I miei viandanti

lunedì 30 luglio 2018

Letture estive e vecchie biblioteche polverose

Quando hai passato tanto tempo impegnata in mille cosi, impari a gestire le giornate al millimetro, cercando di farci entrare tutto: lavoro, studio, esami, casa, spesa e così via, e spesso non rimane che poco o niente tempo per il resto, come incontrare un'amica per il caffè, andare a vedere un film al cinema, leggere un libro.
                                               


Quest'anno mi è mancato il tempo per fare tutto il resto, e anche le mie letture si sono arenate, visto perché ho passato dieci ore al giorno sui libri di studio e i miei occhi, a fine giornata, chiedevano pietà.
Ora che ho concluso tutto, ora che i miei  intensi impegni, da un giorno all'altro sono arrivati al termine, mi aggiro per le stanze di casa ancora in preda all'adrenalina, difficile da smaltire in così poco tempo: devo fare, devo uscire, devo mettere a posto, devo...in realtà, adesso non devo fare proprio niente, oltre che godermi le meritate vacanze, per cui potrei gestire il mio tempo come voglio, e passare le mie giornate sdraiata a fare niente sul divano, se non fosse per il mio carattere piuttosto iperattivo e la mente sempre in movimento.
Ho ripreso a fare lunghe passeggiate, anche se una storta alla caviglia non mi rende semplice farlo, ma la volontà indomita è più forte del dolore; ho rifatto la tessera della biblioteca, e ieri ho fatto una piccola scorta di libri in libreria, le mie letture per l'estate da portare in vacanza.

Ultimamente, cerco di comprare poco, e leggere a sbafo i libri delle ben fornite biblioteche romane: servizio utilissimo e sconosciuto ai più, come ho scoperto l'anno scorso al liceo, con mio sommo rammarico, visto che la maggior parte degli studenti non ne avevano mai sentito parlare.
Per me non c'è ebook che tenga (quelli li uso principalmente per studio), niente potrà eguagliare la sensazione meravigliosa di tornare a casa trionfante con una busta di libri, di sentire il fruscio delle pagine intonse, di trovare il posticino giusto al nuovo arrivato (gli scaffali di arte, quelli di archeologia, quelli dei romanzi storici, narrativa generica, libri di psicologia, storia, filosofia: ogni libro ha il suo posto, altrimenti non li ritroverei più), potermeli rileggere ogni volta che voglio, rimirare tutte le mie collezioni monografiche (tutto Murakami, tutta Fred Vargas, tutto Dickson Carr etcc...).


Solo che, spesso, ho comprato libri sconosciuti, attratta dalla copertina briosa e talvolta dalle promozioni, per poi ritrovarmi a sbadigliare sulle pagine di storie banali, scontate, scritte in maniera noiosa, qualche volta stampati anche da case editrici da cui ti aspetteresti qualcosa di più che un Harmony travestito da romanzo cool (vedi editore Feltrinelli).
E quindi, a scanso fregature, spesso prendo in prestito il romanzo (con il PIM, prestito interbibliotecario, si può far arrivare il romanzo desiderato presso la propria biblioteca di riferimento, da qualsiasi biblioteca della città sia collocato) poi, se merita e decido che ne vale la pena, lo compro.
Se mi interessa un autore, vado sul catalogo online, vedo in quale biblioteca è, lo vado a prendere oppure me lo faccio arrivare: alcune volte, come nel caso di Murakami e Mankell, ho letto i primi in biblioteca e poi ho cominciato a comprarmeli in libreria.

Sarà che, per me, la biblioteca è stata una scoperta fatta in giovanissima età, un luogo in cui passavo pomeriggi interi a curiosare tra i vecchi scaffali polverosi, emergendo dalle oscure stanze con un prezioso bottino, che durava solo pochi giorni.
La prima volta che sono entrata in una biblioteca avevo all'incirca quattordici anni, forse al primo anno delle superiori: mi ci portò mia madre, e mi fece fare la tessera (io non potevo, non avevo ancora la carta di identità). Mi ricordo benissimo quel pomeriggio: la biblioteca era quella di Via Marmorata, purtroppo non più esistente, scomparsa  come la Fontana delle Anfore dell'adiacente Piazza dell'Emporio, ora trasferita in Piazza Testaccio: un elaborato cancello in un palazzo art Decò, all'inizio di questa antica via del popolare quartiere ottocentesco di Testaccio:  un cortile ombroso, le scalette di pietra grigia che davano in  questo ambiente dal fascino retrò, una grande stanza con i tavoli di legno (dove avrei passato numerosi pomeriggio, negli anni a venire), due  altre stanze molto buie, colme di scaffali di metallo grigio, la stanza della narrativa per ragazzi.
Insomma, per me la bottega delle meraviglie.



Il prestito massimo era di quattro libri, il tempo un mese, ma io li leggevo in un baleno, e quindi ci tornavo spesso, a piedi, da sola: da Trastevere dovevo solo passare il ponte, un tragitto di circa una ventina di minuti, da casa mia.
All'epoca, ogni utente aveva la sua scheda, su cui venivano segnati i libri, ed io ero molto fiera della lunga lista sulla mia, che si allungava sempre di  più.
Sono sempre stata una lettrice vorace e curiosa: mi aggiravo per ore tra gli scaffali (lo faccio anche adesso), con il naso ficcato tra le scansie, il torcicollo a furia di leggere i titoli messi di traverso; tiravo fuori libri, per guardare l'immagine di copertina e leggere il riassunto, poi li rimettevo dentro, e continuavo con quello successivo: solo dopo attenta e lunga meditazione arrivavo alla scelta.

Curioso il fatto che mi faccia spesso condizionare dalla stampa, dalla carta, dalla copertina, dal carattere: ad esempio, detesto i libri con la carta patinata, a meno che non siano libri con immagini. Mi ricordo, una volta cercavo disperatamente un romanzo sulla Provenza: alla fine lo trovai da Feltrinelli, presi in mano questa edizione poco accattivante, le pagine spesse, lucide, brutte da leggere...e non lo comprai.
Quando frequentavo questa  storica biblioteca, moltissime erano le vecchie edizioni degli anni Cinquanta e Sessanta, scarse le pubblicazioni più recenti. Tra le mie preferite di quegli anni,  una collezione Dumas, il responsabile insieme a Lady Oscar della mia passione per la storia francese,  una serie di volumetti dalle pagine tutte ingiallite e le illustrazioni ad incisione, e un Arsenio Lupin edizione Sonzogno degli anni Sessanta, letti tutti di seguito in poco tempo. I romanzi di Leblanc sembrano un po' datati e con una prosa un po' enfatica,  riletti adesso, però Il segreto della guglia rimane comunque uno dei miei libri preferiti, per l'intreccio e la costruzione del mistero per niente banali.
Poco dopo scoprii i gialli di Ellery Queen, e da lì è nata la passione per il mistery e il giallo classico, che ancora non accenna a sparire, anche se sto diventando sempre più selettiva, perché la fuffa è tanta, soprattutto sull'onda del giallo nordico, da qualche anno tanto di moda.




Negli anni ho letto un po' di tutto, anche se alla fine le mie preferenze si sono assestate su alcuni generi, e mi sono del tutto disamorata di altri. Ad esempio, detesto cordialmente la cosiddetta narrativa rosa, i romanzi d'amore: non è questione di snobismo, ammetto con vergogna che negli anni 80 ero un'assidua lettrice dei romanzetti sentimentali della linea Rose Blu (Fabbri editori), volumetti smilzi che mia madre comprava a carrettate. Costavano £ 1000, la trama era più o meno sempre la stessa: c'era   una ragazza un po' sfigata e poverella ma carina e combattiva, un lui se non bello, almeno affascinante, se non affascinante almeno  ricco o di successo, o comunque figo in qualche modo, il tutto sempre condito da un pessimo carattere e un bel pizzico di arroganza.

Le variazioni più significative erano quelle dell'ambientazione: le storie potevano essere ambientate nel presente oppure  nell'Ottocento, per lo più inglese, e lì la trama si arricchiva di  quadriglie, carrozze e ventagli, per rendere un po' più romantico e suggestivo il tutto.
Insomma, il classico romanzo rosa, in cui  dopo una serie di palpitazioni, litigi, baci e dispetti, alla fine lui le rivela di essere innamorato pazzo di lei e di volerla impalmare sull'altare, il che per lei è un po' come vincere un terno al lotto, in un colpo solo il tipo figo con annesso patrimonio. Che sembrerebbe un po' la trama di 50 sfumature ma senza sesso,  i libri anni 80 era più castigati, e oltre al primo bacio non si andava mai: Ragazza In e Cioè, i giornali che noi tutti adolescenti compravamo, erano più spinti, per dire.

Allego la foto dell'ultimo superstite della collezione, tanto per testimoniare che abbiamo tutti degli scheletri nell'armadio (questo comunque era uno dei più decenti, l'ho conservato per questo).



Li ritengo responsabili della circonvenzione di incapace e plagio di un'intera generazione di sospirose fanciulle, avide lettrici di questi polpettoni, me compresa, cresciute con la convinzione che l'amore è bello se non è litigarello e del fatto che alla fine,  comunque, sarebbe arrivato un principe azzurro a portarci via da una realtà noiosa e banale, come quella in cui vivevamo tutte  noi adolescenti degli anni Ottanta.
Inutile dire che, con gli anni, abbiamo scoperto non solo che il principe azzurro non esiste, ma che non c'è cosa peggiore di un uomo umorale, arrogante, dispettoso e pure un po' bipolare, fosse pure affascinante e ricco, come ce lo propinavano in quei romanzetti un po' scemi.

Forse sono diventata cinica con gli anni, non so, oppure sono reduce da un'overdose di zucchero filato dei romanzetti di cui sopra, ma da tempo i romanzi d'amore mi annoiano mortalmente, anche quelli di livelli superiore a Rose Blu o Harmony:  a meno che non siano dei grandi classici e che abbiano una fine triste tristissima, magari in cui muore malamente uno dei due,sul genere di Anna Karenina, insomma.

Tutto questo preambolo per arrivare agli acquisti di questa estate: uno dei miei film preferiti è The enchanted aprile, Un incantevole aprile: sapevo che era stato tratto da un romanzo, ma ancora non avevo avuto occasione di leggerlo. Film delizioso, attrici in stato di grazia, uno di quei film inglesi che non smetto mai di rivedere.
Un altro è Camera con Vista, tratto da un bellissimo romanzo di E. M. Forster: non è sempre facile ricavare un film che rispetti in pieno la trama e lo spirito del libro, in questo caso James Ivory ha fatto davvero un ottimo lavoro.


Casualmente, su Facebook ho notato una bella copertina dai colori forti, un romanzo appena uscito di Elizabeth Von Arnim, nome che mi riusciva noto per qualche ragione. Infatti, dopo un veloce approfondimento, ho coperto trattarsi dell'autrice di Un incantevole aprile. La Bollati Boringhieri ha da poco ripubblicato tutti i suoi romanzi, in una veste grafica davvero accattivante: in copertina ha messo degli splendidi quadri di pittori contemporanei, tra cui Mario Puppo e Isaac Maimon.

I libri di questa scrittrice britannica (1866-1941) dalla vita affascinante e intensa, sono disponibili anche in molte biblioteche romane, ma stavolta ho azzardato, e ne ho comprati tre, ma con l'intenzione di ampliare la collezione.



Questi sopra  sono quelli che ho comprato, ma ero veramente indecisa perché mi attiravano tutti: penso sia l'inizio di una nuova collezione.
Ho immediatamente cominciato il primo, Un incantevole aprile, sperando di ritrovare la grazia, lo spirito e l'ironia che mi avevano colpito nel film, e infatti ci sono tutti, più un pizzico di introspezione psicologica che nel libro è più evidente.
Ho un debole per le scrittrici donne, sono quelle che sento più vicine.


 La mia scrittrice preferita in assoluto, la scozzese Mary Stewart, è l'autrice di La Foresta Incantata, da cui ho preso il nome del blog; un'altra è l'inglese Daphne Du Maurier, l'autrice di Rebecca e La casa sull'estuario.
Colgo qualcosa in comune in tutte e tre, forse per il fatto di non essere scrittrici moderne: un tipo di fraseggio più complesso e un uso delle parole più articolato rispetto ai romanzi moderni, un analisi psicologica e introspettiva molto sottile, ambientazioni molto suggestive e un pizzico di mistero sono gli ingredienti dei loro romanzi, letti talmente tante volte da consumare le pagine e sbiadire le copertine.

E le vostre letture estive, come vi siete organizzati?

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Pellegrino che ti aggiri per queste lande incantate, mi farebbe piacere una traccia del tuo passaggio...

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