I miei viandanti

martedì 28 giugno 2022

Nostalgie analogiche e inciampi virali


Eccoci di nuovo sul blog, approfittando di una nuova carcerazione forzata, arrivata all’improvviso, anche se senza grandi danni, me la sono cavata bene, in confronto all’anno scorso. 
Ormai uso questo blog come sfogatoio dei periodi di Covid, in realtà è che durante l’anno ho davvero poco tempo, visto che passo la maggior parte delle mie giornate a scuola, oppure sui libri a preparare le lezioni, oppure in interminabili riunione online. Prima o poi mi assesterò su ritmi più umani, e riprenderò a fare le mie normali cose, speriamo l’anno prossimo. 

 Questo post torna agli antichi amori, fotografia e macchine fotografiche: dopo il glorioso periodo analogico della mitica Nikon Fm2 (sono una nikonista della prima ora, un amore che non ho tradito per nessun’altra marca, anche se la Nikon da qualche anno pare arrancare, in confronto alle Fujifilm) che parte dal 1994, regalo di laurea, fino al 2008, anno in cui sono passata alla reflex digitale, una bella D80 che ha fatto il suo sporco lavoro per tutti questi anni. 
Viaggi, reportage romani, still-life, si è comportata sempre bene. 

Poi, si sa, la tecnologia avanza, quella che sembrava un miracolo della tecnologia comincia ad invecchiare: le foto che si vedono su Instagram sembrano lontane anni luce dalle normali foto di una normale reflex. D’accordo, c’è la post-produzione, i filtri, l’automatico che ti sistema tutto e ti fa pure il caffè, per cui ormai fa tutto la macchina fotografica oppure il cellulare di ultima generazione. 

 Io rimango una nostalgica: la pellicola, comprata a bobine di 100 metri e sbobinata al buio assoluto, la camera oscura ricavata nel ripostiglio, gli odori chimici dei bagni di sviluppo e fissaggio, le foto 18x24 appese in bagno con le mollette, ad asciugare. 
L’emozione di andare dalle fotoforniture e scegliere la carta fotografica (cartoncino, matt, semimatt, perlata). Tutta l’attrezzatura è smontata in cantina, non riesco a disfarmene per ragioni di affetto, anche se non ho più posto dove rimontarla, e le due analogiche (FM2 e una vecchissima Pentax K1000, che usavo come macchina di scorta) sono ferme da anni. 
 Dicevo, la D80 cominciava a far pesare i suoi anni, in termini di definizione dell’immagine ma soprattutto di peso: due chili e mezzo di attrezzatura base, piuttosto impegnativa da tirarsi dietro. 
Forse sto invecchiando, ma andare in giro con mezzo cocomero al collo cominciata a diventare pesante. Qualche anno fa ho comprato una compattina, sempre Nikon, ma non è la stessa cosa, non sono mai riuscita ad abituarmi a non avere un mirino di precisione in cui mettere a fuoco, così come sono un disastro ad usare la fotocamera del cellulare scattando dal monitor. 

 Quando, l’anno scorso è uscita la Nikon Zfc ho avuto un’illuminazione sulla via di Damasco: era lei, la mia prossima macchina fotografica, praticamente la gemella digitale della mitica e mai dimenticata FM2. Operazione furbissima di Nikon, sfacciatamente rivolta a tutti i nikonisti della mia generazione: involucro vintage anni ‘90 ma meccanismo di ultima generazione. 


In questo anno ho continuato a leggere recensioni, tanto per essere sicura di non prendere una cantonata. In fondo, le mirrorless (letteralmente, senza specchio: difatti non sono reflex, hanno l’interno completamente digitale) sono leggerissime, in confronto ad una reflex media, veloci nello scatto, accattivanti, in genere, nel design. Anche se relativamente recenti, sembrerebbero dirette concorrenti delle reflex, eppure ancora non le hanno sostituite in maniera importante, perché? 
 Ad un certo punto, ero veramente indecisa da una mirrorless Fuji, a detta di molti di qualità superiore, e la nuova Zfc di Nikon, che nel campo mirrorless sembra essere entrata veramente da poco: ad esempio, il parco ottiche della serie Z non è ancora particolarmente ampio, i prezzi sono molto alti. 

Poi ho ceduto al fascino vintage, proprio la settimana scorsa (due giorni dopo sono caduta per il Covid, ma questa è un’altra storia). Venerdì la compro, sabato mattina la metto all’opera all’Orto Botanico di Roma: qui ci sarebbe da aprire una lunga parentesi sullo stato un po’ derelitto del luogo, a distanza di qualche anno dalle ultime fotografie che ho fatto (molto secco, parecchie erbacce sparse nelle aiuole, specialmente nel roseto, cestini buttati per terra, sedie, ombrelloni e tavoli di un evento serale sui vini che, di giorno, non si presentano benissimo). Comunque, ho testato la macchina con un bell’obiettivo 40 mmm/2 per la fotografia di fiori, mentre per la fotografia a Trastevere (strade, palazzi, persone) ho utilizzato prevalentemente il il 16/50 mm 3.5-6.3 in dotazione.



Recensione: Premetto che scatto solitamente in Jpeg (lo so, lo so, dovrei cominciare a scattare in Raw, ma i miei scatti finiscono tutt’al più sul blog o sui social, per cui non ho bisogno di una particolare qualità…ma prima o poi imparerò, prometto). Premetto anche che una foto visionata sul monitor a dimensione piena e una piccola immagine caricata sul blog danno un'impressione diversa, purtroppo si perde moltissima qualità caricandola dentro il post, credetemi, sia come colori che come nitidezza e definizione.

Sensazione tattile ottima, la macchina è leggera ma solida, lo scatto morbido, piacevolissima da usare, anche se un po’ plasticosa, rispetto ad una vera analogica d’epoca. La parte sottostante, ad esempio, è in plastica, compreso lo sportellino della batteria, eppure si tratta di una parte delicata della macchina fotografica! Non sono una professionista, la uso per diletto, quindi non commenterò l’assenza del doppio slot, visto che una scheda di memoria mi basta e avanza, però una batteria che si scarica dopo 391 scatti e un piccolo video di pochi secondi presuppone una batteria di riserva, in caso di viaggi, ovviamente da comprare a parte. 
Tra l’altro, nella confezione era presente una stringa per il collo, ma assente il cavetto di trasmissione: per fortuna, si tratta di un cavetto comune, che avevo a casa, altrimenti avrei dovuto comprarlo a parte, così come manca il paraluce (nella confezione della Nikon D80 erano presenti ambedue). I due obiettivi hanno delle lenti davvero piccole, in confronto ad un obiettivo reflex: lo zoom da chiuso ha un bell’aspetto, che richiama vecchi obiettivi analogici, mentre da aperto sembra un obiettivo da compatta, veramente curioso. 
Non è particolarmente luminoso visto che l’apertura al massimo del teleobiettivo, 50 mm (che però dovrebbe corrispondere a 60 mm circa, visto che l’obiettivo è dedicato alla full-frame, mentre la Zfc ha il formato Aps-c) ha una apertura di 6.3, cioè veramente misera. Di contro, la compattezza della macchina permette di scattare anche con tempi non troppo veloci, in generale è comunque luminosa, tiene bene gli Iso molto alti, quindi ci può stare. E, comunque, per il prezzo ridotto dell’obiettivo, è uno zoom che si difende abbastanza bene, leggero e poco invadente. 

 Il 40 mm è luminoso, contando che il prezzo non arriva ai 300 euro, un bel diaframma 2 come luminosità minima: mi è piaciuto molto, anche se continuavo a cercare la ghiera dei diaframmi che, ovviamente, non c’è. Ha un bello sfocato anche senza scendere alla massima apertura, perfetto sia per una “macro”, anche se non nel senso stretto del termine, sia per i ritratti. 




I colori sono vivaci, come sempre i colori di Nikon, il Menu della fotocamera, anche se più complicato delle precedenti macchine, per un nikonista è davvero intuitivo. Insomma, una perla della tecnologia? Diciamo che sulle prime ho avuto molte difficoltà nell’utilizzarla, e tuttora non sono soddisfatta delle foto fatte: non per i comandi della macchina, mi sono ritrovata subito in tutte le voci del menu, nelle ghiere, come se l’avessi sempre avuta in mano. 


Il problema della Nikon Zfc è il mirino: appena accesa, ho capito che avrei avuto difficoltà ad usarlo. Ho pensato ad una deblacle di Nikon Zfc, ma leggendo in giro le recensioni il mirino elettronico pare essere un problema comune delle mirrorless. 
Un mirino ottico, quello delle reflex, ti permette una visione nitidissima e reale di quello che vedi, in tempo reale: se non ti fidi troppo dell’autofocus in alcune situazioni (come la fotografia molto ravvicinata a particolari molto piccoli), in manuale riesci a mettere a fuoco con una precisione millimetrica, è veramente difficile sbagliare. 
Il mirino elettronico è, sostanzialmente, un piccolo monitor: non vedi quello stai vedendo realmente, ma quello che il sensore vede. 
Questo significa che 
1. Hai la sensazione di vedere un’immagine fatta di pixel, non una immagine reale 
2. In presenza di luce molto forte, l’immagine nel mirino si presenta contrastatissima, spesso con dominanti bluastre 
3. Il mirino elettronico dovrebbe avere, come lato positivo, la visione di quella che sarà la foto, con l’esposizione, le dominanti e gli effetti risultanti dai comandi che dai. In realtà, vedi un’immagine diversa, di qualità peggiore, rispetto a quella che vedi contemporaneamente nel monitor e che sarà la fotografia finale. 
4. Difficilissimo mettere a fuoco in manuale, visto che l’immagine, specie in particolari condizioni di luce, non è nitida 
5. Spesso c’è un fastidioso, anche se velocissimo, sfarfallio 
6. Essendo un’immagine derivata dal sensore, hai come la sensazione di una leggera asincronia tra quello che vedi realmente e la riproduzione nel mirino 
Ho lavorato con diaframmi molto aperti, proprio per testare l’autofocus e la messa a fuoco manuale: l’autofocus, nei casi in cui vuoi mettere a fuoco proprio quel minuscolo particolare, tipo i pistilli di un fiore, non sempre ci prende al primo colpo, devi comunque fare più scatti per essere sicuri di azzeccare il punto di fuoco esatto.



Con il fuoco manuale, che di solito utilizzo in queste occasioni, l’utilizzo del mirino elettronico rende altrettanto difficile la messa a fuoco, perché l’immagine è comunque fatta di pixel e talvolta ha delle dominanti di colore blu, oppure è troppo contrastata…insomma, non è facile come in una reflex. 
 Di contro, si può utilizzare lo strumento Zoom per aprire un piccolo particolare dell’immagine e mettere a fuoco proprio quello, cosa che in una reflex non si poteva fare, almeno nella mia, quindi una soluzione alternativa c’è. 
 Ho trovato molte difficoltà nell’autofocus in velocità: avendo un 40 mm, per cogliere un fiore piccolo come la lavanda ho necessità di avvicinarmi molto, e quindi gli insetti come le farfalle e le api scappano. 
Fotografarli in volo da vicino è veramente complicato, ma la colpa è stata mia, che ragiono come una vecchia reflex: la prossima volta chiuderò di più il diaframma per una profondità di campo maggiore e diminuirò il tempo di scatto, magari tirando sugli Iso (ho scattato sempre a 100 Iso). 



Insomma, ho fatto delle prove tanto per fare, ma il sole tropicale di mezzogiorno e 50 gradi di temperatura all’ombra magari possono spiegare un certo obnubilamento del cervello. Per quanto riguarda l’esposizione, tende leggermente a privilegiare i toni scuri, ma forse non è un male, meglio scavare nelle ombre che perdere dettagli nelle alte luci. 

Ha comunque un comodissimo comando di compensazione dell’esposizione proprio sopra il corpo macchina, se si vuole intervenire velocemente sull’esposizione. 
In generale, l’esposizione automatica riesce a fare una buona media tra luce e ombra, contando che non perdo i particolari né in ombra né in piena luce. La nitidezza, anche in ingrandimento, è buona, più nitide le immagini con il 40 millimetri rispetto allo zoom: tra l’altro, la visione nel mirino elettronico mi pare migliore con il fisso, meno bluastra, rispetto al 18-50. Chissà, con obiettivi di qualità migliore, forse anche la Zfc potrebbe migliorare di qualità. 

Risulta perfetta, invece, per il reportage di strada, la cosiddetta street photography. Anche qui, ho scattato qualche foto sotto un sole impietoso e di fretta. Diciamo che non mi risulta facile fare street photography, ma non perché non mi piaccia, anzi…è una innata timidezza, una ritrosia per cui colgo le immagini al volo, cercando di non disturbare e di non far arrabbiare nessuno. 
Un corpo macchina piccolo e un obiettivo minuscolo, in questo aiutano, perché si tende a passare più inosservati, rispetto ad un corpo macchina imponente con un teleobiettivo voluminoso. 



 Ho provato a fare un paio di video, che proprio non sono il mio campo, sto imparando da alcuni facili tutorial su Youtube, perché mi sembra un peccato avere una macchina che fa buoni video e non saperla utilizzare. Sono convinta che, nonostante un corso professionale e tanti libri letti, le nuove macchine abbiano delle potenzialità enormi, che io riesco a sperimentare solo in piccola parte. Comunque, la ricomprerei? Non avendo termini di paragone (mi piacerebbe compararla con una mirrorless Fuji, ad esempio), penso di sì: per la sua fascia di prezzo è un buon prodotto, leggera e maneggevole, probabilmente ci devo solo prendere la mano, i difetti si compensano con i pregi. 

 Comunque, ho capito una mirrorless non è una reflex, almeno per il momento.

2 commenti:

  1. Sono molto contenta di aver letto il tuo post! Mi spiace che tu abbia di nuovo preso il covid ! Le tue foto sono splendide ,ne ho salvate alcune! Un grattino affettuoso per i tuoi micetti!

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  2. Grazie per il tuo impegno nel rendere questo blog così istruttivo

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Pellegrino che ti aggiri per queste lande incantate, mi farebbe piacere una traccia del tuo passaggio...

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