I miei viandanti

Visualizzazione post con etichetta Siviglia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Siviglia. Mostra tutti i post

lunedì 25 marzo 2013

Atmosfere arabe a Siviglia



Vi ho parlato abbondantemente di Siviglia, una città davvero meravigliosa per i suoi colori, per la bellezza dei suoi quartieri, per la mescolanza di stili arabi e mediterranei che ne fanno un posto davvero particolare.

giovedì 18 novembre 2010

Il Parque Maria Luisa: i Musei

musei

E' l'ultimo post su Siviglia, lo giuro!!

Ormai ve l'ho mostrata in tutte le salse, vi ho raccontato angolo per angolo questa bella città andalusa, l'ultima visita è questa, nei Musei che si affacciano sulla Plaza de America, dentro il grande Parque Maria Luisa.
Veramente non avevo assolutamente intenzione di entrarci dentro, convinta che non avrei avuto il tempo. Invece, dopo un'oretta a gironzolare per il parco, con la mattina ancora tutta davanti, sono entrata in tutti e due i musei, apprezzando il fatto che anche questi sono gratuiti, come gli altri della città (tranne quello del Flamenco, privato e anche costoso)

Del primo, il Museo delle Arti e Tradizioni Popolari, una parte comunque è chiusa, tutto il secondo piano è in restauro, alla fine quello che rimane è poca cosa.

Rimane il primo piano e il sotterraneo, e anche quello con una mezz'oretta si visita comodamente, posto che alcune sale espongono solo pizzi, centrini, bavaglini, scialli ed altri manufatti che sono bellissimi, d’accordo, ma alla decima vetrina viene voglia di girare i tacchi e ammirare qualcosa di più movimentato che centinaia di centrini fatti al tombolo.

In pratica, tutto il piano espone oggetti, mobili e suppellettili appartenenti ad una famiglia di ricamatori e merlettaie, i Diaz Velazquez, con arredi originali disposti in modo da ricostruire gli ambienti della casa borghese di fine Ottocento, assieme ai ricami e agli attrezzi della fabbrica dismessa. Ho visitato tutte le sale nel silenzio più assoluto, sotto una luce mortifera e sonnolenta, poi ho deciso di averne abbastanza di bavaglini, trine e ricami e sono scesa di sotto.

Il museo è talmente deserto che anche i custodi sembrano aggirarsi smarriti, quasi chiedendosi vagamente perplessi cosa ci fate lì, e forse cosa ci fanno anche loro, in quelle sale oscure e deserte.

museo4
america12
arti
museo1
museo3
museo2

Il piano sotterraneo invece è formato da una serie di stanze che ricostruiscono i vari ambienti di lavoro tra Ottocento e primo Novecento con attrezzi e macchinari originali: il falegname, il fabbro, il frantoio, il vasaio, il sellaio, macchine e utensili utilizzati in agricoltura e così via.

Poi c’è una piccola ma pregevole esposizione di produzione ceramica, dal rinascimento in poi, con dei pezzi veramente notevoli in stile Art Nouveau.

Uscita dal Museo, mi sono diretta in quello opposto, tanto dovevo arrivare all’ora di pranzo e ancora mancava parecchio. Il Museo Archeologico espone opere essenzialmente di epoca romana, di cui alcuni pregevoli statue, oltre ad una parte dedicata a Preistoria e Protostoria.

america11
america14
archeo4
archeo3

Il fatto di aver ammirato le sterminate collezioni di Roma e Parigi non aiuta ad apprezzare adeguatamente questo poderoso esternamente ma scarno museo, ho esaurito anche lì brevemente la mia curiosità, uscendo di nuovo per un ultimo giretto per il parco sotto un cielo improvvisamente cupo, solo a tratti illuminato da un sole velatissimo, che riesce a stento a mitigare un vento fastidioso e gelido.

archeo6
archeo5
archeo2
 

Siviglia ha deciso di salutarmi sotto la sua veste più grigia, anche se il caldo sole dei giorni passati mi ha comunque permesso di ammirare le sue bellezze al meglio, colori caldi e squillanti che si stagliano contro un limpidissimo cielo turchese.

Non avevo alcuna voglia di tornare verso il centro, dopo quella passeggiata indolente dentro il parco, allora ho seguito le indicazioni della guida su Viktor, un piccolo ristorante decentrato, in uno di questi vialoni immensi stile Serafico (un quartiere moderno di roma, confinante con l'Eur) che costeggia il Parque, l’Avenida Felipe II: mi sono seduta fuori ed ho ordinato un piatto unico, per la modica cifra di 6 euro e 50.
Due uova fritte, morbide al punto giusto, vere patate fritte, friarelli arrosto (piatto tipico di queste parti), panino caldo da intingere golosamente nel tuorlo quasi liquido, taralli e Coca Cola: tutto semplicissimo ma gustoso, sicuramente meglio di qualunque McDonald’s.
Mi sono gustato il mio semplicissimo pranzo, cercando di imprimermi nella memoria ogni particolare, ogni sapore dei miei ultimi momenti a Siviglia.

Accanto a me, le guide ormai spiegazzate e consunte da tante letture, un quaderno pieno di appunti, pensieri, annotazioni, una valanga di immagini ancora di organizzare, soprattutto nella testa, e un intero viaggio da ricordare, momento per momento, emozione dopo emozione.

venerdì 22 ottobre 2010

Museo del Baile Flamenco, Siviglia


La mia passione per il Flamenco, ormai la conoscete bene, se frequentate questo blog da un po’ di tempo…ho studiato baile (non da professionista, ovviamente) per nove anni, facendo delle esperienze bellissime in varie scuole, ho ballato in tanti teatri e conosciuto tanta gente interessante. E’ una fase della mia vita che si è conclusa, vuoi per ragioni di tempo, di stanchezza, vuoi ragioni d’età!

Quando ho iniziato, lo ammetto, ho passato una fase di entusiasmo ossessivo durata qualche anno: anni in cui non ascoltavo che flamenco, andavo a vedere solo spettacoli di flamenco, mi allenavo davanti allo specchio, passavo ore a cucirmi gonne piene di volants, e ovviamente a parlare con persone fissate come me (ad esempio la mia amica Marta o il mio amico Marco Rosas, lui sì un vero talento naturale).

Molti miei amici hanno avuto occasione di  andare a Siviglia per fare stages di danza, e magari vedere spettacoli nei tablaos andalusi o madrileni…io purtroppo, nei miei giorni sivigliani, ho fatto di tutto tranne che vedere flamenco. Ero da sola, e girare a tarda sera da soli in una città straniera non è il massimo….sarà per la prossima volta! Ho visto tanti vestiti e tante scarpe, e questo già mi ha fatto rientrare nell’atmosfera colorata di quel mondo: passeggiando per Triana, oltre all’atmosfera inconfondibilmente andalusa, non è infrequente ascoltare le note cristalline di una bulerìa o di una sevillanas che rieccheggiano nei patios ombrosi.

Visto che ero qui, non potevo mancare però di vedere il Museo del Baile Flamenco, installato dalla famosissima bailaora Cristina Hoyos (di cui ricordo i film Carmen Story, Bodas de Sangre e L’amor Brujo, tutti con Antonio Gades) in un antico palazzo nel Barrio di Santa Cruz.

04
08
03
05
07
scarpe

Vi dico subito che, a differenza di tutti gli altri musei sivigliani, gratuiti, questo è l’unico che si paga per automantenersi, visto che non è un museo statale o comunale.
E’ piuttosto piccolo, ammetto che mi aspettavo qualcosa di più, di più grande e più esaustivo…la parte più interessante è forse la stanza iniziale, quella con lo schermo dove scorrono senza interruzioni vari filmati di coreografie dei vari balli anche se, se non siete esperti, difficilmente riuscirete a capire la differenza tra una bulerìa e un tango gitano, tra una alegrìa e una milonga.

Poi cominciano una serie di sale, tutte assolutamente buie (difficilissimo fare le fotografie in quella penombra, ma qualcosa sono riuscita a catturare comunque), con locandine, altri filmati e materiale di repertorio, ed una più grande dalla cui ombra densa emergono costumi di scena, oggetti d’epoca e specchi. L’insieme non è privo di una certa suggestione ma, per quanto riguarda i vestiti, se ne vedono di molto più belli nei negozi e negli spettacoli in generale…i vestiti da ballo e da feria possono essere stupendi e originali, oppure striminziti o kitch, si trova un po’ di tutto, anche se solitamente quelli usati per la danza sono più sobri e lineari rispetto a quelli indossati per le feste…diciamo che questi non mi hanno fatto impazzire.

19
14
09
12
16
20
13
15
18

Questi sono i corridoi del museo, su cui sono affissi grandi pannelli in bianco e nero, fotografie e locandine dei grandi artisti del mondo flamenco e, ovviamente, foto di scena di Cristina Hoyos e dei suoi spettacoli.

26
24
25
27

Una delle ultime stanze che ho visto contiene delle belle tele ad olio che ritraggono la bailaora: nella prima con la Bata de Cola (la gonna a strascico, usata solo dalle ballerine esperte), negli altri due è invece ritratta assieme ad Antonio Gades.

23
22
21

E’ un piccolo museo, forse più pretenzioso nella forma che nella sostanza difficile da apprezzare, se proprio non siete degli aficionados.

Se volete approfondire,

Museo del Baile Flamenco

martedì 12 ottobre 2010

Il Parque Maria Luisa: la Plaza de America


Archiviata con un pizzico di delusione la Plaza de Espana, mi sono diretta verso l’imponente Plaza de America, che qualcuno definirebbe un po’ kitch, ma che conserva un suo fascino stravagante: una bella vasca di ninfee centrale contornata da splendide aiuole di rose grandi, dai petali carnosi, lievemente sfatte, e delimitata da un lato da il Padiglione reale (chiuso), mentre sui lati lunghi si riflettono nell’acqua due edifici singolari, sullo stile neogotico-neo mudejar della Plaza de Espana, molto in voga negli anni Venti.

domenica 10 ottobre 2010

Diario di Siviglia: il Parque Maria Luisa e la Plaza de Espana



E’ passato ormai qualche mese, dal mio viaggio a Siviglia, eppure devo ancora terminare il mio racconto…sembra, dal numero di fotografie e di post, che ci abbia passato qualche settimana, e invece sono stati solo sei giorni, ma molto molto intensi!

Ci sono dei luoghi che colpiscono l’immaginazione in maniera particolare, inaspettata, anche semplicemente visti su una guida turistica, luoghi che ti riprometti di vedere come primo impatto con la città: a Parigi il mio luogo simbolo, quello dove vado appena posate le valigie in albergo, è l’affaccio sul lungo Senna, un’emozione repentina che mi coglie ogni volta che arrivo nella mia città preferita. Mi addentro nei vicoletti del Marais fino ad affacciarmi sul lungofiume, in prossimità dell’Ile Saint Louis, mentre in lontananza svettano le guglie snelle di Notre Dame, sulla vicina Ile de la Cité, e capisco di essere veramente a Parigi; e subito dopo il bellissimo Parc Royal, ormai è quasi un rituale sedermi sulle panchine di metallo verde del giardino secentesco di Richelieu, sotto lo zampillo birichino della fontana centrale.

Il Parque Maria Luisa e la Plaza de Espana erano, assieme al Guadalquivir, la prima cosa che mi ero ripromessa di vedere, appena arrivata a Siviglia, complici anche delle fotografie bellissime su riviste e guide turistiche, che avevo rimirato a lungo, vagheggiando il momento in cui avrei visto davvero Siviglia.

Difatti, arrivata alle sei di pomeriggio in una Siviglia luminosissima, come fosse pieno giorno, ho disfatto brevemente le valigie, tirato fuori guida e macchina fotografica, e mi sono immessa entusiasticamente sull’Avenida Carlos , che costeggia il grande Parque Maria Luisa, il giardino più grande della città.

sabato 17 luglio 2010

Il Museo di Bellas Artes di Siviglia


Di solito, quando si arriva in una città sconosciuta, tutta da scoprire, si fa un itinerario di massima da seguire, soprattutto se si tratta di una città grande e non si hanno tanti giorni a disposizione. Ci sono poi delle città che non basta una visita, e neanche due, e alla terza ti rendi conto che ne hai vista una minima parte come ad esempio Parigi di cui, dopo cinque visite, mi mancano ancora tantissimi musei.

Roma è una di queste, anzi: visto che ci abito da una vita, ogni volta mi sorprendo dalla quantità di musei, siti archeologici, pinacoteche e chiese della mia città. Avendo fatto poi degli studi specifici, prima all'Università e poi al Corso di restauro, dovrei anche essere una privilegiata, eppure ci sono ancora tante cose che devo vedere, oppure che ho visto tanti anni fa e che vorrei riscoprire con gli occhi della maturità.

Siviglia no, Siviglia è una città piccola, almeno in confronto a molte capitali europee: in effetti non è una capitale, tutt'al più capoluogo di regione: città bella e affascinante, ma sempre di dimensioni ridotte.
Anche per quanto riguarda i musei, Siviglia ne ha di belli ma sono pochi, e piccoli: non avevo alcuna intenzione, in cinque giorni di visita, di entrare nei musei ed invece alla fine li ho visti tutti e cinque, proprio perchè il tempo alla fine c'è stato.

Di ritorno da Cartuja, ho imboccato la lunga Calle Alfonso XIII, una bella e animata via che divide la Macarena da Santa Cruz e proprio all'inizio, dopo questa piazzetta in cui un modernissimo bar si affianca graziosamente ad una pittoresca chiesetta gialla e bianca, si apre una piazza ombrosa, su cui affaccia il seicentesco edificio del Monaster de Mercede Calzada: nel 1835 in queste sale venne allestito il Museo de Bellas Artes, che contiene una corposa collezione pittorica del Barocco sivigliano, per la maggior parte proveniente da monasteri e altre collezioni ecclesiastiche e, solo in tempi più recenti, ha visto l'aggiunta di preziose tele e manufatti dell'Ottocento e del Novecento, sempre di artisti andalusi.




Già l'entrata, dalle pareti coperte di bellissime ceramiche sivigliane, e i tre chiostri su cui si affacciano le sale del Piano terra, ci trasportano immediatamente nel Barocco sivigliano: in queste sale al pianterreno è esposta una preziosissima collezione del famoso Murillo (uno degli artisti più illustri nati a Siviglia), le cui pessime condizioni di luce purtroppo mi hanno impedito di immortalare per voi.




Al primo piano l'esposizione comincia con opere del XV secolo, passando per altri illustri artisti barocchi sivigliani, come Zurbaràn e Valdés Leal.


Queste sono le prime sale della collezione che va dal Settecento fino alla pittura moderna, in cui ritratti di dame in abbigliamento tipico con sontuose mantiglie si alternano a paesaggi, a scenette di genere ambientate in interni, così tipiche della pittura settecentesca.





La pittura sivigliana non ha assolutamente nulla da invidiare alla contemporanea francese e italiana, almeno dal punto di vista della bellezza, anche se è molto meno famosa e conosciuta nel resto del mondo, e presenta dei tratti caratteristici introvabili altrove (Ritratto di Gustavo Béquer, di Dominguez Bècquer, 1862).



Guardate ad esempio questi Baile por Bulerìa e Baile Por Sevillanas  di Garcìa Ramos, 1884, in cui ballerini nei costumi tradizionali si esibiscono sullo sfondo di locali caratteristici: una scena che si ripete esattamente adesso, nei moderni tablaos sparsi per tutta l'Andalusia.



Una splendida dama con sontuosa mantiglia avorio, peineta e ventaglio, abbigliata con stoffe cangianti i cui riflessi argentei la fanno emergere dall'oscurità, in cui si intravedono delle figure vestite da torero che le fanno da enigmatico fondale.


Ed ecco la paesaggistica ottocentesca: questa è la fangosa sponda di Triana (di Sànchez Perrer) prima della costruzione dei muraglioni, quando il quartiere doveva essere ancora il caratteristico e povero barrio gitano, e ancora sotto il barrio di Santa Cruz e la Torre del Oro visti dalla sponda opposta di Triana, forse proprio dal ponte Sant'Elmo.



Altro tema tipico sivigliano è l'arte della corrida: in questa grande tela "La muerte del maestro"  (José Villegas Cordero, 1910) i colori luttuosi della morte e del dolore si mescolano alla ricchezza dei costumi, all'oro delle decorazioni che rubano la scena al morto che giace in penombra, quasi dimenticato e sopraffatto da tanto sfarzo.





Un altro argomento caratteristico della pittura locale è quello delle feste, così care alla città, come questa " Sevilla en fiesta"  , particolare, (Bacarisas Gustavo, 1915) in cui le tre dame in costume tradizionale, dipinte in grandi pennellate pastose e sfumate,emergono luminose ed evanescenti da una città notturna e tenebrosa, quasi una citazione dei sontuosi ritratti su sfondo scuro di dame dei secoli precedenti (vedi ad esempio Goya) ma ben consapevole dei nuovi modi pittorici provenienti dalla Francia.


E che dire di questi splendidi ritratti o della graziosa fanciulla di marmo, anche lei pronta per danzare ad una fiesta cittadina?
I bei costumi tradizionali sono gli stessi che, ancora oggi, le donne sivigliane indossano nelle Ferias e le danzatrici sui tablaos per ballare il flamenco:  vestiti ampi e ricchi di volants, scollature ornate di frange, rose e pettini nei capelli acconciati a chignon, mantiglie e scialli di seta, un'eleganza senza tempo che rimane inalterata da secoli; la prima tela è di Diego Lopez, Sevillana en su patio, 1915); la seconda è di García Ramos Joseph, Malvaloca, 1912.




L'ultimo quadro che ha colpito la mia immaginazione è stato questa bella scena d'interno di Rafael Martinez Diaz, "Escena de Familia" : una camera semplice dalle pareti chiare, rischiarate solo dalla luce rarefatta di una finestra: le quattro bambine sono ritratte ognuna in una posa diversa, attorno ad una tavolo semplicemente imbandita (due mele, un piatto di pesce, una brocca e del pane).
Sono gli sguardi tristi, come rassegnati eppure lucidi (soprattutto della ragazza con la coda) a colpire lo spettatore, invitato suo malgrado ad assistere al magro ma dignitoso pasto.



Per chi volesse approfondire:
Museo de Bellas Artes

Altri racconti di Siviglia su questo blog:

Arrivo in città

Calle de Las Sierpes, Flamenco, Scarpe e ventagli

Il Barrio di Santa Cruz

Il Barrio gitano di Triana

I Palazzi reali

La Macarena

Lungo le sponde del Guadalquivir

La Cartuja

LinkWithin

Related Posts with Thumbnails