I miei viandanti

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domenica 16 agosto 2015

Le antiche Miniere di rame del Predoi, Valle Aurina



E' passato un po' di tempo dal post sul Cadore, e siccome siamo a metà agosto, sicuramente siete tutti in vacanza, me compresa.

mercoledì 3 febbraio 2010

Ultimi ricordi dell'estate



Come ho già accennato, la vacanza della scorsa estate è stata bella, vi ho già fatto vedere un sacco di fotografie e raccontato in lungo e in largo le bellezze del Lago di Braies e della Val Pusteria, vi ho illustrato con dovizia di particolari le nostre scarpinate, le mie disavventure di cittadina pigra e desolatamente fuori forma, di quello che abbiamo mangiato, e tante altre cose ancora.





Questa è una delle ultime cose che ho da raccontarvi – coraggio, ho quasi finito – ed è la salita al Monte Specie (StrudelKopf, che purtroppo non ha niente a che vedere col famoso dolce) , nella Val di Landro, tra la Val Pusteria e il Cadore, siamo quindi quasi al confine col Veneto: una passeggiata piacevolissima, ad alta quota, con dei panorami veramente mozzafiato, e non molto difficile dal punto di vista tecnico.

Diciamo che è lunghetta, calcolate almeno tre ore, ma con salite agevoli, un paesaggio apertissimo, su prati rasati pieni di fiori…a me è piaciuta da morire, perché ho visto cose meravigliose con non moltissima fatica: reggo benissimo le scarpinate lunghe ma con poche salite, mentre a Luca piacciono quei sentieri terribili che si inerpicano ripidi e difficili, che magari non arrivano quasi a nulla però mettono a dura prova il suo fiato e i suoi muscoli.

Io, che non ho nè l’uno né gli altri, mi accontento di questi bei sentieri agevoli, anche se in ogni caso questi termini hanno ben altro significato rispetto ad una bella passeggiata a Via del Corso a guardar negozi…




Si arriva con la macchina fino all’albergo Prato Piazza, già a quota 1890 metri: bisogna andarci presto perché l’ultima parte della strada chiude alle 10 (e comunque si paga per salire con la macchina), e sono altri bei chilometri da fare con la navetta. Da qui inizia il sentiero, ampio, quasi un’autostrada, almeno fino al Rifugio Vallandro, 2040 metri (il puntolino che si vede sul sentiero, col maglione a righe, è mio marito, sempre un chilometro davanti a me).

Proprio davanti al rifugio c’è questo rudere molto affascinante: si tratta del Forte Prato Piazza, un fortino austroungarico costruito alla fine dell’ottocento. Durante la prima Guerra Mondiale era presieduto dalle truppe nemiche, che combattevano sulla linea di confine, contro quelle italiane appostate di fronte, sul Monte Cristallo. Tutta questa zona è stata teatro di lunghe e sfiancanti battaglie di trincea, come il Monte Piana, nelle vicinanze, un’altra passeggiata in quota che vi consiglio vivamente, se passate da queste parti.



Da qui si comincia a salire, ma davvero si tratta di un cammino da fare senza eccessivi sforzi. In montagna, ovviamente, si deve stare sempre attenti agli inconvenienti: in questo caso già dall’inizio abbiamo osservato preoccupati delle nuvolaglie plumbee che si addensavano minacciose all’orizzonte, e non promettevano nulla di buono, ma lo spettacolo era troppo emozionante per desistere.
Gambe in spalle, abbiamo cominciato a camminare velocemente, incontrando un altro fortino in abbandono.

Poi, proprio in mezzo al sentiero, un gruppo di mucche dall’aria bellicosa, che non volevano saperne di lasciarci passare. Non voglio passare per una mammoletta, ma vi assicuro che l’aria minacciosa con cui mi scrutavano non prometteva nulla di buono. Luca è andato a parlamentare con loro, cercando di convincerle con le buone maniere a far passare la donzella cittadina in preda al panico, ma è stato tutto inutile.



Non sono serviti neanche gli sghignazzi di mio marito, a convincermi a seguire il sentiero –d’altra parte non è stato mica lui, tempo fa, ad essere inseguito da una mucca impazzita. Ho bypassato elegantemente il gruppo di ruminanti poco simpatici e, sotto un cielo sempre più basso e scuro, eccoci ad un grande pianoro battuto dal vento, la sella di Monte Specie, da cui si gode di una visione a 360 gradi tra il Monte Cristallo e le Dolomiti del Veneto.




La meta ultima è la cosiddetta Croce dei Reduci, una vasta area pianeggiante a quota 2200 metri e, proprio dalla punta più alta, ecco in lontananza, immerse tra nuvole tenebrose, le Tre Cime di Lavaredo, imponenti, maestose, quasi un set naturale degno del Signore degli Anelli (il puntolino che indica tre con la mano è sempre mio marito, già arrivato in vetta).
Appena giunti alla meta, sbatacchiati da un vento impietoso e freddo, abbiamo fatto appena in tempo a tirare fuori i Kway che ha cominciato a piovere, quella pioggerella sottile ma insidiosa, gelida e crudele che si insinua sotto i vestiti e ti riduce un ghiacciolo privo di sensibilità.
La Croce si trova su un pianoro completamente esposto ai venti in tutte le direzioni, senza possibiltà di riparo alcuno. Non abbiamo avuto altra scelta che ripartire subito, prima che il fronte temporalesco si scatenasse sulle nostre teste.



Siamo scesi a grandi balzelloni sotto la furia degli elementi, verso il Rifugio Vallandro, avvoltolati dentro il nylon, con un freddo polare che a Roma solo in gennaio: in origine il programma era di mangiare i nostri buoni panini con formaggio di malga sul prato, ammirando il panorama, ma ovviamente non è stato assolutamente possibile.

Ci siamo quindi rifugiati nel Rifugio (da qui il nome), infreddoliti e stanchi, annusando speranzosi i buoni odori della cucina.

Al rifugio Vallandro la cucina è semplice e casareccia, ma vi assicuro il bel piatto di patate al forno tagliate tonde (sottili, croccanti e saporite) con l’uovo abbrustolito sopra, assieme al pane scuro, dentro una saletta foderata di legno, al calduccio, al coperto, mentre fuori imperversava la pioggia, è stata una delle esperienze più piacevoli della vacanza.




E proprio qui, indecisa tra vari dolci tradizionali, ho assaggiato la Torta al Grano saraceno, che vi ho già proposto tempo fa.




Questa è una versione alternativa, sicuramente più leggera ma meno goduriosa di quella ufficiale: ho fatto un impasto con olio e yogurt.
Il risultato è stato meno dolce e meno pastoso della versione precedente, sicuramente più buona e profumata, ma mooooolto molto più calorica.
Potrebbe essere assimilato ad un pandolce, sostanzioso, morbido ma non troppo. Rispetto all'originale non c'è il burro e neanche la frutta secca.




Torta al Grano saraceno e Marmellata di Mirtilli Neri (versione light)


180 grammi farina grano saraceno
120 grammi farina 00
125 grammi zucchero
3 uova
1 yogurt compatto
Mezzo bicchiere scarso di olio evo
1 bustina di lievito
2 cucchiai di liquore

Montare i Tuorli con zucchero, fino a renderli gonfi e spumosi. Aggiungere lo yogurt, l'olio, il liquore.

Mescolare accuratamente le due farine col lievito, quindi aggiungere poco alla volta all'impasto.

Montare le chiare a neve con un pizzico di sale, ad amalgamarle delicatamente al resto.

Versare l'impasto in una teglia 24 centimetri con cerniera.

Una volta fredda tagliarla a metà, farcirla colla marmellata, richiuderla e spolverarla di zucchero a velo.

venerdì 13 novembre 2009

Ricordi di un'estate ormai lontana



I colori dell'estate sono squillanti, carichi, corolle lussureggianti e carnose, così diversi dai colori caldi ma più spenti dell'autunno (a meno di non essere in Canada o posti simili)...queste immagini sono state prese nel paesino di San Candido, in Val Pusteria, dove ogni angolo è un pezzetto di paradiso, sia che si tratti di aiuole curatissime che di giardini più disordinati, in cui fiori di tutti i colori e le altezze crescono in maniera selvaggia, sembrerebbe, ed invece sono anche loro frutto di una cura costante e amorevole: e così gli imponenti girasoli si stagliano accanto a gerani, lupini, margherite, dalie, cespugli di lamponi, rudbeckia e convolvoli, in una allegra e sfarzosa tavolozza di sfumature.











Mi immagino le sfumature che quei paesaggi acquistano in autunno, e ancora più in inverno, quando il bianco candido della neve copre il verde scuro delle conifere e questi paesi si rivestono di luci e decorazioni natalizie, ed ho sempre più voglia di scoprirli in questa veste invernale. Per ora mi accontento di riguardare queste immagini estive...











Il Trentino è una regione ricchissima anche dal punto di vista gastronomico, così particolare per i suoi prodotti locali e per i dolci, come la Torta di Grano Saraceno, che ho assaggiato quest'anno per la prima volta, al Rifugio Monte Sant'Elmo (vi posterò le foto un'altra volta), a 200 metri di altezza, sotto una pioggia battente e un clima invernale.
A Roma non è facile trovare questa farina, ma nei supermercati locali se ne trova in abbondanza, ed allora sono tornata con questa e con la farina di segala, che però ancora devo usare (il pane di segala che fanno lì è spettacolare, soprattutto mangiato a colazione, spalmato con marmellata di mirtilli o di ribes).







Ho comprato anche un libriccino delizioso di ricette locali, prima o poi mi decido a fare qualche specialità.

Ho provato a farne due versioni, questa è la prima, più tradizionale diciamo: nell'impasto ci sono mandorle, pinoli e noci tritate. La marmellata non è di ribes rosso ma di mirtilli neri perchè non l'ho trovata, ma il sapore asprignolo si sposa benissimo con questo impasto particolare. La seconda versione è più leggera, con l'olio al posto del burro, e anche leggermente meno dolce.

Ho visto diverse ricette tradizionali in rete, tipo questa meravigliosa di Fiordifrolla e di Deliziando oppure quella di Cucina di Stagione: insomma, c'era solo l'imbarazzo della scelta.

Alla fine fatto un mix di tutte le ricette, ho cambiato leggermente le dosi, diminuendo le uova e aumentando sia la farina che la frutta secca, sempre perchè non mi piacciono i dolci troppo carichi...sono sicura che quella che ho mangiato al Rifugio era molto più ricca di burro, ma ho preferito attenermi ad una versione più leggera, anche se forse meno saporita e umida.




Per una teglia da 24 o da 26 centimetri ( in quella da 24 viene alta e si taglia meglio, ma forse in quella da 26 verrebbe più buona), meglio se con cerniera:

4 uova
200 farina di grano saraceno
100 farina 00
200 grammi di frutta secca (mandorle, nocciole, pinoli)
100 grammi di burro
200 grammi di zucchero
1 tazzina da caffè di latte
1 bustina di lievito

350 grammi circa di marmella di mirtilli neri

Frullare nel frullatore la frutta secca assieme ad un cucchiaio di zucchero, fino a polverizzarla.
Battere le uova intere con lo zucchero, quindi aggiungere il burro sciolto.

Mescolare le due farine assieme al lievito.

Aggiungere il latteall'impasto, quindi aggiungere la farina di frutta secca, e quindi le due farine mescolate.

Versate l'impasto nella teglia ed infornarlo a 180 gradi sul secondo ripiano dal basso, per circa 45 minuti.

Sformarla e lasciarla raffreddare.

Tagliarla a metà e farcirla con un consistente strato di marmellata, quindi coprirla e spolverizzarla di zucchero a velo.

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