I miei viandanti

sabato 31 marzo 2012

I fasti della Roma del Seicento: Palazzo Barberini e la Galleria Nazionale di Arte Antica


Stanchi dei miei vagabondaggi romani? Spero di proprio di no, visto che in questo periodo preferisco vagabondare, che cucinare! Stavolta partiamo alla scoperta della Galleria Nazionale di Arte Antica, collocata dentro il seicentesco palazzo Barberini.
Ho visitato questo museo almeno un paio di volte, ma ne possiedo ricordi piuttosto vaghi: la prima con il corso di restauro, una visita esaustiva e accurata che ho rimosso quasi completamente, e la seconda nell’occasione di una bella mostra su Caravaggio, allestita nel Salone principale del palazzo, quello con l’affresco di Pietro da Cortona, per cui stregati dalla bellezza delle tele caravaggesche, al resto delle sale non riservammo più che un’occhiata distratta.
Ho deciso di tornarci  qualche giorno fa, in una soleggiata giornata primaverile, quasi estiva.



Il palazzo si affaccia su una stradicciola che sale da Piazza Barberini in quello che è il quartiere Ludovisi, costruito dopo l’Unità d’italia, con l’apertura del grande asse viario Via Barberini che, inerpicandosi verso il parco di Villa Borghese, diventa la famosa Via Veneto.




In tempi meno recenti, su questa altura si estendevano le ville rinascimentali di nobili famiglie romane che vennero, quasi tutte, smembrate e lottizzate nella seconda metà dell’Ottocento, come la famosa Villa Peretti Montalto di Sisto IV, Villa Ludovisi da cui il quartiere prende il nome  e, appunto, la villa appartenuta agli Sforza prima, e acquistata alla fine del Cinquecento dalla famiglia Barberini: nobilissima famiglia toscana caduta in disgrazia nel periodo precedente ma che trova a Roma nuova fortuna e nuovo lustro. Tale fortuna culmina con l’elezione al soglio pontificio di Maffeo, divenuto papa nel 1623   col nome di Urbano VIII, il cui nome è associato a numerose opere e monumenti romani, ma rimasto anche famoso per la ferocia e la determinazione con cui consolidò la fortuna familiare, sia economica che sociale, nonché a spogliare la città dei suoi tesori e delle sue antichità, tanto che rimase famoso il detto “Quello che non fecero i Barbari, fecero i Barberini”.


Questo semplice edificio cinquecentesco aveva, come molte delle ville ora inglobate nel tessuto urbano, carattere di villa di campagna fuori le mura: si trattava di un bel palazzo  immerso nel verde, ma di dimensioni ridotte. Maffeo la elesse residenza di famiglia, apportandovi importanti cambiamenti strutturali e decorativi, che la resero uno dei palazzi più fastosi della città. Furono chiamati a decorarla architetti del calibro del Maderno prima e Bernini poi, pittori illustri come Pietro da Cortona e Andrea Sacchi, praticamente il meglio che offriva Roma in quegli anni.

Come altre facoltose famiglie romane (tra tutte i Borghese, i Corsini, i Boncompagni, i Colonna, i Ludovisi) anche la famiglia Barberini cominciò ad accumulare la propria personale collezione di quadri, statue, arredi e mobili di pregio, oggetti di antiquariato e pezzi di età romana, seguendo la passione per l’antico che era esplosa nel secolo precedente, ma rivolgendo anche l’attenzione all’arte del periodo, che sotto il papa Urbano VIII  raggiunse l’apice del fasto.




L’edificio voluto dal papa si staglia poderoso ma armonico su un semplice cortile di ghiaia, decorato da una fontana: è formato da un corpo centrale, che ingloba l’edificio preesistente, e due ali laterali aggettanti, più tarde. Sotto al portico, l’entrata al museo è sulla sinistra, mentre a destra si entra in un’area del palazzo dedicata alle mostre, in questo casa c’era la mostra del Guercino. Nella grande apertura centrale ad arco si intravede la rampa che attraversa il giardini con bella  prospettiva sulla fontana, della piccola villa Savorgnan di Brazzà, edificata in mezzo al giardino negli anni Trenta, che ne ha in parte snaturato la visione d’insieme.

Entriamo nel portico e dirigiamoci subito a sinistra, verso la prima delle due scalinate spettacolari che portano ai piani superiori, opera dei due più geniali architetti del Seicento, ognuno dei quali è riuscita a darne una propria personalissima interpretazione: la prima, classica e sontuosa,  è quella a pozzo quadrato, realizzata dal Bernini, il maestro barocco per eccellenza, che in quegli anni stava trasformando la Roma Rinascimentale in una capitale sfarzosa e scenografica. La scala candida, che arriva fino al terzo piano, è decorata da preziose statue.


Quella di sinistra è l’originalissima scala a chiocciola  del Borromini, geniale innovatore dell’architettura, che riesce a plasmare la materia in  linee fluide, curvilinee, a srotolare gli scalini come un nastro, fino ad arrivare al virtuosismo più raffinato. Purtroppo questa seconda non era percorribile, per cui non posso mostrarvene altre affascinanti inquadrature.


La visita della Galleria inizia al piano terra, con alcune sale, e poi prosegue al piano superiore, a cui si arriva per la scala berniniana.






Qui ci accoglie un imponente bassorilievo con un leone, e subito a destra si staglia la vetrata con l'entrata alle sale del secondo piano. Con mio grandissimo disappunto, è  assolutamente vietato portare macchine fotografiche all’interno  del museo (contrariamente alla maggior parte dei musei, dove per fortuna si può fotografare senza flash), per cui non posso mostrarvi nulla delle sale tantomeno della quadreria, ma solo il palazzo esterno e il giardino. Mi è dispiaciuto soprattutto non poter fotografare l'imponente Salone con soffitto di Pietro da Cortona, un'apoteosi barocca di cieli e nuvole, angeli dalle vesti arruffate dal vento e scorci dalla prospettiva audace, un vero trionfo di colori e movimento convulso che pare l'intero soffitto stia per caderti sulla testa.

Una volta visitate le sale del primo piano, si prosegue per il piano superiore, dove si aprono le sale recentemente riaperte al pubblico dopo la liberazione dei locali da parte del Circolo Ufficiali.






Delle belle collezioni e degli arredi originali non è rimasto molto, essendo stati smembrati  e dispersi nel tempo a partire dal Settecento:  la Galleria contiene pezzi provenienti da varie collezioni come quella la Odescalchi la Torlonia, la Chigi (la maggior parte della corposa collezione Corsini è tornata nella sua sede originaria) ed è formato principalmente da una bella quadreria che copre un periodo che va dal medioevo al Barocco, in cui la pittura del Cinquecento e Seicento sono rappresentati in maniera predominante: tale collezione pittorica annovera dei pezzi pregevolissimi ( tra tutti ricordiamo la Fornarina di Raffaello, e soprattutto i due Caravaggio, il Narciso e la Giuditta ed Oloferne che, da soli, valgono la visita) per un totale di circa 600 pezzi,  a cui si aggiungono alcuni mobili e le statua che decorane scale e alcune sale, e poi ci sono le decorazione ad affresco delle volte, per un totale di 34 sale ( anche se momentaneamente alcune non si possono visitare): si tratta quindi di una collezione notevole come qualità, anche se non quantitativamente immensa.



Dei giardini che circondavano la residenza è rimasta solo una piccola porzione, incastonata tra i palazzi ottocenteschi. Salendo per l’imponente scalinata secentesca si ha una visione d’insieme dall’articolata e irregolare facciata posteriore del palazzo,  evidentemente in attesa di restauro.




Vicino al cancello è collocata una curiosa casina dal tetto spiovente, foderata di sughero, costruita nel Settecento, uno di quei divertissement  bucolici che i nobili amavano disseminare nei loro giardini, che però non è visitabile. Il piccolo giardino, delimitato da muraglioni ( si tratta di un giardino sopraelevato rispetto al piano della facciata principale, seguendo la direzione ascensionale della collina) è a pianta quadrata, decorato da siepi di bosso e pittosporo a disegno geometrico intorno ad una fontanella centrale, un tipico giardino all’italiana. 



Su un lato si allungano le serre ottocentesche, restaurate ma vuote all’interno, sul cui lato esterno sono inseriti frammenti di lapidi antiche, mentre accanto si apre un’altra porzione del giardino decorata con busti marmorei, non aperta al pubblico.



Subito a sinistra si affaccia l’edificio color arancio in cui è stato trasferito recentemente il Circolo Ufficiali, la novecentesca villa Savorgnan di Brazzà  (questa sì, perfettamente restaurata, of course): attraverso la cancellata si ammira l’imponente statua dell’Apollo citaredo inserita nella fontana, ritrovata proprio nel giardino.



E' tutto per la nostra passeggiata nei fasti della Roma secentesca, spero vi sia piaciuta!

9 commenti:

  1. Il tuo modo di fotografare l'architettura è veramente "professionale"

    RispondiElimina
  2. come stancarsi dei tuoi stupendi reportage su roma e le sue meraviglie, sei bravissima, quante volte ti ho detto che dovresti dedicarti a scrivere un libro? tante ? troppe? no, mai abbastanza, ti abbraccio e ti auguro una serena Pasqua,
    ciao Reby

    RispondiElimina
  3. Mentre posso, purtroppo, fare a meno dei tuoi fantastici dolci, alle "passeggiate romane" non posso proprio rinunciare. E quindi aggiungo a castel Sant'Angelo, anche Palazzo Barberini, quale meta del prossimo viaggio a Roma
    un abbraccio
    mario

    RispondiElimina
  4. incantevole come sempre
    un bacione

    RispondiElimina
  5. Complimenti per il bellissimo post...a quanto pare abbiamo una passione in comune ;)

    RispondiElimina
  6. Racconti e foto meravigliose, come sempre.
    Per fortuna ci sei tu a ricordarci quanto Roma sia bella e non fatta solo di Colosseo e fontana di trevai.
    Bravissima

    RispondiElimina
  7. Stanca no, estasiata sicuramente!!!
    Ciao Geillis, complimenti per gli scatti e per il reportage e Auguri di Buona Pasqua.
    Cannelle

    RispondiElimina
  8. Stanca no. Roma, attraverso le tue parole, sembra tutta un'altra città. Complimenti per le fotografie!

    RispondiElimina

Pellegrino che ti aggiri per queste lande incantate, mi farebbe piacere una traccia del tuo passaggio...

LinkWithin

Related Posts with Thumbnails