I miei viandanti

sabato 18 settembre 2010

Giorni toscani



Non ho ancora finito di postarvi le foto dell'Abruzzo (veramente non ho finito neanche quelle di Siviglia, per la vostra sfrenata gioia), però nei giorni scorsi ho provato una delle ricette che mi ha gentilmente dato la proprietaria dell'agriturismo in Toscana, e allora comincio a farvi vedere dove abbiamo soggiornato. La signora ogni mattina ci faceva trovare una torta diversa, oltre a succhi e yogurt rigorosamente biologici.
La prima che ho sperimentato è anche quella che mi è piaciuta di più, una strepitosa Torta della Nonna alle Mandorle che vi posterò la prossima volta.

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Siamo stati in un paesino a pochi chilometri da Saturnia, Semproniano, una zona che conosciamo bene per ragioni familiari. Rispetto a zone più famose della Toscana, come la Val D'Orcia, la Val d'Elsa, il Chianti, la Maremma è più selvaggia, più solitaria, forse meno caratteristicamente toscana ma tuttavia affascinante.

I paesini sono graziosi, le cose da vedere ci sono (ovviamente, è difficile competere con il resto della regione, soprattutto la zona di Firenze e di Siena, a mio avviso le più belle) e, anche se ormai conosciamo abbastanza tutti i dintorni, tornarci ci fa sempre piacere.

Avendo come punto di partenza Saturnia, si possono fare piacevoli passeggiate nelle colline circostanti, dove sono arroccati alcuni antichi paesi come Montemerano, Manciano, Sorano, la famosa Pitigliano che sorge su una collina tufacea, e la medievale Sovana, un borgo disabitato e rimasto quasi intatto.

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Abbiamo preso un piccolo appartamento in un agriturismo fuori mano (Il Poderaccio, località Ca' di Rocco), alla fine di una stradicciola che si incunea tra le colline intorno a Semproniano: come potete vedere dalle foto, un casale tipicamente toscano in pietra con quei meravigliosi tetti in tegole e coppi di argilla, con una bella vista sulla vallata. Anche gli interni erano perfettamente in stile, mobili in legno scuro, pavimenti in cotto rustico, travi di legno sul soffitto, davvero un posto grazioso.

L'avevamo scelto anche per la piscina, peccato che il tempo ci abbia assistito poco: è stato nuvoloso per la maggior parte del tempo, abbiamo avuto anche un giorno di temporali furibondi e, quando è uscito il sole, l'acqua comunque non è riuscita a riscaldarsi molto. Peccato!


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Il casale era proprio ai piedi di una bella collina seminata a girasole, davvero uno di quei paesaggi da cartolina o da quadro, esattamente come uno si immagina le colline toscane.
Questa meraviglia di colori ha però anche un inconveniente: attira i cinghiali, che stanno diventando una vera piaga della regione. Si tratta di una specie non autoctona, di provenienza balcanica, molto più massiccia, prolifica e aggressiva dei nostri cinghiali: si sta riproducendo molto velocemente, e qui in Maremma comincia ad essere un vero problema.

Appena calato il buio, si sentivano e si vedevano a pochi metri dalla casa, nell'oscurità, una decina di animali provenienti dalla foresta, che banchettavano voracemente nel campo di girasoli di cui, sera dopo sera, non rimanevano che brandelli.

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A parte questo, abbiamo fatto la conoscenza anche di numerose specie animali difficili da trovare in città: un esemplare di grillo di dimensioni gigantesche che riposava sul tettuccio della nostra macchina, una ranocchia Spider-man sul muro della casa, e i gatti dei proprietari, che sonnecchiavano oziosamente tutto il giorno.

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Abbiamo anche goduto di un evento particolare, dopo il temporale estivo: uno splendido arcobaleno che occupava tutta la vallata, davvero uno spettacolo straordinario!




giovedì 16 settembre 2010

Abitudini alimentari e cambiamenti


Ho passato un lungo periodo della mia vita (circa dieci anni) senza mangiare carne e pesce, per una precisa scelta etica. Devo dire che non è stato un gran sacrificio, si impara a stare benissimo con una dieta variegata con legumi e cereali, latticini e uova (non sono mai stata vegana, nè tantomeno integralista). E' vero che alla fine, gira e rigira, le cose sono sempre le stesse, e non è facile riuscire a mantenere una alimentazione bilanciata: si tende spesso, anche per pigrizia, a ripiegare sui carboidrati, un bel piatto di pasta e via.

 In realtà, nessuno avrebbe mai pensato che un giorno sarei diventata vegetariana, io che da piccola odiavo le verdure. Il primo finocchio lesso l’ho assaggiato a venticinque anni, dei pomodori mi davano fastidio anche i semini, il minestrone solo passato, i broccoli vade retro!  Ora tutto l’inverno c’è un odorino di broccoli e broccoletti lessi che si spande per l’androne (mio marito capisce che sto cucinando i broccoli fin dal cancello), infilo verdure dappertutto, in particolar modo nei primi piatti.

Come si cambia, eh?

Purtroppo, le cose sono andate in tutt’altra maniera…non credo che il vegetarianesimo c’entri molto con l’anemia gravissima di questa estate, ovviamente era legata alle mie condizioni generali e risolte con l’operazione e una trasfusione di sangue, ma sicuramente non mi ha giovato. Ho dovuto ricominciare, per forza di cosa, a mangiare carne e pesce, per cercare di riequilibrare una situazione completamente sballata, e soprattutto riabituarmi a dei sapori completamente dimenticati, anche se tuttora il sapore della carne cruda mi dà abbastanza fastidio, per non parlare delle macellerie, che evito accuratamente (l’odore è talmente forte da nausearmi).

In compenso, ho risolto i problemi di una cucina doppia, per me e per mio marito: ora cucino tutto per due, e speriamo che la nuova dieta mi aiuti a riprendermi in forze.

Una cosa che ci piace molto è il pollo, che si può cucinare in vari modi, e viene sempre bene. Questa ricetta è semplicissima, ma i colori e i sapori  di questo piatto mi hanno convinto a postarlo per voi, anche se sicuramente l’avrete fatto tutti, non credo proprio di aver scoperto niente di nuovo.

Non sapevo bene come denominarlo, l’ho chiamato Pollo alla mediterranea perchè era colorato e allegro, e poi il contorno di peperoni lo rendeva ancora più solare. Ci stanno benissimo anche le olive nere, anzi, direi che aggiungono un tocco in più, ma questa volta non le avevo.
I peperoni si possono fare sia a parte (come nel mio caso), semplicemente cotti in padella con olio e uno spicchio di aglio, facendoli appassire pian piano con un po' di acqua, oppure insieme al pollo: i tempi di cottura sono quasi gli stessi, magari conviene far rosolare il pollo da solo, e poi aggiungere i peperoni tagliati a listarelle sottili.


La ricetta, come tutte quelle molto semplici, è abbastanza intuitiva e le quantità non ben specificate, io ho fatto tutto ad occhio, soprattutto per quanto riguarda le quantità di pomodori e l’aggiunta di acqua.

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Pollo alla Mediterranea

Pollo a pezzi, io ho usato solo cosce e sovracosce, non troppo grandi
Pomodori maturi
Passata di pomodoro
Olio evo
Origano, uno spicchio di aglio e  mezza cipolla (oppure uno scalogno)

Tagliare a pezzetti i pomodori, la cipolla a rondelle sottili e sbucciare l’aglio.

Mettere un velo di olio sulla padella antiaderente, con l’aglio tagliato in due e la cipolla. Adagiarvi i pezzi di pollo,  e farli rosolare qualche minuto, quindi aggiungere i pomodori tagliati a pezzi, due o tre cucchiai di passata, l'origano, un poco di acqua e un altro giro di olio.

Coprire a coperchio semichiuso, aggiungendo ogni tanto un goccio d’acqua.
A metà cottura salare.

Cottura circa 50 minuti abbondanti  (un'ora se i pezzi sono grandi), verso la fine togliere il coperchio e far restringere il sughetto.

lunedì 13 settembre 2010

Dall’altra parte del Lago



Lo so,sto rischiando di apparire ripetitiva. E prolissa.

Non ho fatto grandi viaggi, quest'estate, per i motivi che sapete: non sono andata alla scoperta di posti nuovi, non mi sono stupita di fronte a nulla (o quasi), ho passeggiato assaporando cose già viste e luoghi ben conosciuti. Eppure non posso fare a meno di continuare a mostrarvi queste immagini, forse perchè sono piene di sole, di colori, di ricordi di posti belli.
Proprio adesso che lentamente le giornate, anche se assolate e calde, si stanno facendo più brevi, segno che settembre sta scivolando veloce verso l'autunno, riguardarsi questi panorami rallegra un po' il cuore.

Prospiciente al piccolo villaggio di Barrea, proprio a picco sul lago omonimo, si stende il piccolo borgo di Barrea. Anche questo paese non raggiunge i mille abitanti, eppure le sue origini risalgono almeno all’anno Mille, come molti altri paesi di queste montagne.

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Attualmente è situato in splendida posizione, sul costone della montagna che si specchia nelle acque del lago (ricordiamo che il questo piccolo bacino è stato creato artificialmente, a seguito della costruzione della diga sul fiume Sangro, che qui si allarga per poi rifluire nella chiusa): dal belvedere appena fuori dalla porta del paese si apre alla vista tutta la valle occupata dall’acqua, mentre a sinistra si intravede la piccola Alfedena, candido paesino arroccato su una ripida collina di ancora più antiche origini, e sullo sfondo la parte di moderna di Villetta (dalla parte antica, il centro del paese, il lago non si vede, si deve percorrere la strada che poi prosegue verso il lago per una decina di minuti).

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Le fotografie prese in un giorno di pioggia e quelle in un giorno di sole vi rendono l’idea di quanto il sole influenzi i colori di queste valli, che appaiono davvero diverse, sia nelle atmosfere che nelle sfumature, a seconda del colore del cielo che si specchia nell'acqua.

Tra i due paesi ci sono pochi chilometri, che si possono percorrere sia in macchina che passeggiando sulla sponda sinistra del lago, mentre a destra il cammino pedonale si interrompe all’altezza della spiaggia.

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Entrando nella parte antica del borgo di Barrea, si aprono vicoli stretti, scalinate erte e portoncini riparati: salendo si arriva ad un terrazzo a piombo sulla diga.
Salendo ancora sulla destra si arriva fino ai resti del castello medievale in pietra calcarea chiara, di cui rimangono delle mura e due torrioni: la struttura è stata recentemente restaurata, dopo le lesioni provocate dal terremoto del 1984, evento purtroppo frequente da queste parti.

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Salendo sulla torre a monte, più antica, cui si può ammirare un panorama davvero imponente, tutto il lago si stende attraverso la stretta valle attorniato da montagne verdissime, fino al lontano Monte Marsicano la cui mole imponente sfuma in lontananza.

La prossima volta andremo a spasso nel bellissimo paesino medievale di Pescocostanzo, uno dei gioielli artistici di questa zona abruzzese!

giovedì 9 settembre 2010

Sapori di fine estate



Miei cari,

eccomi di nuovo, dopo appena pochi giorni. Dopo i primi tempi di chiusura, di inerzia totale, mi rendo conto che anche ricominciare a scrivere mi aiuta, così come ritrovare i tanti amici in rete, leggere i vostri messaggi. Ancora non ho recuperato tutto il mio spirito, leggo le vostre parole e non vi rispondo, non passo a trovarvi nei vostri blog, ma comunque ci sono e le vostre parole mi confortano.
Ieri doveva essere un giorno felice, un anniversario (il nostro anniversario di matrimonio, il quinto) ma non abbiamo festeggiato.

Non per forma, semplicemente perchè ci è sembrato un giorno come un altro,neanche triste, semplicemente senza nulla da segnalare...le cose cambiano, da un anno ad un altro, le persone vanno e vengono, e tante volte sembra che già esserci sia abbastanza. Abbiamo preferito una serata tranquilla, da passare nella serenità di casa, che mai come in questo momento mi sembra un rifugio accogliente in cui elaborare i sentimenti e guarire le ferite (stavolta quelle dell'anima, perchè quelle del fisico sono quasi del tutto guarite).

Che volete farci, quest'estate è andata così, sembra quasi che tutto remi contro (pure il frigorifero ci ha, improvvisamente, abbandonato, della serie i guai non vengono mai da soli, piove sempre sul bagnato, governo ladro!).
Va beh, non voglio neanche diventare troppo piagnucolosa, non è da me, in fondo sono un'ottimista di natura! Ho fatto alcuni dolcetti riusciti niente male, almeno questo mi consola.

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Questo periodo sto andando a sbafo, per quanto riguarda le marmellate: oramai è parecchio che non rimetto le mani in pasta, campo di rendita, anzi, di regali.
Dopo quella buonissima di Fichi, mi è arrivato un barattolo di marmellata di more: io adoro le marmellate non troppo dolci, scure, un po’ asprigne. Quella di more poi, a causa della difficile reperibilità di questi frutti spontanei, è ancora più preziosa, se fatta in casa. Devo ammettere che è un po' troppo elaborata, per il livello di pazienza che ho questo periodo, però è veramente squisita.

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Mi piace molto andare per more ma, per me che abito in città, è davvero una rarità averne l’occasione. Quando sono al paese dai miei, in questa stagione, ogni tanto prendo il cestino e vado alla ricerca, anche se oramai bisogna spingersi sempre più lontano.

Anni fa era facile trovare i rovi anche a pochi metri da casa, sulla strada che dà sul giardino si faceva una bella raccolta, grandi ciotole di frutti selvatici, scuri e succosi, semplicemente conditi con zucchero e limone, che secondo me è il modo migliore per mangiare le more. Ora invece è stato tutto costruito, e bisogna uscire dal paese, per trovarne in abbondanza, e qualche volta comunque si arriva tardi, hanno già ripulito tutto, spesso in malo modo.

Per cui, solitamente, ne raccolgo solo un po’, semplicemente per mangiarle.

Questa marmellata ha la stessa provenienza delle more che ho utilizzato per la torta del post precedente, è un graditissimo regalo dei vicini, assieme a molto altro (prugne, verdure, ortaggi, tutto di produzione familiare).

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La ricetta mi è stata così spiegata (prima o poi la farò, lo prometto):

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Lavare le more e metterle in pentola. Quando cominciano a disfarsi, dopo circa mezz'ora, passarle col passaverdure, col dischetto a buchi piccoli (per togliere i semini).

Pesare il passato di more (sottraendo il peso della pentola vuota al peso totale, ovviamente), quindi aggiungere circa 400-500 grammi di zucchero per ogni chilo di peso. Lo zucchero è una scelta personale, a chi piace la marmellata più dolce ne mette mezzo chilo, sennò di meno. Ci si può aggiungere anche del succo di limone, nella marmellata di fragole ci stava benissimo.

Rimettere a sobbollire sul fuoco, per circa due ore, fino a che non si restringe al punto desiderato.

Invasare nei vasetti precedentemente sterilizzati, chiudere ermeticamente, rovesciare i vasetti per una mezz’ora, poi rimetterli dritti e lasciarli freddare.

domenica 5 settembre 2010

I ritmi rassicuranti della quotidianità


Tornare alla normalità, rientrare nei rassicuranti binari della quotidianità più semplice, il lavoro, la casa, la spesa, un gelato con le amiche, qualche volta aiuta a ritrovare un pizzico di serenità, per quanto è possibile.

Dopo i primi giorni di interruzione brusca, di sospensione della vita normale, pian piano si cerca di tornare faticosamente alle abitudini di tutti i giorni, come se fosse facile accantonare i pensieri, le sofferenze, costringerle in un cantuccio e proseguire  facendo finta di stare quasi bene o, almeno, non troppo male.

E' difficile.

Ogni tanto la malinconia ti prende alla gola, l'emozione che ti assale feroce, magari proprio quando non potresti permettertelo, quando stai tentando di fare quelle cose che agli altri paiono  normali ma che a te costano invece tanta fatica, tanto autocontrollo, quando il mondo ti vorrebbe di nuovo in piedi, di nuovo lucida e razionale, addolorata ma efficiente.
Razionalità è un concetto complicato da mantenere, in questo periodo, qualche volta ci si riesce e altre volte proprio no: si cammina nella quotidianità con la testa spesso da tutta un'altra parte, un guscio di noce vuoto che si lascia trascinare dalla corrente, dal flusso della realtà che ti scorre accanto, come se la vita proseguisse impetuosa e tu galleggiassi trasognata tra la superficie e l'abisso, incerta tra l'affondare verso l'oscurità e il riaffiorare verso la luce.
Forse è meglio non pretendere troppo da sè stessi, affrontare ogni giorno ed ogni istante come viene, ben sapendo che lentamente il tempo comincerà a posarsi come polvere sui ricordi, il dolore da lacerante e violento diventerà una sofferenza sorda con cui si impara a convivere, da abisso oscuro diventerà una nostalgia struggente venata di malinconia, come è nell'ordine naturale delle cose.

Qualche volta anche aggrapparsi alle piccole cose che ci appassionavano nella vita precedente può aiutare a recuperare una parvenza di serenità, come sentire di nuovo l'odore di una torta che cuoce nel forno, riprendere la macchina fotografica e ricominciare a fare progetti.

Queste belle more, profumate e succose, sono arrivate assieme a tante parole, gesti e segni di affetto che ci hanno avvolto e sostenuto in questi giorni, e come tutto il resto sono state apprezzatissime: oltre a mangiarle, le ho usate per farle due torte semplici semplici, di cui la prima che vi lascio è questo impasto a base di yogurt, che ho usato in altre occasioni con le mele e con l'ananas.

Per una teglia a cerniera di 24 centimetri

Torta di More e Yogurt

200 grammi di farina (150 grammi 00 e 50 integrale)
100 grammi di zucchero+altro per spolverare
1 yogurt intero
3 cucchiai di latte
1 uovo grosso
1 cucchiaio di Strega
buccia di limone grattugiata
1 bustina di lievito

More fresche

Battere l'uovo intero con lo zucchero, fino a renderlo spumoso.

Aggiungere lo yogurt, il liquore, il latte e il limone grattugiato.

Unire la farina setacciata assieme al lievito.

Rovesciare l'impasto in una teglia foderata di carta forno, cospargerne la superficie con le more, mettendole molto fitte, quindi spolvere di zucchero semolato.

Infornare a 180 gradi, nel forno caldo,  sul secondo ripiano dal basso per circa 40 minuti.

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