O di giallo, come si dice da noi.
E’ recentissimo uno dei casi editoriali più eclatanti degli ultimi anni, lo svedese Stieg Larsson, che è esploso con la sua trilogia Millennium, famosissima anche grazie al passaparola.
Ma non è un fenomeno dell’ultima ora, in realtà sono diversi anni che si stanno affacciando alla ribalta diversi giallisti scandinavi: l’apripista è stato Peter Hoeg, che nel lontano 1992 pubblicò un altro caso letterario, Il senso di Smilla per la Neve.
Un giallo insolito, ambientato in una Copenhagen invernale, solitaria e oscura, che vede come protagonista la giovane groenlandese Smilla, mezzosangue eschimese dal passato inquieto ed instabile e dal presente incerto.
Smilla assiste alla morte misteriosa del suo piccolo amico Esajas, uno degli abitanti del moderno quartiere le Cellule Bianche, un assemblaggio di casermoni di cemento bianco affacciati sul porto di Copenhagen. Un posto costoso ma abbastanza squallido, abitato da personaggi incolori, tutti persi nelle loro piccole solitudini, ma con la vita piena di piccoli e grandi segreti, e cose non dette.
Il piccolo Esajas ha una madre alcolista, Juliane, donna fragile e insicura, troppo presa dai suoi problemi per occuparsi di lui: il piccolo si aggrappa a Smilla e ad un altro abitante del palazzo, il meccanico, uomo mite e tranquillo, solido e silenzioso, che invece nasconde anche lui segreti inquietanti.
Quando Esajas cade dal tetto del palazzo, Smilla è l’unica a non essere convinta della dinamica degli accadimenti.
La ragazza, infatti, conosce la fobia del bambino per l’altezza e, grazie al suo sesto senso per la neve (gli eschimesi hanno dieci modi diversi per definirla), non è convinta delle tracce lasciate dalla folle corsa del bambino, sulla neve intatta del tetto.
“Sono venuti in molti, forse venti, e ora si lasciano inondare dal dolore come da un fiume nero, nel quale si immergono e dal quale si fanno trascinare in un modo che nessun altro può capire, nessuno che non sia nato in Groenlandia. E forse neanche questo è sufficiente. Perché neanche io sono con loro.
Per la prima volta guardo davvero la cassa. E’ esagonale. In un certo stadio i cristalli di ghiaccio hanno quella forma.
Ora la calano nella terra. La cassa è di legno scuro, sembra così piccola, ed è già coperta da uno strato di neve. I fiocchi sono come piccole piume, e la neve è così, non necessariamente fredda. Ciò che avviene in questo istante è che il cielo piange su Esajas, e le lacrime si trasformano in piume di ghiaccio che si posano su di lui. E’ l’universo che in questo modo gli stende sopra una trapunta affinchè lui non debba mai più aver freddo.”
(Edizione Oscar Mondandori, 2005)
Smilla è un personaggio particolare, irrequieto, una mezzosangue che non si ritrova tra i nativi groelandesi, da cui è stata staccata da bambina, ma è destinata comunque ai margini della società danese per la sua diversità, per la sua formazione scolastica, per la sua infanzia tra i ghiacci, che non le permetteranno mai di inserirsi completamente in una cultura apparentemente tollerante e tranquilla, dove invece si nasconde una sottile vena di razzismo e intolleranza verso le minoranze etniche.
Dal libro è stato tratto un film, che insiste molto sulla parte meno interessante del libro, quella del complotto per nascondere il segreto che si cela sotto la calotta polare, cioè la causa della morte del bambino : se avete visto il film, sappiate che le atmosfere del libro sono tutt’altro.
Per quanto riguarda Millennium, ho cominciato a leggere il primo volume proprio avendo sentito i commenti di alcuni amici, e devo ammettere che il romanzo, come si suol dire, acchiappa davvero.
Sono rimasta incollata alle pagine per un paio di giorni, come stregata, fino a che non l’ho finito.
Bella e fascinosa l’ambientazione, in una villa lussuosa sperduta nelle innevate foreste svedesi, nel freddo inverno nordico, in questa famiglia ricca che, dietro un’immagine patinata, nasconde oscuri segreti e delitti inconfessabili.
Ben tratteggiati i personaggi, primo fra tutti il giornalista indipendente Mikael Blomkvist ma soprattutto lei, Lisbeth Salander, giovane hacker dal passato tragico, disadattata ma combattiva, solitaria e scontrosa, vendicativa e diffidente, ma anche intelligente e coraggiosa. Un personaggio dalle molte sfaccettature, la cui complessità si accentua nei volumi successivi, disvelando man mano un passato sempre più nero e sempre più disperato.
Dal primo volume è subito stato tratto un film, di qualità non eccelsa ma abbastanza onesto, quantomeno dignitoso: essendo stato progettato prima del successo planetario del libro, nessuna megaproduzione hollywoodiana, stile Codice da Vinci o Angeli e Demoni: si tratta di una produzione svedese, con attori a noi sconosciuti.
Tutti più o meno azzeccati, comunque, soprattutto Lisbeth: l’attrice ha dovuto convincere, a suon di bravura, i migliaia di fan dell’hacker, che immaginavano la loro eroina più piccola e gracile, e soprattutto più giovane…invece se l’è cavata benissimo, con la sua recitazione ruvida ed espressiva: penso che ormai, nell’immaginario collettivo, Lisbeth Salander abbia ormai il corpo nervoso e gli occhi neri e profondi di Noomi Rapace.
Sono già stati girati i due capitoli successivi che, pare, usciranno in autunno e in primavera.
Speriamo che Hollywood non pensi di girarci un colossal, magari girato da Ron Howard, con Tom Cruise nei panni di Blomkvist e magari Angelina Jolie in quelli di Lisbeth, sarebbero capaci anche di questo.
So di attirarmi le ire dei fans di Larsson, ma il secondo e terzo volume non mi sono sembrati assolutamente all’altezza del primo, almeno secondo la mia opinione.
Nulla da dire sui personaggi e sulla loro storia personale e sulla definizione del loro carattere: finalmente nel terzo capitolo conosciamo tutta la storia di Lisbeth e i motivi che l’hanno portata ad essere quella che è, forse la cosa più interessante di tutta la narrazione.
Innanzi tutto, devo sottolineare una certa prolissità soprattutto nell’inizio di ambedue i romanzi: la storia stenta a prendere l’avvio, rigirando su stessa in maniera inconcludente per due o trecento pagine, abbastanza inutili ai fini dell’intreccio narrativo, anche se godibili da leggere in ogni caso.
E poi, più che verso il giallo, comincia a virare decisamente verso una spy story dai risvolti piuttosto inverosimili: servizi segreti russi, terrorismo, controspionaggio, una specie di cellula impazzita di agenti dei servizi deviati che copre malefatte e malfattori, uccide e corrompe.
Con scene ai limiti di Alias o Lara Croft, come quando (alla fine del secondo volume) Lisbeth riesce ad uscire dalla sepoltura sotto terra con una pallottola in testa, a raggiungere il malefico padre e a conficcargli un’ascia in testa, ma andiamo…
Insomma, siamo più dalle parti di Tom Clancy che di Agatha Christie, purtroppo: io sono un’appassionata giallista, ne faccio collezione da vent’anni, ma non ho mai amato il thriller americano, il poliziesco in senso stretto oppure il genere spionistico. Preferisco il solido giallo psicologico, quello all’inglese, stile John Dickson Carr, dove si deve scavare nella testa dei personaggi e nella loro storia, per trovare la verità: c’è una parte oscura in ognuno di noi, soprattutto in persone dall’apparenza irreprensibile, ed è proprio questa dualità che viene alla luce e rompe gli schemi abituali, consolidati: il male irrompe nella quotidianità facendo saltare tutti i parametri, e la ricostruzione dei motivi per cui succede è la cosa più interessante di un giallo.
Lo scrittore è morto prima di godere dei frutti del suo successo, e la trilogia probabilmente si fermerà lì, sempre che qualcuno non decida (per ragioni puramente commerciali) di sfruttare il filone e i personaggi in altra maniera.
Il finale del terzo volume è stato lasciato aperto ad ulteriori sviluppi, sicuramente in maniera intenzionale: probabilmente Larsson aveva intenzione di far entrare in scena la sorella gemella di Lisbeth, Camille, che è stata nominata per tutto il libro ma non è ancora comparsa tra i personaggi reali.
Sembra che Larsson avesse cominciato a lavorare al quarto e quinto volume, chissà che non ci metta le mani qualcun altro per terminarli, in maniera da concludere la saga in qualche modo.
Un altro giallista anche lui svedese, Henning Mankell è l’inventore del Commissario Wallander, edito da Marsilio: stavolta ancora non ho letto nessuno dei libri ma provvederò quanto prima.
Dalla serie di romanzi con protagonista Kurt Wallander è stata tratto prima una fiction svedese, andata in onda su Rete4 senza molto successo, e poi recentemente è stata ripresa dalla BBC, che ha girato tre episodi pilota con uno strepitoso e stropicciato Kenneth Branagh, uno degli attori più ispirati e profondi della scena inglese e non solo (adoro Kenneth Branagh, se non s’era capito).
Stanno andando in onda su Sky, proprio in questi giorni, e se ne stanno girando gli episodi successivi.
Ho visto Wallander principalmente per la sua presenza, avendo amato moltissimo le sue superbe interpretazioni Shakespeariane, visto che si tratta di un attore che riesce a tenerti incollato al televisore per quattro ore con il suo Hamlet in versione integrale: se ve lo siete perso, correte ad affittare il DVD e accomodatevi perbene sul divano, perché non riuscirete ad alzarvi prima della fine.
Sottolineo subito che sono dei film televisivi ma ad alto livello, con una fotografia molto bella e atmosfere rarefatte, dai colori particolari, freddi, molto nordici.
Non sono, come si può pensare, dei film di azione, assolutamente no: anzi, l’andatura narrativa è piuttosto lenta, la recitazione, dai lunghi silenzi, è più espressiva che dialettica, la trama non particolarmente complessa, tutto sommato non mi sono dispiaciuti per niente, anzi, sono curiosa di vedere sia la serie originale, quella svedese, che di leggere i libri di Mankell.
Insomma, pare proprio che questi scandinavi abbiano imbroccato il filone giusto…
Molto interessante questo excursus sulla letteratura scandinava!
RispondiEliminaCome te, prediligo il giallo psicologico, mentre il genere spionaggio-azione-sparatorie non mi piace molto.
Mi ha veramente incuriosita la descrizione che hai fatto de "Il senso di Smilla per la neve". Ho visto il film e non mi ha convinta (l'ho trovato piuttosto noioso), però se dici che il libro è tutt'altra cosa mi fai venire voglia di leggerlo!
Infatti il film non mi è piaciuto affatto, mentre le atmosfere che lo scrittore descrive sono molto belle, pare proprio di essere lì...
RispondiEliminaHo letto il tuo post con molto interesse, in particolare la descrizione critica de "Il senso di Smilla per la neve": complimenti per la tua capacità di sintesi.
RispondiEliminaAvevo visto il film qualche anno fa ma, dopo l'interesse iniziale, mi aveva un po'deluso (troppo lento e poco comprensibile nella seconda parte). Perciò seguirò il tuo consiglio e leggerò senz'altro il libro. Adoro le storie un po' intricate e misteriose!!!!
Anch'io adoro il giallo e, dopo avendone letti un migliaio, sono diventata abbastanza critica
RispondiElimina;-)
Insomma, non è facile accontentarmi, ma questi ultimi mi sono davvero piaciuti...
difficile che le trasposizioni cinematografiche corrispondano a quanto scritto dall'autore del libro, forse quella che ho trovato abbastanza "vicina " è Il nome della rosa di Eco, o forse mi sono lasciata fuorviare dalla mia passione per Sean _Connery....ma !? comunque ho ritrovato le atmosfere del libro, le altre , compreso il senso di Smilla p.l.n.mi hanno tutte deluso. ciao Reby
RispondiEliminainteressante davvero,le tue analisi e descrizioni mi piacciono moltissimo ;)
RispondiEliminaAvevo completamente dimenticato "il senso di Smilla per la neve" e a dire la verità il film l'avevo trovato troppo lento. I libri sicuramente sono più interessanti e, in particolare, riescono a descrivere aspetti e a trasmettere emozioni difficili da riprodurre con un film. Secondo me, trovare un film che rappresenti a pieno il libro dal quale è stato tratto è un'impresa ardua, sono pochissimi quelli che ci riescono. Ricordo Jane Eyre di Zeffirelli molto simile al libro. Comunque complimenti per la sintesi fatta.... credo che anch'io seguirò il tuo consiglio! CIAO
RispondiElimina@ Marianna: io ho letto il libro e mi era piaciuto moltissimo, il film l'ho guardato distrattamente in tv, e non mi era piaciuto affatto, veramente banale...
RispondiEliminaGrazie, Mirti!!!
@ Rebecca: io ho adorato sia il libro che il film, veramente ben fatto anche se, ovviamente, tutta la parte filosofica e storica del libro (che puoi capire solo se hai studiato bene filosofia, tra l'altro), si perde completamente...però mi sono piaciuti anche Dracula di Coppola e Frankeinstein di Branagh (ancora lui)...però stiamo parlando di grandi autori e registi, non il primo che passa...