I miei viandanti

venerdì 29 febbraio 2008

Tortino alla crema di carciofi

Questa è una prelibatezza che abbiamo mangiato a casa di una parente toscana, mi sono fatta dare la ricetta e ora la sfoggio ad ogni cena, perchè è una ricetta in cui ci vuole un po' di impegno, ma il risultato è spettacolare!
Per una teglia rettangolare Pyrex (grossa, per otto persone, sennò dimezzare le dosi)
  • 1 confezione di pasta sfoglia o brisèe rettangolare (2 pezzi)

  • 4 carciofi molto grossi o l'equivalente in carciofi piccoli ( o in alternativa, quando non si trovano freschi, 1 kg di carciofi surgelati, anche a spicchi)

  • 900 cl di besciamella non densissima (se siete di fretta, due confezioni di besciamella pronta allungate col latte fino a raggiungere quasi il litro)

  • Parmigiano

  • Olio evo, aglio

Tirate fuori dal freezer i due pezzi di pasta, e lasciateli scongelare bene (se la fate a casa ancora meglio, ma io non sono capace).

Pulire e cucinare i carciofi al tegame, con olio e aglio. Io do una spolverata di sale sulla rosa di ogni carciofo, li metto a testa in giù in mezzo dito di olio con uno spicchio di aglio, facendoli dorare qualche minuto sul fuoco vivo, poi aggiungo un mestolo di acqua calda, li adagio sul fianco e metto il coperchio socchiuso, rimboccando l'acqua se necessario e girandoli per farli cuocere da tutte le parti. Gli ultimi cinque minuti tolgo il coperchio e faccio rapprendere il sughetto.

La cottura dipende molto dal carciofo, di solito 25-30 minuti.

Se ne cucino di più, io li faccio interi, come da foto, altrimenti per fare prima li taglio in quarti, sono più facili da pulire e si cuociono prima, se poi sono surgelati è proprio una pacchia!

Una volta pronti i carciofi, facciamo la besciamella, non deve essere proprio molto densa, diciamo tipo uno yogurt, sennò è difficile frullarvi i carciofi.

Frullare la besciamella con i carciofi a pezzi e qualche cucchiaio del loro sugo, aggiungendo man mano qualche cucchiaio di parmigiano grattugiato, in maniera da avere una crema verde e saporita (magari assaggiatela e aggiustate di sale).


Unire i due pezzi di pasta sfoglia per il lato lungo, in maniera da avere una sfoglia grande, mettendola con tutta la carta forno nella teglia, disporvi sopra la crema di carciofi, dare un'ultima spolverata di parmigiano, rimboccare la pasta eccedente sopra la crema, e infornare nel forno caldo a 180 gradi nella griglia a metà del forno, per 40 minuti circa. Eventualmente, accendere qualche minuto il grill elettrico per colorire la parte superiore.
Si mantiene benissimo per il giorno dopo, anzi, è ancora più buona! Si può tranquillamente preparare la mattina per mangiarla la sera, ma attenzione a non coprirla con l'alluminio prima che sia bella fredda (io l'ho fatto, e si è sviluppata la condensa sulla crema, si è bagnata la pasta sfoglia e ho dovuto rimetterla in forno a farla asciugare sennò era tutta molliccia).

giovedì 28 febbraio 2008

Forgiven, Within Temptation

Riprendiamo con i post di musica, tanto per svagarsi un po', tra un torta e l'altra...
Lei è la bella Sharon den Adel, leader degli olandesi Within Temptation, che suonano un metal molto melodico e vagamente folk.
Non tutti sono d'accordo sulla definizione di metal per questo gruppo, che alcune volte sconfina un po' nel melenso, ma che ultimamente ha prodotto delle buone cose, più gotiche e raffinate dei lavori precedenti.
La bella olandese ha una voce limpida e aggraziata, certo non potente come quella di Floor Jansen e neanche raffinata cone Tarja, ma sicuramente gradevolissima.

Le ballate di questa band sono molto dolci e orecchiabili, sicuramente più rassicuranti rispetto a gruppi come i Kamelot o i Nightwish...

Questa è Forgiven, dall'ultimo cd The Heart of Everything:

lunedì 25 febbraio 2008

Sbriciolata di Ricotta, Cioccolato Fondente e Gocce di Cioccolato




E questa ricetta è dedicata alla mia amica Pina, la quale va spesso a Charleroi, in Belgio, e torna sempre con qualche regalo o ghiottoneria. Ormai ha la valigia in mano, proprio da donna di mondo, parte e ritorna con l'aereo come fosse un tassì! Eh, beata lei...




In particolare, dall'ultimo viaggio di gennaio, ecco le caramelle fondenti Cote d'Or, i famosi biscotti Speculoos, i biscotti belgi speziati allo zenzero e cannella che nel caffè è la morte loro, e la crema di cioccolato fondente, un cioccolato praticamente da urlo.
Per evitare di mangiarmela a cucchiaiate, ho preferito usarla per una sbriciolata golosissima:

Per una teglia da 24 centimetri:
  • 1 uovo intero
  • 150 grammi di zucchero
  • 1 bustina di vanillina
  • 400 grammi di farina
  • 1 etto di burro
  • 1 bustina di lievito

Per la crema di ricotta:
  • 3 etti di ricotta
  • 1 rosso d'uovo
  • 3 cucchiai di zucchero
 Inoltre
  • 250 grammi di crema al cioccolato fondente
  • gocce di cioccolato


Sciogliete il burro, fate la fontana e mescolate velocemente l'uovo, lo zucchero, il burro fuso e la farina mescolata al lievito e la vanillina, formando dei grumi.
Imburrate accuratamente una teglia per crostate, e cominciate a disporre le briciole sul fondo, compattandole, fino a formare una base solida e col bordo rialzato.


Battete con le fruste elettriche la ricotta con il rosso e lo zucchero. Stendete il fondente, se è troppo sodo allungatelo con un goccio di acqua (tenendo presente che questa crema non si solidifica, come la Nutella, ma si liquefa col calore).
Stendete la crema di ricotta, sempre facendo attenzione a tenervi nei limiti del bordo.
Cospargete la superficie di gocce di cioccolato, quindi compattate le briciole rimaste formando un cordone sul bordo, e sgranate le ultime sulla superficie della torta.


Mettete nel forno caldo a 180 gradi per 40-45 minuti circa, eventualmente cinque minuti di grill elettrico per colorire la superficie superiore, quindi spolverizzare abbondantemente di zucchero a velo.

domenica 24 febbraio 2008

Domenica romana: Il mercato di Porta Portese

Giorni fa stavo pensando che questa cosa dei post su Parigi è carina, mi piace scrivere di posti che amo molto e, in aggiunta, potrebbe essere utile a qualcuno.
E allora, perchè non farlo anche con la mia bellissima città, Roma?

Io ho abitato per tre quarti della mia esistenza in uno dei quartieri più antichi e caratteristici della città, Trastevere, ad un passo dal cuore di Roma, e sono andata a scuola nel mitico Liceo Virgilio, a Via Giulia: posso dire di conoscere questi posti piuttosto bene, non solo come cittadina, ma proprio come appassionata, visto che ogni tanto mi si vede con la Guida Rossa del Touring e col naso all'aria anche nel quartiere in cui ho abitato.

Perchè non iniziare proprio da Trastevere, dunque?
Ogni domenica mattina, una parte del quartiere, quella più moderna, tardo ottocentesca (verso, appunto, gli archi di Porta Portese) diventa una specie di casbah, di sukh a cielo aperto. I banchi cominciano ad essere montati in piena notte, ed i veri appassionati, quelli in cerca di affari, ci vanno prestissimo.

Io, che di solito sono una pigrona, questa domenica, non so perchè, alle otto ero già in piedi ed arzilla, il che per me è piuttosto insolito, visto che a quell'ora non mi ricordo neanche chi sono (anche quando alle otto sono già al lavoro).
Prima delle nove mi dirigevo verso la fermata dell'autobus, in una mattina tersa, con un'aria frizzantina mescolata al sole caldo che sapeva proprio di primavera.
Ed eccoci, dunque, al mercato di Porta Portese. Al mercato si può accedere in vari punti, io di solito con il tram 8 scendo a metà di Viale Trastevere, ed entro a Piazza Ippolito Nievo, nella parte dell'antiquariato. La prima cosa che mi ha accolto, un segno del destino: una stampa di una ballerina di flamenco con le nacchere!
A Porta Portese c'è veramente di tutto, antiquariato e chincaglierie di ogni genere, roba cinese,



artigianato africano dai colori caldi e luminosi




Scendendo per Via Ippolito Nievo, si arriva a via Ettore Rolli ed ad una piazzetta, in cui ci sono per lo più antiquariato e quadri. Questi sono di due pittori, Angela e Toni, che vengono da Attigliano, Toscana. Alcuni mi piacevano molto...





La mia passione, le lampade Tiffany...a casa ne ho cinque, tutte acquistate a Porta Portese: sono bellissime, ma anche molto costose, perchè sono fatte a mano con la famosa tecnica del gioielliere americano, i vetri vengono tagliati uno ad uno, contornati di piombo e saldati fino a formare l'oggetto.



Un'altra mia passione ( e mio marito ne sa qualcosa, abbiamo le credenze strapiene) sono le porcellane e i servizi da the.



In questo mercato, alcuni espositori sono proprio antiquari, altri sono piuttosto rigattieri, espongono chincaglierie, bric-a-bràc, moderniariato, o semplicemente roba vecchia.



Altri quadri e stampe su legno.


Di ritorno sempre per via Ippolito Nievo, alcuni banchi di pietre dure, conchiglie. Con questo splendido sole, il gioco dei colori è quasi abbagliante...


Porcellane, mobili, quadri, di tutto un po'...



Ancora le mie splendide lampade. Quella verde in primo piano si chiama DragonFly (Libellula), è una copia del modello creato da Tiffany. A me piace talmente tanto che me ne sono comprate due: una più grande, rossa, e una piccola, blu.


Questo venditore ha delle bellissime cose in bronzo e ottone. Ho chiesto il prezzo di questi due medaglioni in bronzo dell'Ottocento (sono anni che ce l'ha, evidentemente non li compra nessuno). A me sembrano bellissimi, ma 400 euro l'uno sono un po' troppo, almeno per me.



Abbiamo imboccato la piccola Via Parboni. Questi sono telefoni d'epoca e riproduzioni, compresi un paio di modelli a gettoni...ve lo ricordate, quello color argento?



Sulla stessa via c'è una gentile signora che dipinge gatti...



Lei si chiama Maria Cristina Cobianchi, ed esegue dipinti e trompe d'oil, a Trastevere. Non sono deliziosi? Il gatto che sembra delle Foreste Norvegesi, dentro l'armadio, è proprio il suo.




Il cartello ha ragione: siamo tutti esauriti! Certo, la finezza non è una caratteristica di questi cartelli, nè dello spirito romano...



Girato in via Bargoni, delle belle porcellane della Royal Copenaghen.


Perline e cristalli di tutti i colori.



I piccoli oggetti antichi o semplicemente vecchi, sveglie di foggia antiquata, volumi sgualciti, scatole di madreperla.



Questa è la parte più bella del mercato, dove si possono trovare vecchi oggetti di gran fascino, oltre naturalmente ad una grande quantità di fuffa e roba varia.
 
Una parte consistente dei banchi riguarda l'abbigliamento usato, cataste di roba di vario genere, dai pezzi ad 1 euro al Cachemire da 100 euro a capo, oppure abiti usati d'epoca, vestiti tirolesi, e così via.
Rispetto a qualche anno fa, poi, c'è tutta la parte della Via Portuense, che arriva fino agli archi di Porta Portese, dove prima si trovava qualche occasione di campionario e prezzi stracciati, che è diventata un'accozzaglia di robaccia cinese e simile: bancherelle tutte uguali, pezzi di infima qualità, non che uno ce l'abbia con la roba cinese in generale, si possono trovare anche delle cose carine, ma qui fanno abbastanza schifo, purtroppo.
Per cui, se capitate da queste parti di domenica mattina, fate un giretto per questo grande mercato delle pulci: armatevi di pazienza perchè è una bolgia infernale e, soprattutto, attenti alle borse, a me è capitato un paio di volte di ritrovarmi senza portafoglio, ma basta saperlo e stare accorti...

giovedì 21 febbraio 2008

Via all'autoproduzione

Avviso a tutti i naviganti: mi stanno comparendo nei commenti dei loschi figuri dai nomi stranieri, che scrivono solo Sorry, Click Here.
Non fatelo!! Io, in uno sprazzo di stupidità, l'ho fatto, e per fortuna ho un buon antivirus...

Ed ora passiamo a cose più allegre:



Ce l'ho fatta anch'io, alè!

Lo so che sono arrivata per ultima e l'avete già fatto tutti, ma la soddisfazione di aver fatto il pane e lo yogurt è troppa, perdonate l'entusiasmo!
Ed ora ve la faccio rimirare anche da vicino, questa meraviglia...

Per il pane rimando al bel post di Dandoliva e alla galleria fotografica di Miciapallina de La Gatteria (grazie miciapallina, letue foto mi sono state preziosissime! Sono contenta che il tuo bel micetto stia meglio, tutti qui hanno fatto il tifo per lui)
A questo punto, col cavolo che mi rivedono, in panetteria :-)
Come fare lo yogurt:

Dopo aver usato dei metodi abbastanza empirici, mi sono convinta a passare a metodi più sperimentati, anche perchè ci ho preso gusto a farelo yogurt, ormai ne produco in quantità industriali anche per amici e parenti, e quindi mi sono dotata di una yogurtiera a cestello, capacità un litro (costo 13 euro), consuma 9 watt all'ora, ci si può stare!

Metodo ormai sperimentatissimo: un litro di latte a lunga conservazione, non ha bisogno di sterilizzazione (costo o,95 centesimi).
Riscaldare in un pentolino fino a 40 gradi (misurate col mignolo, quando è caldo ma non troppo va bene). Assolutamente vietato rimestare nel pentolino! Rischiate di mandare in circolo il latte che si attacca al fondo della pentola, e non viene lo yogurt (vi assicuro che è così).
Nel frattempo mettete tre cucchiaiate di yogurt (compatto, oppure preso dallo yogurt fatto in precedenza) sul fondo del cestello della yogurtiera, per farlo stiepidire.

Quando il latte e caldo, cominciate a diluire lo yogurt, mescolandolo bene poco alla volta al latte, non devono rimanere grumi. Versato tutto il latte, inserire il cestello nella yogurtiera e accenderla per almeno 6 ore. Nelle istruzioni c'è scritto dalle 6 alle 10 ore, ma a me con 6 ore e mezza va benissimo, non mi piace troppo acido.

Trascorso il tempo, togliere il cestello dalla yogurtiera, rimestare con un cucchiaio di metallo, mai usare il legno, in maniera da sciogliere il deposito che sale in superficie, e versare in un vaso da 1 litro (io uso quelli della Bormioli, ma vanno bene tutti, basta che si chiudano).
Chiudere bene il tappo e mettere in frigorifero almeno due ore. Si conserva una settimana e si può utilizzare fino a dieci volte per fare altro yogurt.

Importante usare solo attrezzi e cucchiai di metallo, e vietatissimo contaminare lo yogurt assaggiando il cucchiaio e rimettendolo nello yogurt, non si fa!

La casa di Calimera

Ed abbiamo una nuova blogger tra di noi!! Solo che stavolta non è una blogger sconosciuta, ma la sorella della mia amica Pina (amica con cui l'anno prossimo festeggerò i 25 anni di amicizia, olè).

Per questo motivo faccio un post tutto per lei, così le faccio anche un po' di pubblicità, anche se la fedifraga in questione non mi aveva detto nulla dell'apertura del suo blog: ma insomma, ti pare che sono sempre l'ultima a sapere le cose?!

Con Calimera (che conosco da quando andava alle medie) abbiamo alcuni ricordi speciali in comune, un meraviglioso viaggio di venti giorni in Russia: abbiamo fatto il giro in treno, viaggio autarchico ovviamente, molto avventuroso.

Nella foto sotto c'è Calimera e mio cugino Alessio, sono seduti ad una splendida fontana nel Parco delle Esposizioni di Mosca.



Di questo viaggio ho molte belle foto in bianco e nero, nonchè bellissimi ricordi che prima o poi posterò.

Cara Calimera, te la ricordi questa foto che hai fatto tu?

Questa sono io, ovviamente, in uno dei quattromilatrecento posti dove ci hai trascinato per vedere tutte le statue di Lenin, tutti i posti dove una volta c'era stata una statua di Lenin, tutti i posti memorabili della vita di Lenin.

Ti ricordi che a momenti ti arrestano, dentro la tomba di Lenin, perchè non riuscivano a strapparti dalla sua mummia?

Carissima, benvenuta nel nostro mondo, spero che tu possa incontrare nel tuo viaggio delle belle persone come ne ho trovate io!

Biografia semiseria di una nannimorettomane

Scusate il neologismo del titolo, ma non mi veniva un altro termine!

Ho intitolato così questo post, per fare un piccolo commento al film Caos Calmo, ma è doverosa una lunga lunga premessa, per chi non mi conosce e magari pensa che io sia una morettiana dell’ultima ora, tzè!

Così sono buoni tutti.

La mia insana passione per Nanni Moretti risale ben al 1988: quell’anno, con la mia amica Pina, sfruttammo la nostra neo tessera universitaria in un cinema di periferia che faceva una rassegna di film non proprio recentissimi, ma tanto erano gratis, per cui ne andammo a vedere almeno un paio.
Quel pomeriggio c’era in programma Platoon, ma quando arrivammo al cinema scoprimmo che avevano messo in cartellone, invece, La Messa è Finita, Moretti anno 1985, o forse c’eravamo confuse noi, non mi ricordo.

Siccome eravamo arrivati fin lì, non so bene dove ma non era proprio vicinissimo, entrammo lo stesso, anche se di Moretti ne avevamo sentito a malapena parlare.

L’unico ricordo che allora mi sovvenne, infatti, fu che nel 1985, ad un collettivo di classe, decidendo quale film si poteva andare a vedere tutti insieme (molto utili, questi collettivi di classe), la nostra compagna Simona propose Camera con vista e La Messa è finita.

Camera con vista gliela potevamo anche passare (difatti poi lo vidi, ma non al cinema), ma quando ci spiegò che il secondo film trattava di un prete, la tacciammo di clericalismo e votammo tutti contro.
Ovviamente, avevamo torto marcio.

Quel pomeriggio ebbi una specie di illuminazione divina, di rivelazione: ero stata attaccata da una forma particolare di morbo, chiamato Morettite acuta, e che sarebbe durato parecchi anni. Sviluppai anche una sorta di concupiscenza oscura per Nanni Moretti con la tonaca da prete, ma questo forse è il risultato di un’educazione rigorosamente cattolica, vai a capire…
Cominciai a fare incetta di videocassette e a trascinare amiche recalcitranti a dibattiti, retrospettive e terze visioni in sperduti cinema di periferia, è un miracolo se le persone che frequentavo a quei tempi ancora mi rivolgono la parola.
Avete presente quella ragazza che si è visto 59 volte Titanic al cinema, qualche anno fa? Una principiante: io, già nel 1990, avevo visto La Messa è finita, quello che ancora adesso considero il suo capolavoro, almeno 29 volte…

Un paio di volte l’ho addirittura incontrato, una volta mentre passeggiava assorto per i fatti suoi dentro Villa Pamphili (per chi non fosse di Roma: è il parco pubblico di una villa del Seicento, tra Trastevere e Monteverde), un’altra mentre camminava per Largo Argentina, al centro.

E’ ovvio che, conoscendone il carattere non proprio alla mano, ho glissato elegantemente facendo finta di non riconoscerlo. Un episodio capitato ad una mia collega di università si era rivelato illuminante, al riguardo: anche questa ragazza, di nome Alessandra, era pazza di Nanni Moretti.

Eravamo, all’epoca,un bel gruppetto di egittologi di belle speranze che si riunivano spesso proprio vicino Villa Pamphili, tra cui appunto questa Alessandra che era, in ordine sparso: un po’ tondetta ma molto carina e, a detta dei ragazzi, molto sexy, simpatica a tutti, bravissima all’università, bravissima pasticcera, e per soprammercato piaceva anche all’egittologo per cui io avevo una cotta clamorosa: mi sembra che ce ne sia abbastanza per odiarla ancora adesso (per quanto riguarda la pasticceria, io ero una principiante alle prime armi, svanivo al confronto: ora, magari, chissà…).

Comunque, questa Alessandra confezionò con le sue manine belle una favolosa Sacher Torte, di cui Moretti è notoriamente ghiotto, e coraggiosamente bussò alla porta di casa sua, con la torta in mano. Per sua sfortuna, il bello non c’era. Molto dispiaciuta, lasciò comunque la torta, con il suo numero di telefono.

Che la Sacher se la sia sbafata, è indubbio, magari non sarà stata l’originale ma sicuramente se l’è pappata lo stesso: di lui, però, Alessandra non ne ha saputo mai nulla, neanche un rigo, chessò una telefonata, sarebbe stato carino, no…?

Nel 1989 uscì Palombella rossa, attesissimo: andai a vederlo col mio fidanzato di allora, un catto-consumatore-qualunquista, o piuttosto un preforzaitaliota-reazionario-consumista, non so bene come definirlo…comunque, a metà film se ne voleva andare:d’altra parte, colpa mia che mi ero fidanzata con un tipo così.
Più fatto un errore del genere. Di altro tipo sì, ma lo stesso mai.

Un’altra cosa che ho imparato sui fidanzati: mai tenerseli, se non piacciono al tuo gatto. Gli animali hanno antenne sensibilissime, sanno benissimo chi è un millantatore e meschino e chi no.
Dovevo dar retta alle mie gatte, e anche a mia madre, quando nel 1994 mi fidanzai con un dentista che…va beh, chiudiamo qui questa parentesi, altrimenti vado fuori tema!

Tutto questo per spiegare che, per me, una nuova uscita di Moretti è una specie di evento, anche vederlo da Fabio Fazio è una specie di visione mistica…va beh, ora sto esagerando.

Comunque mio marito non si capacita del fatto che io lo trovi bellissimo…forse ho dei gusti orrendi, chissà, anche se la differenza tra Moretti e un George Clooney la vedo, mica no.

In ogni caso, però, riesco ad essere comunque abbastanza imparziale quando vedo un suo film: alcune cose le ho adorate, altre mi sono piaciute un po’ meno.
Per esempio, La Stanza del Figlio: nonostante mi sia piaciuto, non sono mai più riuscita rivederlo, non so perché. Allo stesso modo non ho particolarmente amato Palombella Rossa (veramente nel 1989 non ci avevo capito molto neanche io, ma non lo avrei mai ammesso con il tipo, per non dargli soddisfazione) e neanche Sogni d’Oro.

Tutta questa digressione autarchica per commentare Caos Calmo.
Una premessa doverosa: tutto il film pesa sulle spalle di Moretti, su questo non c’è dubbio. Senza di lui, probabilmente, sarebbe venuto tutto un altro film.
E’, come dire, tutto molto morettiano: c’è una scena, ad esempio, quella della fine del primo giorno di scuola, quando cominciano ad arrivare davanti al cancello tutte le mamme, sbucando fuori da tutte le parti, che sembra una delle scene corali tipiche dei suoi film.

La trama: quasi inesistente, in realtà non succede molto: il film si gioca tutto sui personaggi, sugli sguardi di Moretti e sui dialoghi, a volte seri e a volti veramente umoristici. Quasi tutte le scene si svolgono intorno alla panchina, nel baretto di fronte alla scuola o in macchina.

Diciamo che il primo tempo ha un ritmo più serrato, lascia aperti degli interrogativi che poi rimangono insoluti, per esempio, tutte le cose che il marito scopre dopo la morte della moglie: la sua corrispondenza con lo scrittore, il fatto che si lamentasse con la sorella di non essere amata, le sue visite da una maga…tutto questo non viene poi sviscerato, ma rimane un po’ sospeso, vista la sua scelta di non sapere.
Io, comunque, le email non le avrei di certo cancellate, senza leggerle…:-)

Alcune cose mi hanno convinto di meno, per esempio la tanto strombazzata scena con la Ferrari: che, a mio avviso, è stata piuttosto gratuita. Probabilmente nel libro si capisce meglio, ma nella trama del film non mi è sembrata indispensabile, né poi così immorale…
(Infatti chi ha il letto il libro mi ha spiegato che nel libro questa scena è molto più comprensibile, e anche meno romantica).

Sicuramente il regista ha potuto contare su un cast di tutto rispetto: a partire da Gassman, bravissimo, che interpreta il fratello fichissimo, Silvio Orlando, ed una marea di comprimari, tutte facce conosciute, anche se si vedono per pochi minuti. Insomma, in definitiva un buon film, anche se non un capolavoro, sicuramente un film intenso e non banale.

P.s. un lettore molto polemico ha scritto oggi una lettera su Repubblica, notando il fatto che in tutto il film si notasse molto la macchina, di una notissima marca, che Moretti usa. Pensavo fosse una critica piuttosto maligna ma, a malincuore (forse ero prevenuta, avendola letta) devo ammettere che la presenza dell’autovettura è piuttosto ingombrante, essendo questa ripresa da tutte le angolazioni possibili, interni ed esterni, addirittura ci hanno fatto vedere come il bagagliaio si chiuda dolcemente da solo…devo essere un po’ malignetta anch’io?

E’ vero che due terzi del film si svolgono per la strada, però…

Le sei cose che amo

Sono stata invitata da Excalibur ad un altro meme, le sei cose che amo (difficile sceglierne così poche, ma ci proverò):
  • Ovviamente al primo posto, la mia famiglia , mio marito i miei gatti, non so bene in quale ordine…diciamo a pari merito!! Così i gatti non si offendono…
  • Viaggiare, assolutamente. Io starei con lo zaino in spalla anche tutta la vita, sono felice quando scopro qualcosa di nuovo, quando mi perdo in strade sconosciute, quando passeggio in una città che non ho mai visto ma già mi appartiene, quando mangio un dolce mai assaggiato prima in un luogo incantato, quando scrivo sul mio taccuino di viaggio proprio nel momento in cui sono in un posto che mi ha colpito il cuore, quando con una fotografia mi porto un pezzetto di quel posto e non lo dimentico più. Da qui nascono tutti i miei racconti di viaggio che posto sul mio blog, spero che questo amore per questi luoghi si avverta!
  • Il flamenco: quando sono col costume da gitana su un tablao di legno, al suono della chitarra, mi scatta qualcosa dentro, come una specie di forza, di energia, di follia che ti sale dall’anima, e che si deve esprimere e trasmettere agli altri attraverso i movimenti, lo sbattere dei piedi, lo sguardo.
  • I libri: la mia casa ha le pareti tappezzate di libri, non potrei farne a meno.
  • La mia città, Roma, e Trastevere, il quartiere dove sono nata e ho vissuto trent’anni.
  • Un pomeriggio tranquillo, nella mia bella casetta: mio marito che pasticcia al computer, una bella tazza di tè forte e caldo, l’odore fragrante di una torta che sta lievitando nel forno, un bel libro in mano e due gatti coccolosi sdraiati sulle gambe…che si può voler di più dalla vita?

lunedì 18 febbraio 2008

Viaggio a Fontainebleau



Nel mio ultimo viaggio a Parigi, avendo visitato Versailles già due volte, avevo programmato di vedere un altro castello nei dintorni della città, indecisa però tra Chantilly, Vaux le Vicomte e, appunto, il cinquecentesco castello di Fontainebleau.

Alla fine, anche per una ragione di comodità di mezzi, ho scelto quest’ultimo.

Fontainebleau è un ridente paesino ad una cinquantina di chilometri da Parigi, nel bel mezzo della immensa foresta omonima, famosa anche per la cinquecentesca Scuola di pittura di Fontainebleau e per l’ottocentesca Scuola di Barbizon.
Nel villaggio di Barbizon, infatti, si insediò, verso la metà dell’Ottocento, una colonia di artisti che dipingevano paesaggi, tra cui Corot e Millet.

Il villaggio, grazioso ma non molto esteso, è meta turistica soprattutto per il castello, di origine medievale ma completamente rimaneggiato a partire dal Cinquecento, per volere di Francesco I.
Molto meno visitato che Versailles, è a questo abbastanza simile per la costruzione bassa e ampia, e per i giardini alla francese con ampio Parterre ma, ovviamente, più piccolo.
Quando era ancora residenza reale, i giardini erano assai più estesi, e la Foresta intorno era territorio di caccia reale.

E’ meno frequentato anche perché è più lontano dalla città, e meno facilmente raggiungibile: mentre Versailles è collegato a meraviglia con la linea RER, per Fontainebleau si deve prendere il treno, il cui viaggio dura all’incirca un’oretta, e dalla stazione il castello dista alcuni chilometri.
La gita occupa una mezza giornata abbondante, se partite verso le nove e mezzo siete di ritorno per le tre, sempre che non abbiate ancora le forze per girare anche il paese, che le guide indicano come molto grazioso. Allora si può fare anche più tardi, ma io ero troppo stanca, ahimè…

Per Fontainebleau si prende il treno alla stazione Gare de Lyon (Marais, non lontano da Place de la Bastille), prezzo del biglietto treno 7 euro e 60.

Entrati nella grande stazione dall’ingresso principale, subito a sinistra ci sono gli sportelli per i treni regionali, linea SNCF: sono abbastanza visibili, perché sono affissi i cartelli con le percorrenze dei treni, per cui lo trovate abbastanza facilmente. Le corse sono molto frequenti, credo uno ogni 15-20 minuti.

La gentile signorina vi chiederà, rigorosamente in francese, se volete anche il biglietto per l’autobus che porta direttamente al castello, dalla stazione del paese che, come ho detto, non è proprio accanto a Fontainebleau.

Io, avendo letto su varie guide che si trattava di una piacevolissima passeggiata, ho detto di no.
Una volta sul treno, chiedendo ad altre persone che viaggiavano con me nella stessa direzione, ho scoperto che tutti avevano acquistato tale biglietto (che è difficilmente reperibile altrove, almeno, io non ho trovato un posto dove comprarlo, alla stazione di Fontainebleau).
Con il risultato che, mentre tutti si accomodavano sulla corriera, proprio fuori dalla stazione, io mi sono trovata nel bel mezzo del nulla, con varie direzione davanti e senza uno straccio di cartello che mi indicasse dove si trovasse il paese e il castello.

Per cui, se doveste trovarvi sprovvisti di biglietto, fate così: usciti dalla stazione su una specie di piazzetta circolare, una specie di rotatoria, dirigetevi verso la via soprastante, quella che scorre parallela sopra la rotatoria, prendete la lunga via (si chiama Rue Grande), una strada che a destra va verso la foresta, a sinistra (la vostra direzione) diventa una tranquilla e piacevole strada residenziale, tra casette basse e piccoli giardini.



La passeggiata, piacevole ma non proprio breve, vi prenderà all’incirca una quarantina di minuti: vi sembrerà, ad un certo punto, di andare verso il nulla, ma abbiate fede: e soprattutto, non tentate di trovare scorciatoie, perché non ce ne sono, lei arriva dritta dritta alla piazza centrale di Fontainebleau. Ad un certo punto, sulla sinistra, c’è la deviazione per il delizioso paesino di Avon, non è distante ma è impossibile da raggiungere a piedi.



In ogni caso, mentre i miei compagni di treno erano arrivati abbondantemente arrivati al castello e magari avevano fatto pure il giro turistico, io scarpinavo fiduciosamente sulla Rue Grande, con l’impressione, piacevolissima, di camminare veramente nella provincia autentica, assolutamente lontana dalla ressa volgare e chiassosa dei posti affollati come Versailles.
E, credetemi, è una bella sensazione.

Tra l’altro, è vero che i miei compagni di viaggio saranno arrivati meno stanchi, a sera, ma è anche vero che si sono persi alcuni angolini meravigliosi come questi…



Tenendo sulla sinistra, ad un certo appunto arriverete ad una specie di slargo triangolare con una curiosa fontana, siete vicinissimi alla piazza del paese, Place Napoléon. Continuate oltre, sempre tenendo la sinistra: quando vedrete degli alti cancelli con dentro un giardino, ci siete quasi.



Proseguite fiduciosi, costeggiate tutta la cancellata, e avrete due possibilità: entrare dall’entrata secondaria, su Rue Dénecourt




Oppure dal cancello principale, ed entrare dal Cortile degli Addii (vedi foto post seguente).

Il seguito del racconto:

Viaggio a Fontainebleau: il Castello

Viaggio a Fontainebleau: I Giardini

Fontainebleau, il castello



Questa è la facciata principale del castello, una costruzione piuttosto articolata, essendo formato da diverse ali disposte attorno a cinque corti, tra cui la Cour de La Fontaine, la Cour Ovale e questa.
Questa corte lastricata con secentesca scalinata a ferro di cavallo si chiamava del Cavallo Bianco per una statua di Marco Aurelio che qui era collocata nel Cinquecento, ma fu in seguito denominata Corte degli Addii, perché fu proprio in questo splendido luogo che Napoleone pronunciò le sue ultime parole, ai piedi della scalinata, prima di partire per l’esilio definitivo, il 20 aprile 1814.

L’entrata ai Grandi Appartamenti è all’inizio del cortile, sulla destra. Il biglietto dà diritto sia a tutto il giro del castello sia ad un audio guida, utilissima. A me hanno chiesto se la volevo in francese, segno che non ho fatto proprio una pessima figura chiedendo il biglietto “en français”.
Non ho voluto strafare, e l’ho chiesta in italiano.





Il percorso inizia dalla splendida galleria François I, in boiserie dipinta e pareti affrescate da manieristi italiani, tra cui il Primaticcio e il Rosso Fiorentino.: si tratta di una delle più belle realizzazioni del manierismo italiano del Cinquecento, di cui Francesco I andava molto fiero.




Gli ambienti sono ricchissimi, stucchi e legni dorati si mescolano a sontuosi lampadari di cristallo, anche se una parte degli arredi originali è andata perduta nel corso dei secoli. Le tappezzerie perdute sono state ritessute secondo i disegni originali.




La lunga Galleria di Diana dalla volta a botte affrescata, con il mappamondo di Napoleone I.




Un magnifico esempio di ebanisteria francese, su enorme tappeto con insegne reali e arazzi alle pareti (una stanzuccia di passaggio, niente di troppo elaborato).



La Camera dell'Imperatrice: l’assetto attuale è del 1807, risale all’ultima imperatrice, Josephine moglie di Napoleone, ma è il risultato di numerosi apporti.


La boiserie dorata risale ad Anna d’Austria (metà Seicento). Il camino di marmo, parte delle lampade e il baldacchino risalgono alla metà del Settecento mentre il letto con magnifica tappezzeria ricamata e baldacchino con coronamento in legno dorato risale a Maria Antonietta, anche se lei non ci dormì mai.




La sala rimase intatta fino al Secondo Impero, la stupenda tappezzeria è stata tessuta secondo di disegni originali.

Particolare dello splendido soffitto in legno dorato e lampadario settecentesco.



Già Camera del Re dal Cinquecento, divenne nel 1808 la sala del Trono di Napoleone, in stile neoclassico: Sotto il baldacchino, trono in velluto blu e oro, aste con la N e l’Aquila Imperiale.




Il resto del racconto

Viaggio a Fontainebleau, come arrivare

Viaggio a Fontainebleau, I giardini

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