I miei viandanti

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venerdì 22 ottobre 2010

Museo del Baile Flamenco, Siviglia


La mia passione per il Flamenco, ormai la conoscete bene, se frequentate questo blog da un po’ di tempo…ho studiato baile (non da professionista, ovviamente) per nove anni, facendo delle esperienze bellissime in varie scuole, ho ballato in tanti teatri e conosciuto tanta gente interessante. E’ una fase della mia vita che si è conclusa, vuoi per ragioni di tempo, di stanchezza, vuoi ragioni d’età!

Quando ho iniziato, lo ammetto, ho passato una fase di entusiasmo ossessivo durata qualche anno: anni in cui non ascoltavo che flamenco, andavo a vedere solo spettacoli di flamenco, mi allenavo davanti allo specchio, passavo ore a cucirmi gonne piene di volants, e ovviamente a parlare con persone fissate come me (ad esempio la mia amica Marta o il mio amico Marco Rosas, lui sì un vero talento naturale).

Molti miei amici hanno avuto occasione di  andare a Siviglia per fare stages di danza, e magari vedere spettacoli nei tablaos andalusi o madrileni…io purtroppo, nei miei giorni sivigliani, ho fatto di tutto tranne che vedere flamenco. Ero da sola, e girare a tarda sera da soli in una città straniera non è il massimo….sarà per la prossima volta! Ho visto tanti vestiti e tante scarpe, e questo già mi ha fatto rientrare nell’atmosfera colorata di quel mondo: passeggiando per Triana, oltre all’atmosfera inconfondibilmente andalusa, non è infrequente ascoltare le note cristalline di una bulerìa o di una sevillanas che rieccheggiano nei patios ombrosi.

Visto che ero qui, non potevo mancare però di vedere il Museo del Baile Flamenco, installato dalla famosissima bailaora Cristina Hoyos (di cui ricordo i film Carmen Story, Bodas de Sangre e L’amor Brujo, tutti con Antonio Gades) in un antico palazzo nel Barrio di Santa Cruz.

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Vi dico subito che, a differenza di tutti gli altri musei sivigliani, gratuiti, questo è l’unico che si paga per automantenersi, visto che non è un museo statale o comunale.
E’ piuttosto piccolo, ammetto che mi aspettavo qualcosa di più, di più grande e più esaustivo…la parte più interessante è forse la stanza iniziale, quella con lo schermo dove scorrono senza interruzioni vari filmati di coreografie dei vari balli anche se, se non siete esperti, difficilmente riuscirete a capire la differenza tra una bulerìa e un tango gitano, tra una alegrìa e una milonga.

Poi cominciano una serie di sale, tutte assolutamente buie (difficilissimo fare le fotografie in quella penombra, ma qualcosa sono riuscita a catturare comunque), con locandine, altri filmati e materiale di repertorio, ed una più grande dalla cui ombra densa emergono costumi di scena, oggetti d’epoca e specchi. L’insieme non è privo di una certa suggestione ma, per quanto riguarda i vestiti, se ne vedono di molto più belli nei negozi e negli spettacoli in generale…i vestiti da ballo e da feria possono essere stupendi e originali, oppure striminziti o kitch, si trova un po’ di tutto, anche se solitamente quelli usati per la danza sono più sobri e lineari rispetto a quelli indossati per le feste…diciamo che questi non mi hanno fatto impazzire.

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Questi sono i corridoi del museo, su cui sono affissi grandi pannelli in bianco e nero, fotografie e locandine dei grandi artisti del mondo flamenco e, ovviamente, foto di scena di Cristina Hoyos e dei suoi spettacoli.

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Una delle ultime stanze che ho visto contiene delle belle tele ad olio che ritraggono la bailaora: nella prima con la Bata de Cola (la gonna a strascico, usata solo dalle ballerine esperte), negli altri due è invece ritratta assieme ad Antonio Gades.

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E’ un piccolo museo, forse più pretenzioso nella forma che nella sostanza difficile da apprezzare, se proprio non siete degli aficionados.

Se volete approfondire,

Museo del Baile Flamenco

venerdì 4 giugno 2010

Il Barrio di Triana, l'anima flamenca di Siviglia

Ed eccoci a Triana, antichissimo quartiere che risale addirittura all'epoca romana: sembra infatti che il suo nome derivi da quello dell'imperatore Traiano.
Il barrio è stato, in tempi passati, un quartiere semplice, abitato da operai e da gruppi gitani che ne hanno profondamente influenzato l'anima, rendondolo in qualche modo diverso dal resto della città.

Quella gitana è sempre stata, fin dal XVI secolo, una minoranza povera, spesso relegata economicamente ai margini della società andalusa. Costretti a diventare stanziali alla fine del XV secolo, pena l'espulsione dal paese, i gitani dell'Andalusia non seguirono le orme dagli altri zingari, che continuarono a girovagare nel resto dell'Europa, ma si fermarono in queste terre assolate, ponendovi radici profonde e anche, in qualche modo, influenzando le popolazioni locali.

Il popolo gitano, sempre piuttosto povero, produsse quelli che son considerati, e a torto, dei tratti spagnoli caratteristici: l'arte della corrida e il flamenco non appartengono alla cultura spagnola ma sono assolutamente tipici di queste terre meridionali, sebbene ora siano diffusi anche nel resto della Spagna. In tutto il barrio sono affisse delle targhe di azulejos che ricordano i grandi nomi dei matadores e dei cantaores che hanno visto la luce in queste calli.
Ora la comunità gitana si è spostata lontano da Triana, tuttavia lo spirito profondo del barrio è rimasto intatto, e non è raro vedere aggirarsi fanciulle dalle gonne ampie e neri capelli fluenti, donne e uomini dalla pelle olivastre e dai tratti inconfondibilmente zingari.

Il flamenco è una mescolanza di musica di origine zingara (forse proveniente dalla lontana India, luogo di partenza del popolo zingaro attorno all'anno Mille) che si arricchì in Spagna, nel corso dei secoli, con influenze andaluse, arabe ed ebraiche, dando luogo ad una alchimia misteriosa e affascinante di suoni, canti e danze che non hanno eguali in tutta Europa, neanche nel resto dei gruppi gitani europei. Avendo studiato baile flamenco per nove anni, venire qui a Triana ed immergermi nella cultura gitana era uno dei miei più grandi sogni.

La Sevillanas, una allegra danza tradizionale andalusa influenzata dal flamenco, è il ballo più diffuso in tutta la regione e viene imparato fin da piccoli: si balla da soli o ancora meglio a coppie, con nacchere o senza ma sempre nei bellissimi costumi tradizionali, in occasione delle famose Ferias, le feste per cui gli andalusi sono giustamente rinomati.

La sevillanas è anche il primo approccio col flamenco in qualsiasi scuola di baile: per impararla, a noi occidentali non avezzi alle ritmazioni particolari del flamenco, occorre sicuramente qualche mese di esercizio costante e almeno un anno o due per ballarla davvero bene, per non parlare poi delle nacchere, con le quali servono anni di pratica per suonarle in maniera decente.

Eccovene un assaggio:



Ci sono tre ponti per passare dalla sponda del Arenal a quella di Triana: il Ponte San'Elmo, all'altezza di Puerta de Jerez, che porta all'estrema periferia meridionale del barrio, fatta di condomini moderni, che si uniscono alle strade antiche del barrio senza soluzione di continuità, ed è la strada meno poetica.

Se non avete fretta, passeggiate pigramente lungo la sponda del Arenal, per cogliere la bellezza del quartiere che si affaccia sulle acque del Guadalquivir, e guadate il fiume all'ultimo ponte, quello del Cachorro, come ho fatto io nella passeggiata del post precedente. Arriverete nella parte meno turistica, delle stradine lunghe, tranquille come la lunghissima Calle de Castilla, scivolando lentamente verso il cuore di Triana.

Se invece volete immergervi subito nel'atmosfera del barrio di Triana, allora attraversate il fiume al Puente de Triana, o Puente Isabel II, che vi porta dritto dritto alla Plaza del Altozano, una graziosissima piazza con palazzi di mattoni ed azulejos coloratissimi, famosa per i suoi balconi e miradores (bovindi) in ferro battuto. Alla fine del Puente de Isabel II si trova la statua della giovinetta gitana, fiera nelle sue vesti tradizionali, con la chitarra al suo fianco mentre, poco prima, una futuristica statua del Matador Belmonte veglia l'immagine veneratissima della Vergine, in questo caso la Vergine di Triana.
Su questa graziosa piazza si trovano anche due splendide botteghe di ceramica, attività artigianale per cui il quartiere è famoso: anche solo le pareti decorati e le insegne che si trovano fuori dai negozi sono dei capolavori che non ho potuto fare a meno di immortalare per voi.



Dalla Plaza del Altozano si entra nell'animata Calle San Jacinto, piena di botteghe e di bar de tapas, di ristoranti e di animazione. Qua intorno, come nel resto della città, si trovano numerosi negozi di scarpe, la cui varietà di colori, fogge e materiali riesce a stupirmi ogni volta.
Sempre nella stessa Calle c'è un grazioso bar de tapas, piuttosto noto nel quartiere, Las Columnas, con un bellissimo murales di azulejos che ritrae il quartiere come doveva essere anticamente: un portico con due sivigliane e un uomo in costume tradizionale; sulla sponda opposta si vede il quartiere del Arenal, un tempo porto della città all'ombra della Torre del Oro, vicino il Puente Sant'Elmo e una nave a vela che solca le acque, ancora navigabili, del Guadalquivir, mentre in lontananza si staglia la mole snella della Giralda.

Quando sono tornata a Triana il sabato pomeriggio, il pomeriggio prima di partire, avevo intenzione di sedermi in questo delizioso bar e godermi una bella cena di addio a base di vino e tapas, invece ho trovato inaspettatamente tutti i negozi e i ristorati chiusi, il quartiere praticamente deserto, tanto che ho guadato di nuovo il fiume e sono andata a mangiare dall'altra parte, dove era tutto aperto.
Per cui, un consiglio: non andate a Triana il sabato pomeriggio, rischiate di trovare un quartiere ben diverso da quello animatissimo degli altri giorni.



Dalle Calle San Jacinto immergiamoci nella lunghissima Calle del Alfareria e per le viuzze attorno, Calle Antillano Campos, Calle Pagés del Corro, Calle Clara de Jesùs Montero: queste stradicciole ombrose sono deliziose con le loro botteghe antiche e polverose, le finestre dai balconcini in ferro battuto, decorati da gerani colorati. Girando col naso all'aria, assolutamente affascinata, ho incontrato pochissime persone, così come nel resto del quartiere: tranne le animate vie centrali, si respira un'aria tranquilla, da queste parti, assolutamente autentica. Non abbiate fretta e percorrete silenziosamente queste stradicciole, ad ogni angolo sarete ripagate da bellezza e grazia allo stato puro.



A questo punto, percorriamo la lunga Calle Pagés del Corro, riattraversando la Calle san Jacinto, per passare dall'altra parte del quartiere. Girando per le viuzze tranquille, non posso fare a meno di infilare il naso in tutti i portoni: in tutta Siviglia, e in particolar modo a Triana, a Santa Cruz e la Macarena, i patii fioriti e decorati da azulejos sono dei gioielli preziosi, nascosti nella penombra dei portoncini bui, che si offrono agli sguardi curiosi in tutta la loro grazia.

Ogni casa sembra fare a gara con le vicine per arredare i cortili interni con piante rigogliose, azulejos colorati, murales di paesaggi o di madonne (spesso delle vere e proprie opere d'arte), cancelli in ferro battuto dai disegni elaborati. Purtroppo alcuni di questi sono troppo scuri o chiusi per essere fotografati, ma quelli che sono riuscita a fotograre vi possono dare una idea della cura con cui vengono tenuti (i due murales con paesaggi di Triana appartengono al patio della prima fotografia, ciascuno su una parete del portone).

Ogni tanto, curiosando dentro le finestre e nei portoni, capita di fare un incontro particolare, come il delizioso cagnolino che osservava attentamente, nasino all'aria, * il viavai della strada, dietro la grata della sua finestra.
La tradizione così ben viva e radicata della ceramica e degli azulejos si nota anche nelle insegne dei negozi che, quasi sempre, sono fatte da mattonelle: osservate la bellezza di questa decorazione di Via Antillano Campos e quella a stella di una Teteria, che altro non sarebbe che una Sala da The.




Finita la lunga Calle Pagés del Corro, ci troviamo nella parte del barrio che scivola verso la Plaza de Cuba, e torniamo indietro verso la Plaza del Altozano percorrendo delle vie colorate ma tranquille, dai nome evocativi come Calle Rodrigo de Triana, Calle de Troya, le lunghissima s stretta Calle Pureza, a metà della quale si trova la Capilla del Los Marineros: qui, al centro di un elaboratissimo e sontuoso altare dorato, si trova la veneratissima Virgen de la Esperanza de Triana, il cui viso mostra una giovane fanciulla dai tratti gitani. Questa venerata statua contende alla grande rivale dell'altro antico barrio, la Vergine de la Macarena, la devozione nel cuore dei sivigliani.

Parallela a Calle Pureza e Calle Rodrigo de Triana è la piccola Calle Pelay Correo, ornata da cascate rigogliose di gerani colorati. Girando di stradina in stradina, capita spesso di notare insegne di Scuole di flamenco e cogliere, inaspettatamente, una cascata di note argentine di chitarra che fluttua da una finestra aperta: bulerias, sevillanas e voci antiche risuonano per questi vicoli freschi e ombrosi, esattamente come succedeva nei secoli passati, confermando l'impressione di essere un po' fuori dal tempo, in un'altra epoca.




Ed ora, tornati sulla Plaza del Altozano, nel centro del quartiere, usciamo sulla sponda del Guadalquivir, percorrendo tutta la Calle Betis fino al Puente Sant'Elmo: un lungo fiume graziosissimo con le sue casette colorate, dai colori mediterranei, azzurro luminoso, turchese, bianco, giallo: le abbiamo ammirate dalla sponda opposta, passeggiando sul Paseo Alcalde, al livello del fiume, ora ci passiamo proprio sotto, ammirando la grazia di questi edifici che si specchiano nelle acque lucenti. Un piccione, appollaiato sul muretto, assiste tranquillo al passaggio del battello sotto il Puente de Triana, per nulla turbato da un trio di cantaores accanto a lui, che suonano e cantano una sevillanas sotto l'occhio di una telecamera.

Non ho fatto purtroppo in tempo a fotografare il trio di anziani gitani, con le loro chitarre, perchè hanno finito un secondo prima che mi precipitassi a cogliere la scenetta, peccato.




Passeggiando per la Calle Betis si ammira, sulla sponda opposta, la Plaza de Toros e il Teatro de la Maestranza, parzialmente nascosti dagli alberi e le palme del Paseo pedonale. Un ristorante italiano esibisce il Menu attaccato sui muri, sotto forma di murales: Cannelloni, Spaghetti, Pizza, ravioli ed altre specialità italiche. Sono stata tentata, per un minuto secondo, di infilarmi dentro e provare l'autenticità delle ricette italiane in terra andalusa, poi ci ho ripensato e sono scivolata oltre, verso il Puente sant'Elmo.



Eccoci alla fine di Triana, la brutta e moderna Plaza de Cuba segna il confine tra l'antico barrio e la città moderna mentre il Puente Sant'Elmo attraversa il grande fiume per riportarmi alla Puerta de Jerez: dal ponte si vedono una serie di ristoranti affacciati sul fiume, molto caratteristici, mentre a metà del ponte, in un belvedere, ho notato con raccapriccio che l'usanza mocciana dei lucchetti è arrivata anche qui, anche se non con l'abbondanza del nostro Ponte Milvio: l'unica differenza sono i nomi apposti col pennarello, assai più esotici del nostri come Jesus e Phoebe, Evita, Garcìa, Gonzalo e così via.



Girando per questo bellissimo e antico Barrio, dove è ancora viva l'anima gitana della città, non ho potuto fare a meno di fotografare qualche casa in vendita, dall'aspetto un po' fatiscente ma molto molto promettente: questa alla fine della Calle Betis mi pare niente male, quasi quasi ci faccio un pensierino....




Ed ora, per lasciare l'atmosfera incantata di Triana con un pizzico di malinconia, vi lascio questa splendida interpretazione di Merche Esmeralda e Carlos Vilàn tratta dal film Sevillanas di Carlos Saura: una sevillana lenta, dolcissima, sinuosa ed elegantissima, in cui l'anima fiera e passionale dell'anima gitana si coglie nelle mosse orgogliose, negli sguardi intensi e nella grazia dei movimenti dei ballerini.



Altri racconti di Siviglia su questo Blog:

Arrivo in città

Calle de Las Sierpes, Flamenco, Scarpe e ventagli

Il Barrio di Santa Cruz

Il Barrio gitano di Triana

I Palazzi reali

La Macarena

Lungo le sponde del Guadalquivir

La Cartuja

Il Museo di Bellas Artes

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