Siamo arrivati alla parte più lunga e più dolorosa della nostra narrazione.
Mi avete scritto in tanti, esprimendo apprezzamenti e curiosità per il prosieguo di questa vicenda. E' incredibile come accadimenti verificatisi più di cento anni fa riescano ancora ad interessare: evidentemente ci sono delle persone e delle storie che hanno un fascino immortale, che riescono ad emozionare, anche se i loro protagonisti ci hanno lasciato da tanto tempo.
Ma continuiamo il nostro racconto, che copre l'arco di un secolo, dal 1910 ai giorni nostri, comprendendo ben due guerre sanguinose, i periodi difficili della ricostruzione del nostro paese, morti e caduti il cui ricordo non ci abbandona, ancora oggi.
Quando i giovani studiano la nostra storia, sui libri di scuola, la studiano con distacco, come fosse una cosa lontana, che non li riguarda. Leggendo queste pagine scopriranno, forse, che la cosa li riguarda eccome, perchè sono i loro avi, i loro nonni, a non essere più tornati, e sono le loro donne, madri, figlie, sorelle, ad avere pianto e sofferto, ad essere andate coraggiosamente avanti.
Queste storie ci riguardano tutti, sarebbe bene non dimenticarlo mai.
La Grande Guerra
Matilde e Mario si sposarono attorno al 1909-1910, sicuramente dopo le ultime cartoline, quando lui venne finalmente trasferito a Roma. Non erano più giovanissimi, almeno, Matilde non lo era, avendo già 31 anni che, per una donna di quel tempo, era una bell'età.
La coppia, che abitava a San Giovanni, ebbe tre figlie femmine, nate a pochi anni di distanza l’una dall’altra: Carolina, chiamata in famiglia da tutti Carla, nacque nel 1911, nel 1913 nacque Renata, nel 1917 nacque la piccola Maria, in anni difficili, come possiamo immaginare.
In questa vecchia fotografia di quegli anni, si vede Carla e la piccola Renata, dall'aria un po' smunta e spaurita , reduce da una malattia: indossa una famosa collana che ritorna anche in altre fotografie, per esempio della cuginetta Marcella, l'unica figlia di Giulia, ma di cui si sono perse le tracce.
Dovremmo essere intorno al 1916-17, più o meno, a giudicare dall'età delle due bimbe. Anche questa immagine è stata scattata da un fotografo professionista: le due bambine sono vestite per l'occasione, grandi colletti di pizzo a rischiarare gli abitini scuri, calzette bianche e scarpe di vernice nera, la graziosa Carolina appoggiata sulla staccionata, in posa disinvolta, gli occhi azzurri come il padre che fissano, quasi sfrontati, l'obiettivo.
La vita doveva scorrere normalmente per la famiglia De Lazzaro quando, nel 1915, scoppiò la Grande Guerra: siamo abituati a vedere immagini e filmati della Seconda, ma gli storici concordano sul fatto che la Prima fu forse ancora più dura, cruenta e sfiancante, combattuta corpo a corpo nelle gelide trincee del nord, fra le montagne del Carso. Fu, inoltre, il primo conflitto che vide l'uso di armi devastanti come la mitragliatrice, i carri armati, gli aereoplani da combattimento.
Mario, ovviamente, partì subito per il fronte come tenente, non sappiamo verso quale destinazione, ma sicuramente verso il nord.
Stava per cominciare un massacro spietato, sul fronte austro-ungarico e su quello tedesco.
I caduti italiani, alla fine, furono quasi 700.000, con un milione di feriti e migliaia di madri e vedove a piangere i morti.
Gli anni di guerra furono lunghi e crudeli anche per Matilde, con due figlie piccole e poi in attesa della terza, senza il suo uomo accanto, sempre con l’incertezza della sorte dell’amato marito, aspettando giorno dopo giorno con ansia notizie dal fronte, e alle prese con il periodo di difficoltà economiche che attraversa un paese in guerra, i soldi che scarseggiavano, i razionamenti.
Verso la fine del 1918, dopo la battaglia del Piave, l'Impero Austro Ungarico capitolò, poi fu la volta della Germania.
Raccontano le cronache familiari che erano i primi giorni del novembre del 1918, l’armistizio era già stato firmato, la guerra era ormai finita. L'Italia aveva vinto, anche se al costo di centinaia di migliaia di morti e un paese ridotto allo stremo.
Mario, finalmente, sarebbe tornato a casa entro breve tempo, come tutti gli altri eroici combattenti sopravvissuti al massacro.
Fu un cecchino, a sparargli a tradimento, mentre era ad una finestra. Morte vigliacca, crudele, insensata.
Mario non tornò più.
Aveva appena 35 anni.
Fu sepolto nel Sacrario Militare del Verano, assieme agli altri militari caduti assieme a lui, dove riposa tuttora, da novant'anni.
Le Figlie di Matilde
Matilde, rimasta vedova ad appena 39 anni, si ritrovò sola con tre figlie piccole e una famiglia da mantenere. Può sembrare strano per noi, ma le signore di buona società non andavano a lavorare, anche se vedove, era la famiglia a prendersi carico di loro.
Tutti i parenti si strinsero attorno a lei, aiutandola a superare i difficili anni del dopo guerra, sostenendola economicamente e moralmente, in attesa della maggiore età delle figlie. L’amata sorella Giulia, sposata ad un medico, curò e sostenne tutta la famiglia, la sorella e le tre nipoti orfane.
Possiamo solo immaginare quante volte la giovane vedova abbia sfogliato il prezioso album, sempre più ingiallito e consunto, scorrendo assieme alle tre bambine quelle vecchie cartoline: la piccola Maria si divertiva a guardarle, affascinata da quelle figure, e a disegnarle con il pennino, i suoi scarabocchi infantili sono ancora visibili su molte delle fotografie.
La madre invece ripensava, guardandole, alle frasi d'amore e le poesie che Mario non le avrebbe più scritto, ai baci ardenti che non le avrebbe più dato.
Matilde non si risposò più.
Ma, come in tutte le storie sfortunate, la vita va avanti, lasciandosi dietro i morti e i rimpianti per quello che avrebbe potuto essere, e non è stato.
Le tre figlie crebbero, negli anni difficili del dopoguerra, diventando prima giovinette, poi adulte.
I tempi stavano cambiando, le nuove generazioni di donne cominciavano a studiare, ad uscire di casa, a lavorare. Matilde, pur con notevoli sacrifici, riuscì a far studiare tutte e tre le figlie, a farle diplomare il che, per l'epoca, non era poco, un periodo in cui l'alfabetizzazione media era piuttosto bassa, molte ragazze arrivavano appena alla quinta elementare, soprattutto nelle campagne.
Probabilmente Carla fu la prima donna della famiglia a diplomarsi: studiò da maestra, ma raccontava sempre, sorridendo, che si era diplomata troppo presto, era troppo giovane per avere una cattedra sua, dovette cominciare con le supplenze per poi passare di ruolo.
Carla fu forse la più particolare delle sorelle, donna colta e gentile, di aspetto elegante, la figura alta e sottile dal bel portamento, i liquidi occhi cerulei che contrastavano con i capelli bruni: da giovane portava lunghissime trecce, come si vede in queste fotografia di lei appena ventiduenne con la sorella Renata, di cui raccontava orgogliosa da anziana, quando ormai aveva i capelli bianchi, portati con garbo con le punte all’insù (Roma, 25 giugno 1933).
Curiosamente la giovane sposò, seguendo la tradizione di famiglia, un militare di carriera, con lo stesso nome del nonno, Vito (commentava come fosse una curiosa coincidenza, aver riformato la coppia Carolina-Vito ad una generazione di distanza da Carolina Galli-Vito Montelli), ed ebbe due figli maschi.
Anche Renata e Maria si diplomarono, ambedue trovarono un buon lavoro come segretarie, Renata in uno spolettificio e Maria un posto parastatale. Poco prima della guerra Renata sposò Fausto, perse il lavoro nello spolettificio che nel frattempo aveva chiuso, ed ebbe tre figlie femmine.
Maria si sposò più tardi delle sorelle, con Armando, ed ebbe due gemelli maschi.
Da queste suggestive immagini delle ragazze, si può ammirare la moda degli anni Trenta, gli anni della loro giovinezza: vestiti sinuosi, di linea scivolata, scollature elaborate; acconciature dai riccioli morbidi, le calze di seta a fasciare le gambe, cappello e borsa intonati (Renata, ottobre 1933)
Carla con la sorella Maria, quasi in posa da modella, con cappotti da collo di pelliccia e baschino sulle ventitre, inverno del 1934.
Sempre Renata, appena ventunenne, ricordo di una gita al lago di Nemi, era il 12 agosto 1934. E' evidente che gli insegnamenti della madre Matilde in fatto di eleganza ed inappuntabilità non erano andati perduti, anche se le gonne s'erano fatte più corte e le scollature più ardite...
In questa immagine scattata al mare, probabilmente Ostia, Renata sfoggia un ardito, almeno per l'epoca, costume da bagno all'ultima moda, con cintura bianca e sandali in tinta, un'eleganza marina che oggi ci fa sorridere, con una punta di malinconia. Chissà Matilde cosa ne pensava di questa moda così sfacciata, lei che aveva portato le gonne lunghe e, probabilmente, non avrebbe mai messo un costume da bagno, almeno non così sconveniente.
Le espressioni spensierate di queste fotografie non preannunciano la catastrofe che si profilava all'orizzonte: gli anni più duri della dittatura, le leggi razziali, e di nuovo una guerra spietata, di nuovo i mariti al fronte e la disperazione di chi resta a casa, ad aspettare una lettera, una notizia, un telegramma.
Fortunatamente, stavolta, tornarono tutti.
Gli ultimi anni
I tempi stavano cambiando davvero, una generazione completamente diversa si stava affacciando alla ribalta, sbarazzina, spensierata, lontana anni luce dalle difficoltà di quella precedente, e anche lontana da quella che sarebbe venuta dopo, quella ben più oscura e rivoluzionaria degli anni '70: un'ondata di gioventù fresca e moderna, ragazzi con la chitarra che cantavano Battisti e De Andrè e ragazze che indossavano pantaloni e guidavano la macchina.
I nipoti più grandi di Matilde, i figli di Carla e Renata, facevano parte di questa generazione, quella degli anni Sessanta.
Nelle lunghe estati passate nella villa a Velletri, con tutti i nipoti accanto, Matilde li vide crescere partecipando, anche se molto anziana, alla loro vita di adolescenti, e sopportando pazientemente il giradischi a tutto volume con quelle musiche così lontane da lei, pur di averli vicino.
Non è dato sapere cosa ne pensasse, lei che amava la musica classica e conosceva tutti libretti d'opera a memoria, ma era una donna curiosa, per certi versi anche moderna, pur se proveniente da un'altra epoca.
Matilde raggiunse il suo sposo nell’agosto del 1971, a 92 anni, dopo una vita lunga e ricca di affetti. E’ sepolta al Verano, nella stessa tomba del fratello Don Ignazio e non lontano dal suo amato marito, che l’aveva preceduta più di cinquant’anni prima.
Mi piace pensare che non l’abbia mai dimenticato, il suo Mario…lo testimonia la cura con cui tenne il suo bell’album di cartoline, per oltre mezzo secolo.
Erano altri tempi, altre passioni, amori che duravano una vita intera e anche oltre, travalicando i confini dello spazio e del tempo.
Il loro li ha travalicati, giungendo, prezioso e intatto, fino a noi.
Epilogo:
Come conosco tutte queste notizie è presto detto: i due giovani che ci guardano da questa fotografia, ancora all'inizio del loro viaggio, ignari dei loro destini, della sorte avversa che li avrebbe separati di lì a pochi anni, sono i miei bisnonni.
Questo vecchio cartoncino un po' scolorito ha, all'incirca, un secolo.
Cento anni ci separano da quell'attimo fuggente, eppure la loro storia è ancora dentro di noi, ci appartiene, perchè è grazie a loro che ora siamo qui a raccontarla.
Nel 1968, quando nacqui, la prima telefonata dalla clinica fu per Matilde, che aspettava trepidante la notizia della nascita della sua prima bisnipote, l’unica che conobbe.
La figlia Renata era mia nonna che ebbe anche lei, assieme al marito, un destino crudele. Nel 1973 morì di una malattia cardiaca, Fausto la seguì appena pochi mesi dopo, con un male incurabile al polmone, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di tutti quelli che ancora li ricordano.
Carla, la flessuosa ragazza dalle lunghe trecce brune, visse fino a 85 anni, avendoci lasciati nel 1996. Fino all’ultimo è stata la signora di sempre, dotata di grande eleganza e grande cuore.
E' a lei che debbo la maggior parte di notizie, date e fotografie, l'album di cartoline e i numerosi oggetti che appartennero a Matilde, come il portacalze, la floreale teiera Art Nouveau e il prezioso lino della trisnonna Carolina, risalente alla seconda metà dell'Ottocento, così come l'attestato e la medaglia del trisnonno Vito rinvenuto, casualmente, avvoltolato in una pezza di velluto grigio, tra i cimeli di famiglia: li donò a me tantissimi anni fa, sicura che li avrei conservati con cura e amore, e così è stato.
Della zia Carla conservo gelosamente anche delle ricette di dolci e crostate che appuntai nel mio ricettario più di due decenni fa, e la ricetta di una sua specialità, che io ancora chiamo il Gelato al caffè della zia Carla.
La piccola Maria, la bimba che scarabocchiava le cartoline del padre, l'ultima testimone di quel periodo leggendario, è un'arzilla signora di 92 anni: ha ancora un carattere solare, una mente lucida, dotata di umorismo e spirito arguto, come è sempre stata. Anche di Maria conservo una ricetta, un dolce che in famiglia viene chiamato, appunto, lo Zuccotto di zia Maria, un semifreddo con biscotti imbevuti di liquore, ricotta, canditi e gocce di cioccolato.
Le tradizioni familiari passano anche attraverso questi piccoli frammenti di quotidianità, tramandati di generazione in generazione e sembra che, per questa generazione, tocchi a me il compito di conservarli per quelle che verranno.
E questa è la storia.
Post Scriptum
Una vicenda romanzesca così appassionante avrebbe meritato, forse, ben altro luogo e ben altro narratore, ma tant'è...
Grazie ai discendenti di Matilde, che hanno letto e apprezzato questa ricostruzione, a metà tra storia e romanzo. Credo di aver aggiunto un tocco poetico qua e là, spero non me ne vogliano.
Queste pagine sono dedicate a loro, alle figlie di Matilde, nonna Renata, zia Maria, e soprattutto alla zia Carla, a cui devo non solo oggetti, fotografie, genealogie e notizie, che lei aveva conservato con cura amorevole per le generazioni successive, ma anche la passione per le storie familiari: sono sicura che le sarebbe piaciuto, che questa storia non cadesse nell'oblio. Mi premeva anche pubblicare l'inedito carteggio di cartoline, misconosciuto ai più, visto che è in mio possesso da oltre vent'anni, un peccato davvero che rimanesse lì, muto e inerte.
Questa rievocazione nasce principalmente da un’esigenza mia, di narrare in forma compiuta una storia che mi ha affascinato da sempre, quando ascoltavo incantata i racconti di mia madre e della zia Carla, racconti ed aneddoti che ho conservato nella memoria per tanto tempo, in attesa di farne qualcosa di bello. Ho scritto questa epopea familiare sotto la fascinazione potente dei miei ricordi, come il misterioso armadio con gli oggetti appartenuti a Don Ignazio, il sacerdote astronomo ed inventore: mi sono sempre chiesta cosa ci fosse dentro, e probabilmente non lo saprò mai.
Mia madre, fin da piccola, mi portava in visita ai parenti sepolti al Verano, bisnonni, zii, cugini anche lontani, tutti morti da moltissimo tempo, ma per ognuno c'era un fiore, e di tutti mi raccontava aneddoti e particolari: c'era la grande nonna Matilde, e il fratello Ignazio, il nonno Ermenegildo nel suo Sacrario di marmo bianco (non l'ha mai chiamato Mario, non so perchè), l'altro bisnonno Ferdinando e la zia Iole, il piccolo Bruno dai riccioli scuri e il viso paffuto, che era caduto da una finestra da bambino.
E per me non erano solo nomi, solo vecchie tombe dal marmo consunto, presenze di un'altra epoca che ti guardavano da piccole fotografie scolorite: erano persone che avevano vissuto, che erano parte della mia storia, erano persone di famiglia (questa inquietante passione per le tombe e per i cimiteri mi è rimasta, tra l'altro).
Compito dello storico è analizzare le fonti ed i documenti, ricostruire i fatti, fare delle ipotesi ragionevoli. Compito del narratore immedesimarsi nei suoi personaggi ed affascinare i lettori con il suo racconto: spero di essere riuscita in entrambe le cose, almeno in parte.
Si dice che una persona rimane viva, fintanto che qualcuno ne serbi il ricordo, ne serbi un pezzetto di memoria nel cuore.
Ecco, questo lungo racconto è stato scritto per non dimenticare, per far sì che due secoli di memorie, preziose e insostituibili, non vadano perse, irrimediabilmente, nelle nebbie del tempo.
Roma, addì 7 febbraio 2009
E' una storia piena di fascino e suggestioni, veramente bellissima! Un'epopea commovente! E le foto d'epoca sono davvero meravigliose!
RispondiElimina:-)
Bel blog, complimenti! Il tuo racconto mi ha affascinata tantissimo! E' bello mantenere la memoria della propria famiglia, delle proprie origini!
PS: ti ho aggiunta ai miei amici di facebook, spero non ti faccia dispiacere.
Ciao! :-)
no no, anzi, mi fa piacere avere nuove amicizie!
RispondiEliminaSono proprio contenta che la fine della storia ti sia piaciuta...
è una bella storia, ci aiuta secondo a creare una coscienza, siamo quello che siamo ma perchè c'è stato qualcun altro prima, ci da una dimensione consapevole, lo hai raccontato molto bene secondo me
RispondiEliminami hai davvero rapito ed emozionato!!!
RispondiEliminami spiace tantissimo per la povera Matilde,il tragico epilogo proprio non ci stava..da sola con 3 figlie a quei tempi non sara'stato affatto facile...
sei fortunatissima a poter rivivere queste storie grazie a tua nonna e alle tue zie ;)
E' proprio così, Mirtilla, la sorte è stata veramente ingiusta, purtroppo le donne sfortunate come lei sono state tante, per fortuna sono andate avanti, e noi siamo qui a raccontarlo
RispondiEliminaCaro Gunther, la memoria è importante, i nostri giovani spesso lo dimenticano, ed invece sarebbe una cosa bella ricordare chi c'è stato prima di noi!
RispondiEliminaUn abbraccio
è bello poter rivivere attraverso queste foto i momenti di vita degli antenati, la storia è triste e commovente, però ci da un insegnamento, la tua ava non si è persa d'animo ed ha portato avanti le sue figlie con amore è dignità e con l'aiuto dei suoi familiari, in una società come è diventata la nostra molto egoista dove a volte non si riconosce l'amicizia e anche la parentela. un abbraccio
RispondiEliminaDavvero una fantastica storia, commovente, bella ricca di emozioni.. Grazie :-) non avresti potuto fare di meglio per ricordare queste persone.. Mai avrei immaginato fossero con te imparentate.. è stato vero un colpo di scena finale!!!! Un abbraccione...
RispondiElimina@ Claudia: pensa che credevo che si capisse subito, che erano miei parenti stretti
RispondiElimina:-)
Bello aver mantenuto la suspence, non è stato facile...
@ Carmen: hai pienamente ragione, la società moderna ha perso molte cose, e una di queste è la solidarietà familiare,le famiglie unite come una volta...
RispondiEliminaun abbraccio, grazie per la passione che mettete nel leggere questa storia!
forse un lavoro così prezioso merita un altro spazio oltre al tuo blog...sicuramente ha però trovato l'autrice più adatta..un abbraccio e grazie
RispondiEliminagrazie Lo, spero di trovarlo, uno spazio apposito, chissà...
RispondiEliminabella, davvero emozionante, l'ho letta con passione e anche tristezza...
RispondiEliminaHo letto con trepidazione le ultime due puntate della bellissima storia dei tuoi bisnonni. Una storia romantica e affascinante come un romanzo, ma più commovente perchè sappiamo che è vera. Illustrata da bellissime fotografie e cartoline. Non avresti potuto fare meglio, Geillis! Quell'album di cartoline è un vero tesoro.
RispondiEliminaGrazie per averlo condiviso con noi.
Contenta davvero che sia piaciuto anche a voi, ci tengo così tanto a quelle cartoline, e mi sembrava bello farle vedere anche ad altre persone, sono testimonianze rare!
RispondiEliminaGrazie a tutti per il vostro entusiasmo, mi avete davvero riscaldato il cuore!
Hai qualche altra bella storia da raccontarci?
RispondiEliminaCiao Laura,
RispondiEliminala storia di Matilde e' una storia bellisima anche se dal finale striste.
Ma e' la storia di una donna coraggiosa, che nella solitudine del suo dolore, ha saputo affrontare le avversità della vita e crescere meravigliosamente le sue figlie.
A presto Donatella.
Cara Serena, non è facile trovare un'altra storia così appassionante, e vera...anche se in famiglia le storie abbondandona, ma pù recenti, vedrò cosa posso fare...
RispondiEliminaForse è una storia bellissima proprio perchè è triste, almeno credo...
RispondiEliminaE' una storia molto bella, molto triste e molto vera e tu e le parole che hanno intessuto il racconto siete impagabili custodi del tempo e della memoria...credo che tu abbia contribuito a regalare ai tuoi antenati un pezzettino di eternità.
RispondiEliminaBellissima storia anche se alla fine è triste la separazione di questi due giovani che con ardore si erano scritti le cartoline d'amore...hai contribuito, nel tuo piccolo, a renderli immortali!
RispondiEliminaTi abbraccio
@ Romy: mi piace l'idea di essere custode della memoria, è veramente un bel ruolo!
RispondiEliminaUn abbraccio anche a te, Elena, per la passione con cui hai seguito la storia
Che bellissima storia...e che massacro quella stramaledetta guerra del 15-18... mia madre mi ha sempre raccontato la storia del fratello di sua nonna che partì per il fronte e il giorno dopo era già morto... la nonna di san gimignano invece mi portava spesso al cimitero nella parte più vecchia e mi faceva vedere in quanti erano morti in quel periodo di spagnola.... questi racconti mi hanno sempre affascinato, ho un album di foto dei miei nonni e bisnonni.... ogni tanto li sfoglio... che buffi che erano e che tempi.... avevano 20 anni e ne dimostravano 50....hai qualche altra storia da raccontarci??? si dai!!!!! ^_^
RispondiEliminacosì romantica purtroppo no, ho altre storie di famiglia ma ci devo lavorare un po', questa si prestava benissimo e poi avevo tanto materiale su cui lavorare, ma vedo cosa posso fare
RispondiElimina:-)
Ho passato la pausa pranzo a leggere tutta la storia: mi appassionano tantissimo questo tipo di racconti... se potessi avere una macchina del tempo che mi portasse indietro agli inizi del 900 sarei felicissima di trasformarmi in una farfalla per vedere com'era allora il mondo... Se poi c'è intorno anche una bella, anche se triste, storia d'amore come questa...
RispondiEliminaGrazie Geillis per avercela raccontanta e per aver scannerizzato tutte le foto e le cartoline, ci hai trasmesso delle bellissime emozioni!
per me è stato un piaere ed un'emozione, raccontarvela!
RispondiEliminaE' una splendida storia magica ... a cui ripenso frequentemente durante le mie giornate :-)
RispondiEliminaGrazie, che storia bellissima! l'ho letta tutta d'un fiato, trasuda tutto l'affetto che provi per le persone di cui racconti. Grazie davvero!!
RispondiEliminaAlessia
Grazie a te, Alessia!
EliminaCiao,io sono una pellegrina che si aggira per queste lande incantate...precisamente nella foresta incantata....
RispondiEliminanon potevo non rimanere incantata dalla storia di Matilde!
Oggi per me è una giornata cosi cosi,ma grazie alla tua bellissima storia mi sento meglio,sono tornata indietro nel tempo,al 1915 data di nascita di mia madre,nata in una famiglia di 11 figli..avevo anche io tante zie che raccontavano la loro vita in tempi cosi difficili,conservo nel cuore le loro storie..
non sono cosi brava a raccontarle però.
Grazie ETTA
Ciao Etta, mi commuove sempre vedere che la storia della mia famiglia, che ho raccontato con così tanto amore, piace a qualcuno, mi sembra di aver trasmesso agli altri un po' di me...
RispondiElimina