della medaglia dei Benemeriti della Liberazione di Roma."



Nel 1848, come tutti ricorderanno, Roma si ribellò al Papa Pio IX, seguendo la scia di rivoluzione che percorreva tutto il paese, instaurando la Repubblica Romana e facendo precipitosamente fuggire il papa a Gaeta.

Il papa chiamò Napoleone III e le truppe francesi in soccorso, agli ordini del generale Oudinot: la città fu presa d’assedio e, dopo una cruenta battaglia sul Gianicolo di cui ancora si vedono i segni, Roma fu invasa dalle truppe straniere e riconsegnata brutalmente al papa. Fu in questa occasione che combatterono giovani valorosi come Goffredo Mameli, autore del nostro Inno Nazionale morto ad appena 22 anni, Luciano Manara, Enrico Dandolo.


Non sappiamo se Vito combattesse per i rivoluzionari garibaldini oppure per le truppe papaline ma, da quello che si può leggere dall'attestato, si può ragionevolmente presumere che facesse parte delle truppe garibaldine, e non certo dell’esercito invasore, acerrimo nemico dei Savoia, e che combattè fino al 1870 contro le truppe di liberazione, fino alla Breccia di Porta Pia.


Ritiratosi dall’esercito, Vito Montelli si sposò in tarda età con la più giovane Carolina Galli, figlia di Tito e Imperia Hortoller, le cui date di nascita dovrebbero arrivare a sfiorare almeno il secondo decennio dell'Ottocento se non qualcosa più indietro, almeno secondo quanto si può desumere dalla data di nascita di uno dei figli. Tito ed Imperia ebbero infatti tre figli, Ignazio (1841-1920), Nazareno e Carolina.

Questa è la genealogia della famiglia Galli ricostruita dalla nipote, anche lei chiamata Carolina.

Dal fratello maggiore della mamma Carolina, Ignazio Galli (Velletri, 31 luglio 1841- 10 Febbraio 1920), le giovinette ereditarono il titolo di contessa, non sappiamo per quali vie traverse; costui era un sacerdote, canonico in Velletri, doveva essere un tipo particolare: professore al liceo di matematica e fisica, grecista e latinista, le leggende familiari tramandano che fosse uomo coltissimo, astronomo e inventore.

A casa della figlia di Matilde, anche lei chiamata Carolina detta Carla, fino a pochi anni fa c’era un grosso armadio misterioso, pieno di oggetti appartenuti al prete.
 Tale titolo nobiliare passò alle sorelle e morì con loro.



Questa è la tomba dello zio Ignazio, sita al Verano, sulla cui lapide vi è inciso:

"Sacerdote esemplare
professore sovrano
di Scienze Naturali Matematiche e Fisiche
Indagatore acuto degli astri
fu caro allievo di Angiolo Secchi
vissuto onesto e buono..."


Vito e Carolina ebbero due figlie: la primogenita Giulia, che sposerà un medico, Ottaviano Corona, e la nostra Matilde.


Non si hanno notizie certe della sua infanzia e giovinezza in provincia ma, secondo chi la conobbe da donna, ebbe un’educazione accurata, adatta ad una giovinetta bene dell’epoca: leggeva e scriveva con garbo, praticava tutte le arti domestiche come cucito e ricamo, amava la cultura.

Adorava la musica classica e in particolare l’opera, frequentava i teatri con passione, almeno fino a quando potè: possedeva tutti i libretti d’opera e conosceva benissimo le arie più famose, passione che non l’abbandonò mai anche quando, molto più tardi, smise di frequentare i teatri e ascoltava musica dal giradischi.

Dalle fotografie d’epoca, possiamo capire che non fosse proprio una bellezza: viso pieno, un po’ squadrato, capelli castani lisci raccolti in alto, labbra sottili; aveva però degli occhi intensi, una figura morbida, non priva di una certa grazia.


Come ogni signorina o signora di un certo grado sociale, portava abiti lunghi, di tessuto fine, amava ornarsi di bei gioielli, ed indossava cappelli a falda larga. Indossava sempre calze di seta e guanti fini. Questa eleganza innata non l’abbandonò mai, per tutta la vita, anche quando le gonne si accorciarono e i cappelli con le piume finirono fuori moda.

Chi la conobbe, racconta che amava circondarsi di cose belle, oggetti artistici, porcellane, di biancheria preziosa, come un porta calze in seta paglierina con nastri in raso giunto fino a noi, che serviva a contenere le fini calze di seta che si portavano all’epoca e senza cui una vera signora non sarebbe mai uscita, neanche d’estate.




All’incirca nei primi anni del Novecento, forse il 1903 o 1904, non più giovanissima, conobbe Ermenegildo De Lazzaro, chiamato familiarmente Mario: un militare di carriera, come il padre, di ottima famiglia, possidenti terrieri, sempre in Velletri.

Dalle foto arrivate fino a noi appare con un bel giovanotto bruno, occhi azzurri, il portamento altero, capelli scuri impomatati, viso asciutto con zigomi affilati, con eleganti baffi all’insu, e le leggende familiari tramandano che fosse proprio un bell'uomo. Era più giovane di lei di quattro anni, la data di nascita risalendo al 1883, almeno secondo le cronache.


Nell'immagine in cui sono insieme, probabilmente già sposati, una fotografia presa in uno studio professionale con scenografia esotica, lei indossa un elegante abito chiaro, borsetta di seta ed enorme cappello con piume, lui indossa un elegantissimo cappotto scuro, scarpe di pelle a due colori, con guanti e tuba di seta.


I due si fidanzarono e, come si usava all’epoca, il fidanzamento fu lungo e a distanza, perché Mario fu trasferito presto ad Ancona per la sua carriera militare, ma non fu un’unione di convenienza: i due giovani cominciarono a scriversi regolarmente, una cartolina quasi tutti i giorni, magari una frase, due parole, per quattro lunghi anni, in attesa di unirsi in matrimonio.
Le cartoline sono arrivate fino a noi, con tutto l’album in cui lei le raccolse; delle numerose lettere che ivi vengono citate, purtroppo, non ne è rimasta traccia.

Queste cartoline, amorosamente conservate tra gli arabeschi dell'album, sono state fondamentali per ricostruire la storia dei due innamorati.

Alla prossima puntata, col carteggio di Matilde e Mario e il resto di questa romantica storia ed il suo tragico epilogo!

29 commenti:

  1. Bellissima storia, bellissime immagini, attendo con ansia il seguito della storia e del carteggio.....
    Bravissima, e che fortuna avere tutti questi cimeli

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  2. infattiè una fortuna, per questo ci tenevo a pubblicarli!
    Nei prossimi giorni pubblico il resto, con le lettere e le frasi d'amore, nonchè il tragico epilogo

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  3. laura che meraviglia..mi hai permesso davvero di viaggiare con la fantasia,immagginare colori,
    volti e storie..
    attendo trepidante la continuazione!!

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  4. non ti deluderò
    :-))

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  5. Sono rimasta così con il fiato sospeso rapita dal racconto e da quelle foto che mi garbano da impazzire! Quanto ci farai aspettare per il seguito?????? Un abbraccio Laura

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  6. lo pubblico domani o dopodomani, sto completando la composizione del post e la scannerizzazione delle cartoline!

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  7. Ma che bel tuffo nel passato... che belle foto antiche.. e la storia di Matilde! tu dici che pubblicherai il resto domani con il "tragico epilogo" che vuol dire? sigh sigh .-(

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  8. ah!!!! sostituisci pure al latte di soya il latte normale della torta Bounty .-))))) bacioni

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  9. purtroppo non è finita benissimo, per lei e per noi...

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  10. Adoro queste storie di una volta, così romantiche e fuori dal tempo...aspetto con ansia il seguito!

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  11. P.s. ma chi era Matilde? Una tua parente?

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  12. Cara Geillis, che spettolo il tuo blog. Finalmente un blog non monotematico. Leggendo il tuo profilo vedo che abbiamo molte cose in comune, soprattutto tra i libri e gli interessi.
    Sono contenta che tu sia passata da me, e che io abbia avuto l'opportunità di conoscere il tuo blog. Ti includo tra i blog da seguire.
    A presto
    Anna

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  13. sono venuta a trovarti la scorsa settimana, ho citato una tua ricetta nel premio Ricetta della settimana perchè mi aveva colpito!
    Grazie per gli apprezzamenti, anch'io amo i Blog variegati, in cui si parla di tante cose, non solo di cucina, ed è bello trovare delle persone con interessi comuni

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  14. come al solito mi stupisci con i tuoi racconti sei stata brava a ricostruire tutti i passaggi di questa storia aspetto con ansia il resto ciao

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  15. ho letto con calma il tuo racconto e mi ha riportato alla mente 'Un cappello pieno di ciliege', l'ultimo libro di Oriana Fallaci. Lo hai letto? penso ti piacerebbe moltissimo. E' molto simile come impostazione e narrativa. Te lo consiglio.
    Anna

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  16. Ho dimenticato di dirti una cosa. Forse una coincidenza.....Abbiamo affittato temporaneamente una casa a Roma, per motivi di lavoro. E sai dov'è? in Viale Glorioso, accanto a via Dandolo, sotto la scalinata che porta al Gianicolo, proprio dove inizia la tua storia.
    Strano no?
    Anna

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  17. che bella questa storia! mi ha fatto venire in mente che anche io ho un sacco di foto e lettere dei miei bisnonni...
    tornerò presto per conoscere il seguito.
    grazie.
    egle

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  18. Insomma, uno sceneggiato in versione post!! ;-)

    Bello! :-)

    A presto!

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  19. @ Andrea: vero che sembra un romanzo? Una specie di sceneggiato ottocentesco, hai ragione!!

    @ Egle: è importante che le memorie familiari non vadano perdute, se hai del materiale così prezioso, non mandarlo sprecato...

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  20. @ Anna: e come faccio a non conoscere quella scalinata? Ho abitato dietro l'angolo per 30 anni, quanti ricordi!! Conosco quelle strade come le mie tasche
    :-))

    Non ho letto il libro, ora che me lo segnali me lo procurerò...io ho un'impostazione storica, vista la mia laurea, e mi pareva che un stile un po' retro si addicesse alla storia...

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  21. @ carmen: è bello stupire le persone
    :-))
    Le ricette va bene, ma ci sono tante cose da raccontare...

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  22. Sigh! Che bello che tu abbia avuto la possibilità di ricostruire la storia della tua famiglia. Io sia da parte di papà che di mamma non ho più nulla. I miei zii mi hanno detto che non è stato conservato quasi niente. Ma porca paletta. Epperò.... ho iniziato una ricerca genealogica per parte paterna. Poi passerò anche alla materna e vediamo che viene fuori.
    Alla prossima puntata (ma lo sai che io vado a erboristeria alla scuola di arti e mestieri di via glorioso? ^__^)
    Ciaooo

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  23. Ma dai!! E' qualche anno che mi sono trasferita a Boccea, e questa scuola non c'era, almeno non mi pare...che nostalgia!

    E' una cosa comune aver smarrito le storie di famiglia, le foto, i ricordi...io ho cercato di lasciare una traccia, prima che scompaiano tutti i personaggi della storia, anche per le generazioni future...per fortuna ho avuto parenti che hanno avuto la pazienza di lasciarci qualche ricordo scritto, gli oggetti, sono cose preziose che è bene non vadano perse, e poi questa storia mi ha affascinato fin da piccola...

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  24. Bellissima la storia, Geillis, bellissima l'idea di raccontarla con quelle fantastiche cartoline. E l'alone romantico che il tuo modo di raccontare dà alla storia affascina ancora di più. Invidio i tuoi cimeli di famiglia, specie le cartoline dei due innamorati, perchè mia mamma anni fa, in un impeto distruttivo, gettò via le cartoline che si erano scambiati lei e papà durante un periodo di lontananza: lei, che è siriana, era al suo paese e papà qui in Italia. Ho salvato solo 2 cartoline che, dopo molte insistenze, mi ero fatta dare tempo prima...
    Seguo il tuo blog con sempre più interesse, anche se non sono appassionatissima di cucina, e condivido il parere di annathenice.

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  25. Grazie Dicembrina, so che è una fortuna avere dei ricordi di famiglia tanti e preziosi, purtroppo tendiamo a buttare tutto, non sapendo che un giorno i nostri discendenti non avranno più memorie da raccontare...

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  26. Passavo da queste parti, alla ricerca di vecchie cartoline e ho trovato il tuo blog! Che bello!
    E che bello vedere che abbiamo molte passioni in comune (oltre alle cartoline, la lettura, i fari e il film "Le fate ignoranti").
    Ti metto subito nei blogs da seguire.
    Passa anche da me, se ne hai voglia.
    Ciao Giuly

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  27. Ciao Giuliana, benvenuta!! Ti seguirò volentieri, soprattutto se abbiamo dei tratti in comune
    Grazie per i complimenti
    :-))

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  28. Un vero spettacolo. Bell'idea pubblicare questo pezzo di storia passata.

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    1. Grazie, sono contenta che il racconto ti sia piaciuto!

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Pellegrino che ti aggiri per queste lande incantate, mi farebbe piacere una traccia del tuo passaggio...

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