Tanto, tantissimo tempo. E non valgono le scuse del tempo che manca, le giornate passate a correre tra un autobus e l’altro, la Dad, i tanti impegni rimandati, il Covid.
Forse tutto ha la sua evoluzione, e un blog ormai è una cosa sorpassata, morta, ridondante. Almeno, lo sembra, paragonato ai nuovi social che imperano: rapidi, veloci, istantanei. Già Facebook sembra un dinosauro, ci stanno solo quelli di mezza età (appunto), i vecchi compagni di scuola che si ritrovano, parenti e amici di vecchia data. I ragazzi, quelli stanno da un’altra parte. Forse anche Instagram, comincia a star loro stretto, il social che è diventato una vetrina usa e getta di fotografie bellissime di posti bellissimi, immagini talmente tanto perfette che ti chiedi quale attrezzatura abbiano, per fare foto belle così. E invece no, non è la stessa cosa scrivere sui social e sul proprio blog, perché scrivere è una cosa lenta, una riflessione, uno scavare nei proprio giorni e nei propri pensieri e cercare di metterli in una forma comprensibile per i (pochi) pellegrini di questa foresta. E anche leggere un post è una cosa che implica un tempo lento, un’attenzione a quello che si legge o che si guarda.