In questi giorni la grande novità commentata più o meno da tutti è stata, ovviamente , l’elezione di
Barack Obama.
La visione di quella folla oceanica che si emoziona per le parole di quell’ uomo giovane, uno che ha il coraggio di parlare a due milioni di persone e al mondo intero di “
duro lavoro e onestà,
coraggio e correttezza,
tolleranza e curiosità,
lealtà e patriottismo” credo che sia una cosa impensabile da noi. La maggior parte degli italiani solo alla prima frase
duro lavoro e onestà già inorridisce, oppure ridacchia pensando che siano cose da fessi.
Non so che tipo di gente voi frequentiate normalmente, ma è ovvio che di solito si è costretti ad uscire dalla cerchia delle persone che si è scelti, con cui più o meno si condividono opinioni e ideali, e confrontarsi con persone che la pensano in maniera diversa oppure, nella maggior parte dei casi, non pensano
affatto, accogliendo in maniera passiva e acritica quello che gli viene propinato nei tiggì e in generale dalla televisione, uno dei mezzi di circonvenzione più subdoli che abbiano mai inventato.
Anche su quest’elezione purtroppo, come in altre occasioni, ho sentito in giro una serie di commenti superficiali tipo: “
Ce l’hanno messo apposta perché tanto lo fanno fuori,” “
Non durerà molto” oppure: "
Ammazza quant’è brutta la moglie, assomiglia a Mike Tyson" (il fatto che abbia due lauree e sia un avvocato di successo è assolutamente ininfluente, ovvio), e così via.
Non so che tipo di giornali leggano questi individui (se li leggono, ovviamente), ma mi pare che la profondità delle conversazioni e delle argomentazioni sia del livello di quei giornaletti che regalano all’uscita delle metropolitane, quelli con la pubblicità che invade l’80 per cento della pagina e relega le notizie a poche righe scarne, direttamente prese dalle agenzie, senza uno straccio di commento, di partecipazione, di analisi critica.
Avrete notato sicuramente che la mattina la maggior parte di persone sull’autobus o sulla Metro ha in mano, quando va bene, questi micro giornali e nel peggiore dei casi quei
fogli rosa assolutamente inutili e noiosissimi che parlano solo di calcio. Così come il primo argomento che viene trattato, appena si arriva sul posto di lavoro, è l’ultima partita della Roma, come fosse l’unico argomento importante, irrinunciabile, e quando fai presente che non te ne potrebbe importare di meno perché tu il calcio lo
detesti in maniera viscerale e manderesti tutti i tifosi dritti filati in
un campo di rieducazione in Siberia, ti guardano come fossi una marziana, un tipo un po’ eccentrico che vive in un mondo tutto suo, il che probabilmente è pure vero.
La differenza tra noi e l’America credo che sia proprio questa: loro hanno comunque l’entusiasmo di una nazione giovane, che riesce a voltare pagina col passato, rimboccarsi le maniche e sognare un futuro migliore, e a sentirsi migliore. Emozionarsi per delle parole, per un’idea, avere anche l’ingenuità di crederci, è qualcosa che abbiamo dimenticato da un bel pezzo, purtroppo. Credo che l’ultima generazione che l’abbia fatto sia quella del '68, e anche lì non è che sia andata benissimo.
A sentire le nostre conversazioni pare proprio che il nostro sia un paese stanco, cinico, che non riesce più a sognare, ad entusiasmarsi di nulla, e neanche a vedersi migliore. La percezione di una società violenta, gretta, chiusa in sé stessa e profondamente egoista non l’ho mai sentita forte come adesso, forse perché in Italia è proprio nei momenti peggiori che escono fuori i nostri lati peggiori. Così, invece di rimboccarci le maniche e lavorare per un obiettivo comune, ci arrocchiamo ognuno nel proprio fortino, buttando la spazzatura nel giardino del vicino (e non solo metaforicamente) e divagando in conversazioni oziose magari sulla misura di reggiseno di quella del
Grande Fratello ( e qui potrei aprire un’altra grande parentesi ma ve la risparmio, perché già avete capito cosa ne penso).
Tante volte ascolto le persone attorno a me, e rifletto sul fatto che la maggior parte di quello che dicono è un festival di
luoghi comuni, di idee raggranellate qua e là, che vanno dal “
tanto è tutto inutile” ,“
tanto destra e sinistra sono tutti uguali “(ogni tanto verrebbe voglia di pensarlo anche a me, poi mi dico che no,
non è vero che sono tutti uguali, e per fortuna) a commenti superficiali su argomenti invece importanti, che meriterebbero ben altri approfondimenti, altre riflessioni; come quando si parla dei temi di questi giorni (vedi Eluana Englaro) o anche più generali, di dio, del razzismo, dell’eutanasia, dei gay e così via, e senti delle cose che ti fanno aggricciare la pelle, e ogni tanto ci provi a portare la conversazione su un tono un po’ meno superficiale, a rischio di sembrare saputa e barbosa, a far capire che non si possono liquidare delle questioni così difficili e complesse con un giudizio sbrigativo buttato lì così, in poche parole.
Poi alla fine decidi che è inutile, che stanno bene come stanno, che chi ha voglia di approfondire certi argomenti lo fa già perché ne sente l’esigenza, e chi non lo fa è perché non gliene può fregare di meno, e tanto peggio per lui.
E allora, alla fine, chi è più stanco e cinico dei due?