I miei viandanti

venerdì 26 febbraio 2010

Di ricette, baci e rimpianti

Mi piace andare al cinema.

Nonostante il grande televisore nuovo che troneggia in salotto e un catalogo di dvd d’autore imponente (ormai la tv chi la vede più?) ovviamente vedere un film a tutto schermo ha un altro fascino.

Mi piace andare al cinema, anche da sola.

Spesso, nei miei pomeriggi liberi, raggiungo il cinema qui vicino, una multisala che fa sempre film carini. Quando aprì, questo cinema trasmetteva per lo più pellicole commerciali, stile cinepanettoni e così via, poi i gestori devono aver capito che c’è un sacco di gente in giro che ama il buon cinema, e hanno cambiato decisamente genere.

Un paio di settimane fa sono riuscita a vedere Soul Kitchen, poco prima che lo togliessero dalla programmazione: ormai si deve tener conto che un film difficilmente regge più di tre settimane, due se ha poco successo, per cui bisogna sbrigarsi a vederlo, altrimenti si aspetta che esca in dvd.



Soul Kitchen è quello che annuncia la locandina: una commedia briosa e colorata, piena di personaggi un po’ folli e strampalati, ambientata in un ristorante sgangherato, in cui i sapori speziati della cucina mediterranea si mescolano ai colori grigi e spenti di una anonima e fatiscente periferia di Amburgo in una ratatouille saporita e piccante, il tutto condito da una colonna sonora frizzantina, un misto tra rock anni Settanta, musica greca, funky, disco e soul.
Molti dei foodblogger si sono cimentati nelle ricette del geniale e folle Birol (che finirà in un circo a fare il lanciatore di coltelli), piatti dai nomi strampalati come i protagonisti del film, tipo Festosa schiuma di Venere su un letto Soul di Uva passa e la Zuppa del Maestro di Agopuntura. Questa commistione tra cinema, ricette e blog sta diventando sempre più di moda, seguendo un filo che va da Chocolate al Pranzo di Babette fino ai recenti Julie&Julia e Ratatouille.

Poi sono andata a vedere Baciami ancora, visto che L’ultimo bacio, insieme a La finestra di Fronte, Le Fate Ignoranti e Pane e Tulipani è tra i miei film italiani preferiti (lo so, lo so che ammettere di non disprezzare Muccino fa poco intellettuale, ma la malinconia di quel film, soprattutto della parte finale, mi ha fatto piangere come una fontana, che ci posso fare?).



Tra l’altro ci sono anche degli attori che mi piacciono in maniera particolare, come Claudio Santamaria e Pierfrancesco Favino, per cui sono andata a vederlo volentieri. Devo ammettere che era difficile emulare il primo, ed infatti siamo abbastanza lontani dalla freschezza del precedente. Ci sono dei film che ti colpiscono per la autenticità di quello che raccontano: forse perché toccano delle corde sensibili dentro di noi, perché raccontano di qualcosa che abbiamo provato, perché riusciamo ad immedesimarci con i protagonisti, ci specchiamo nei loro drammi e nelle loro emozioni.

Però il film non ha toccato quasi niente, dentro di me. La recitazione è sempre un po’ sopra le righe, sul filo dell’isteria, e alla fine risulta ripetitiva, i tira e molla tra i protagonisti delle storie sono leggermente sfiancanti, tutta questa generazione di quarantenni ( cioè la mia) troppo incasinata, urlante e nevrotica per essere realistica.

E poi, dico, ma avete notato l'ambiente in cui si muovono tutti i protagonisti?
Case grandi con stanze ampie, finestre enormi, mobili chic, quadri d’autore, della serie anche i ricchi piangono…ce ne fosse uno che vive in un bilocale in periferia, con una utilitaria vecchiotta parcheggiata sotto casa, mobili d’Ikea e le mattonelle della cucina un po’ sbreccate e come problema maggiore quello di arrivare a fine mese… scusate se mi fanno poca pena, ma i veri problemi sono altrove, i veri guai della vita hanno ben altro colore e consistenza, rispetto a questo mondo patinato che ci descrive Muccino, con i suoi quarantenni arrabbiati e confusi perché la vita non è una favola meravigliosa, un mondo dorato in cui tutti sono belli e felici, l’amore è eterno e la famiglia è l’immagine bucolica stile Mulino Bianco.

Il mondo è un po’ più sporco e cattivo di come ce lo descrive il regista.

Provate a guardarvi un film di Ken Loach (In questo mondo Libero, Bread and Roses) o di Mike Leigh (quello di Segreti e Bugie), storie di persone vere, che ti colpiscono allo stomaco come un macigno, che ti lasciano dentro il sapore amaro della disillusione, della sconfitta, di chi riesce a malapena a sopravvivere, e magari nonostante tutto riesce ancora a cogliere la poesia, anche in un grigio condominio di cemento disperso in una squallida periferia industriale.

Lo stesso discorso vale per La prima Cosa bella , visto appena due giorni fa. Non amo Paolo Virzi in maniera viscerale, ma ho apprezzato moltissimo alcuni suoi film, in particolar modo Tutta la Vita davanti, forse il suo lavoro più maturo e arguto.
Questo mi ha lasciato un pizzico di irresolutezza, anche se gli ingredienti per piacermi ci sarebbero tutti.



Accorsi i due figli al capezzale dalla madre morente, la storia si snoda tra i colori caldi dei primi anni settanta filtrati dai loro occhi di bambini e i giorni nostri, giorni in cui le cicatrici e le traversie del passato pesano ancora sulle vite dei protagonisti e ne determinano il corso: persone ferite e sole che non riescono a perdonare e ad elaborare avvenimenti dolorosi come la vita disordinata, errabonda al seguito di una mamma bellissima, affettuosa e immatura, persa tra il rincorrere il sogno di fare l’attrice ed una squallida realtà fatta di alloggi di fortuna, espedienti per sopravvivere e una girandola di amanti, in fondo tristi anche loro, da cui si fa mantenere.

Donna fragile, ingenua e forte insieme, da una parte vittima di una società ipocrita che non le perdona di cercare una vita altra, di rifiutare il suo ruolo di moglie devota e sottomessa ad un marito violento per inseguire i suoi sogni, ed insieme carnefice, capace di far subire ai figli la mancanza del padre, di una famiglia stabile, di una vita piena di amore ma non di certezze.

L’imminente morte della madre rimette in gioco tutto, rimorsi e rimpianti, dolori che si pensavano dimenticati ed invece sono solo assopiti,e la malinconia dei ricordi si mescola alla commedia con un pizzico di agrodolce, di tristezza ed ironia incarnati al meglio da un grandissimo Valerio Mastandrea, attore che si sta ritagliando sempre più un ruolo particolare nel cinema italiano per la scelta dei personaggi e la profondità, dolorosa e lieve insieme, con cui li interpreta.
Anche i due piccoli attori che interpretano i figli da piccoli sono bravissimi, raro trovare bambini che recitano con tanta naturalezza dei ruoli così difficili, al contrario di tanti piccoli attori saccenti e artefatti che popolano le nostre televisioni.

Però, come ho detto prima, la commozione è stata minore di quanto mi aspettassi (sono andata munita di fazzoletti, secondo le indicazioni della mia amica Marta): forse la recitazione di alcuni personaggi che non mi ha convinto del tutto (per esempio l’attrice che interpreta la madre da giovane, sempre un po’ sopra le righe, troppo svampita per essere vera), o personaggi di contorno poco caratterizzati, oltre ad un salto temporale eccessivamente ampio tra una scena e l’altra, i bambini diventano improvvisamente adolescenti fatti, senza raccontarci quello che è successo nel frattempo.

Insomma, è mancato un pizzico di commozione più profonda che non avrebbe guastato…

Aspetto le vostre opinioni in merito, voi che ne pensate?

7 commenti:

  1. ciao! mio marito ed io andiamo al cinema di rado, ma effettivamente guardare il film sul grande schermo è tutta un'altra cosa! ci sono un paio di fim tra quelli che hai elencato che mi ispirano parecchio.. grazie per le tue recensioni! ciao ciao
    Vale

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  2. Io cerco di andarci nonostante la pigrizia, per fortuna ne ho un paio davvero vicini, per passare un pomeriggio interessante è l'ideale...

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  3. mio marito non ama andare al cinema! così mi ha comprato un televisore lcd 47 pollici, invece io adoro il grande schermo è tutta un'altra cosa! così ci vado sempre di rado, ma ora mi vado a vedere "baciami ancora" poi ti farò sapere il primo mi era piaciuto molto,
    le tue indicazioni sono molto interessanti! buon fine settimana!

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  4. Concordo pienamente con l'analisi dei quarantenni di Muccino.
    Poi anch'io ho notato che i film che non sono cine-fumettoni super pubblicizzati rimangono poco in sala. Io ho visto recentemte Amabili resti (che ho recensito nell'ultimo post), uscito in veramente pochi cinema di Milano.

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  5. Io vado assai raramente pur avendo un buon cinema qui vicino... devo iniziare a prendere l'abitudine di regalarmi questa coccola! Buona serata Lauradv

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  6. mi piace molto leggere i tuoi scritti sui film, sia per le indicazioni , che per le sensazioni ed emozioni , che tu descrivi molto bene.
    non sono una frequentatrice di sale cinema per una serie di motivi contingenti , non certo per non amore, mi accontento di dvd in affitto , però non è la stessa cosa nè come resa ne come tempistica, ti potrei dire le mie emozioni su questi film, tra un po' di mesi...
    ciao Reby

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  7. tu pensa che quando ho cominciato a vederlo ero piena di buoni propositi..ma poi...ti pare normale negli anni '70 Maria de Filippi in Tv? O_o (mi riferisco alla scena in cui Matandrea va a trovare la Sandrelli in clinica e ci sono tutti questi anziani davanti alla tv)...è bastato questo per interrompere la visione del film.
    Nulla contro la de Filippi..ma mè venuto spontaneo pensare...no daaaaai

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Pellegrino che ti aggiri per queste lande incantate, mi farebbe piacere una traccia del tuo passaggio...

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