I miei viandanti

domenica 22 marzo 2020

Cronache dalla quarantena, ballo e dolci per passare il tempo


Seconda settimana di reclusione forzata.

La prima è andata malissimo, sensazione di smarrimento, alienazione, inquietudine, spesso una dopo l'altra o, ancora peggio, tutte insieme: ti senti come un animale chiuso in gabbia, in trappola; cerchi di inventarti qualsiasi scusa per mettere un piede fuori casa, fosse anche per fare cento metri e arrivare ai secchioni per andare a buttare l'immondizia.


Anche solo vedere uno spicchio di cielo in più, incontrare i passanti col cane e fare il giro del palazzo, ti sembra quasi una gita in campagna, ma cammini sempre con la sensazione di essere un fuorilegge  tanto che, all'incontrare una volante dei carabinieri, il primo pensiero è stato di tirare fuori autocertificazione e carta di identità, eppure ero dietro casa a col carrello della spesa.
I primi giorni, le ore sembravano non passare mai.
I primi giorni, si litigava su chi doveva andare a fare la spesa, occupazione che di solito viene svolta per disperazione dalla sottoscritta, che odia perdere tempo in giro per mercati e supermercati.
In questi giorni, quasi meglio stare un'ora in fila fuori dal supermercato, piuttosto che rimanere dentro casa 24 ore su 24.
I primi giorni sono sembrati infiniti, il tempo sospeso, dilatato in un silenzio surreale.  La sensazione che questa calma durerà per sempre, che rimarremo confinati a vita, chiusi dentro i nostri minuscoli appartamenti, a fare la muffa. L'appuntamento serale con il telegiornale non aiuta: certo, avere la situazione chiara è fondamentale, per non peccare di superficialità, ma ogni giorno sembra un bollettino di guerra, il che sembra avvalorare la tesi che si tratti di un incubo, che non sta succedendo veramente, non a noi.

La seconda settimana è trascorsa in un lampo, anzi, volata tra mille impegni: chat, video chat, lezioni da preparare, telefonate, colleghi e mille cosa da fare, a ritmi di lavoro vertiginosi, fino a dodici ore al giorno incollata al pc, tablet e telefono, tutto contemporaneamente. Il telefono, a fine giornata, è praticamente bollente, le mie chat invase da centinaia di messaggi, le caselle mail urlano vendetta, così come tutte le persone a cui non riesci a rispondere, o che ti dimentichi di richiamare (chiedo scusa in anticipo a tutti).

La didattica a distanza, esplosa all'inizio settimana, è una novità per noi insegnanti, una modalità nuova da imparare e condividere con altri colleghi e con gli studenti, e in questo l'avere competenze tecnologiche e digitali abbastanza buone (il blog lo dimostra, visto che forzatamente si ha a che fare con fotografia digitale, linguaggio hml, grafica e così via, e questa dalla metà degli anni duemila) mi è stato di grandissimo aiuto.
Devo ammetterlo, io mi diverto quando vengo buttata dentro situazioni inesplorate, la prendo come una sfida: mi piace imparare, sono una grandissima smanettona e, quindi, in breve riesco a muovermi con disinvoltura anche su piattaforme e modalità il giorno prima sconosciute.
Tra l'altro, il fatto di essere in collegamento forzato anche visivo, mi dà comunque una certa routine giornaliera, che i primi giorni avevo del tutto perso: farsi vedere da qualcuno altro che non sia tuo marito, ormai abituato a tute informi, capelli che hanno visto giorni migliori e colorito vampiresco, ti spinge comunque a renderti un minimo presentabile. Va bene la tuta e la scarpe da ginnastica, ma un maglioncino decente, un po' di trucco, capelli in piega e orecchini, sono proprio il minimo per non spaventare gli altri quando compari in videoconferenza.

Sembra poco, ma non lo è, perché la tentazione comune è quella di lasciarsi andare. Quelle pochissime volte che sono uscita, mi sono truccata e sistemata come andassi ad un appuntamento, e invece dovevo solo scendere al supermercato sotto alle scale.
Ho scorto, sui balconi e affacciate alle finestre, diverse persone che, a metà giornata, erano ancora in vestaglia, pigiama e pantofole. No, non va bene così, perché dal rimanere in pigiama tutta la giornata al non volersi più alzare dal divano o dal letto, ci vuole un attimo.



Ormai è una settimana che non esco di casa, dall'ultima spesa di domenica scorsa: non sono uscita neanche a buttare l'immondizia, altra attività solitamente a me riservata: sta languendo all'ingresso, sperando che qualche anima pia si muova a compassione e la trasporti ai luoghi addetti, prima che si decomponga sul pavimento.

Dopo una settimana di letargia (dopo il lavoro, quindi dal tardo pomeriggio in poi) spiaggiata sul divano come una foca in letargo, in questa settimana più arzilla ho deciso che l'accoppiata cucina-dolci e divano non vanno d'accordo, rischio di vanificare due anni di stile alimentare abbastanza equilibrato e sport: rischiamo tutti, davvero, di uscire dalle porte (sempre che ci passiamo) rotolando.
La mia piscina-palestra è, ovviamente chiusa, e ne sento disperatamente la mancanza, anche se normalmente non riesco ad andarci proprio sempre. Anche le mie lunghissime passeggiate quotidiane mi mancano moltissimo.
Allora, ho cominciato a cercare in giro delle lezioni di Zumba o di ginnastica divertenti, dei tutorial su Youtube, che infatti abbondano. I primi giorni li ho passati a sfrondare quelli noiosi o troppo duri, perché va bene muoversi ma farsi del male proprio no. Io, poi, se mi annoio, mollo subito.
Alla fine, ho trovato dei video di Zumba con musica e coreografie simili, o in alcuni casi identiche, a quelle che faccio in palestra e addirittura video di baile e flamenco alla mia portata.
Tablet, auricolari wireless e una stanza coi mobili scostati al muro come palestra improvvisata, appuntamento giornaliero con me stessa, imprescindibile, per cui in quell'oretta scarsa non ci sono per nessuno.



Non ho fatto dolci per anni, e in due settimane sono a quota tre ciambelloni. Questo è il terzo, in realtà, il secondo (sempre alle mele ma diverso) lo posterò una prossima volta.

Mi incuriosiva fare una ciambella con gli albumi: spesso, quando fatto un dolce, mi scoccio a sbattere i tuorli e gli albumi a parte, metto tutto insieme e via. Il risultato, però, è diverso, è indubbio, le torte crescono meglio se si battono le  uova separatamente.
In questo caso, ho cercato una ricetta solo con albumi, visto che avevo un brick di soli albumi (li uso per allungare la frittata).

Mi sono ispirata alle ricette di Inventaricette, un blog davvero molto carino, che ne ha molte con gli albumi (io mi sono ispirata a questa), però ho messo il burro al posto dell'olio di semi, che non ho, al posto del caffè ho messo le mele e altre piccole variazioni, come lo Yogurt greco al posto di quello normale.  E' venuta una torta morbidissima, molto leggera.
E' un pochino difficile da sformare proprio perché morbida: se avete una teglia  a cerniera, forse ci riuscite meglio di me, che ho rischiato di sfasciarla mentre la capovolgevo.
P.s. tende un po' ad indurirsi, proprio perché così morbida: consiglio di tenerla al coperto, per non farla seccare troppo, sotto l'alluminio o con la campana da dolci


Ciambellone di soli albumi allo Yogurt greco e mele

190 grammi di albumi (io in brick)
90 grammi di fecola di patate
160 grammi di zucchero
170 grammi di farina 00
125 grammi di burro sciolto (ne ho tolto uno spicchietto per imburrare la teglia)
150 grammi yogurt greco 10% di grassi
1 cucchiaino limone
1 bustino lievito vanigliato
2 mele a fettine sottili

Utensili richiesti: frusta elettrica/planetaria; frusta a mano

Battere gli albumi con 80 grammi di zucchero, fino a montarli a neve, con la frusta elettrica.

Nel frattempo, far sciogliere il burro (io in forno).
Mettere il burro in una ciotola, aggiungere mescolando con la frusta elettrica (o a mano) il resto dello zucchero, lo yogurt e il limone, quindi cominciare ad aggiungere la farina e il lievito mescolati insieme. Ad un certo punto, l'impasto comincia a diventare troppo denso, per cui diluire con alcuni cucchiai di albume montato, mescolando delicatamente con la frusta a mano.

Aggiungere tutta la farina, poi aggiungere il resto degli albumi, sempre incorporando delicatamente con la frusta a mano, fino a far sciogliere tutti i grumi della farina.

Tagliare le due mele a fettine sottilissime, aggiungere all'impasto.

Versare in una teglia (meglio se a cerniera) di 24 o 26 centimetri di diametro, imburrata e infarinata.

Cuocere circa 50 minuti nel forno a 170 gradi (io lo metto a 170 o anche meno, a 180 mi brucia la torta): forno elettrico statico, secondo ripiano dal basso.

Far raffreddare, capovolgere molto delicatamente e spolverare abbondantemente con zucchero a velo.





2 commenti:

  1. E' un periodo surreale che nessuno di noi si sarebbe mai immaginato di dover vivere, ma in fondo ad ogni tunnel c'è la luce, dobbiamo solo farci coraggio rispettare i dettami governativi e ce la faremo !
    ti abbraccio forte e complimenti per questa delizia!
    baci
    Alice

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Pellegrino che ti aggiri per queste lande incantate, mi farebbe piacere una traccia del tuo passaggio...

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